Le sarde hanno vinto campionato e Coppa Sardegna, ma le sorti del tecnico sono ancora un punto interrogativo: «Chi mi conosce sa quanto io sia esigente e perfezionista, forse troppo per la progettualità di oggi». Sulla vittoriosa stagione da poco alle spalle: «Le attrici principali di questo film sono state le ragazze»
Aveva deciso di appendere la lavagnetta al chiodo, poi l’ha ripresa vincendo campionato e coppa, arricchendo ulteriormente il suo già importante curriculum. Marcello Puddu, il figliol prodigo tornato in sella al futsal femminile sardo, ha guidato il suo Quartu verso gli importanti successi appena citati. Una stagione lunga e difficile, ma per Marcello Puddu e il suo staff, praticamente un connubio inscindibile, tutto è andato come da copione. Adesso c’è da programmare il futuro, tema d’attualità visto il momento. E qui c’è ancora da ragionare, discutere, confrontarsi. Perché Puddu e il suo staff vorrebbero semplicemente continuare il percorso di crescita di un club giovane, è vero, ma che deve guardare avanti. Ad maiora, verso cose più grandi. Lo dice anche la nota locuzione latina. Intanto l’occasione è gradita per fare un bilancio della stagione che di dubbi ne ha lasciati pochi. I motivi li spiega Puddu, più che mai soddisfatto per quanto fatto dalle sue adorate ragazze e dal suo inseparabile staff. Con un punto interrogativo finale: sarà ancora Puddu il mister del Quartu, prossimo al campionato in serie A? Questo non è ancora dato saperlo. Un nodo non di poco conto per il Quartu e il suo futuro.
Mister Puddu, campionato vinto senza discussioni. Un tuo bilancio?
«Campionato vinto senza discussioni insomma dai, diciamo che non era così scontato come sembra. Noi sicuramente abbiamo costruito una rosa che fosse in grado di provare a vincere campionato e coppa Italia al primo anno, ma consapevoli che non sarebbe stato facile amalgamare un gruppo così variegato composto da ex calciatrici alla prima esperienza nel calcio a 5 e atlete di futsal ormai esperte. La fase iniziale è stata ovviamente la più complicata da affrontare per riuscire ad amalgamare bene il gruppo e nonostante qualche infortunio grave di troppo. Però siamo riusciti a battere la concorrenza agguerrita di due squadre di ottimo livello come la Mediterranea e l’Elmas e guadagnarci la finale secca contro l’Alghero. E giocarsi una stagione in 60 minuti non è per niente facile dal punto di vista psicologico, ma per nostra fortuna questa partita è arrivata nel momento di miglior maturità della squadra e le ragazze giocando con molta serenità e sicurezza nei propri mezzi hanno raccolto i frutti di 7 mesi molto intensi di lavoro in cui con grandissima professionalità e umiltà si sono messe tutte al servizio mio e del mio staff e delle altre compagne per raggiungere questo traguardo. Nel mezzo, sempre in finale contro l’Alghero a gennaio, abbiamo vinto la coppa Italia regionale e poi siamo stati eliminati dallo Sportland nel torneo nazionale in un doppio confronto in cui, dopo la prestazione non all’altezza dell’andata, abbiamo dimostrato di potercela giocare alla pari o quasi. E quello è stato forse proprio il momento in cui ho capito che questa serie A sarebbe stata sicuramente nostra».
Il miglior modo possibile per ritornare, visto che avevi smesso.
«Sì, senza dubbio. Avevo bisogno di un anno così per tornare a credere in questo sport e riconoscermi nuovamente in lui. Non parlo tanto di risultati , che sicuramente fanno piacere , ma sopratutto di emozioni che solo il mondo femminile ti sa regalare. E chi ne fa parte sa cosa intendo. Mi vengono in mente tanti episodi, tanti sguardi, tanti sorrisi, tanti abbracci, qualche lacrima, qualche delusione, ma una in particolare mi ha fatto capire quanto sia bello questo sport e quello che ti regala a livello umano: quando dopo la finale per la serie A vedi un’atleta che diversi anni fa ha iniziato con te a giocare a questo sport e, dopo anni di altre esperienza, la ritrovi nella tua squadra dopo essersi presa delle rivincite personali che si meritava veramente e soprattutto dopo aver fatto salti mortali per essere presente quel giorno, ti abbraccia con tutta la forza che ha non hai altro da chiedere a questo sport. Di solito si dice che un bel gol vale il prezzo del biglietto, io dico che queste emozioni valgono i sacrifici di un anno, ricevere un abbraccio sincero e pieno di significato vale più di qualsiasi risultato sportivo».
La chiave della vittoria del campionato qual è stata?
«Su questa risposta non ho assolutamente dubbi: la chiave di questa vittoria è stata l’alchimia che si è creata tra uno staff numeroso ma altrettanto maturo e professionale e un gruppo di ragazze davvero fantastico sotto tutti i punti di vista ma in particolar modo dal punto di vista umano, senza dimenticare una società che non ci ha fatto mai mancare nulla e ci ha messo nelle migliori condizioni possibili per pensare solo e soltanto al nostro obiettivo. E quando tutti remano dalla stessa parte è molto più semplice per tutti».
Meriti particolari e principali vanno ovviamente al gruppo delle ragazze con le quali hai un grande rapporto.
«Esatto, le attrici di questo bel film sono sempre loro. Noi dello staff abbiamo solo il compito di mettere le atlete nelle migliori condizioni possibili dal punto di vista tecnico tattico atletico e psicologico ma poi sono loro a scendere in campo e raggiungere i risultati che si meritano. Non posso che ribadire di aver avuto la fortuna di far parte di questo gruppo che a livello umano è sicuramente il gruppo più sano e più bello con cui ho avuto a che fare. E poi quando hai nel tuo gruppo delle persone di cui ti fidi ciecamente oppure persone che viceversa si fidano ciecamente di te, non puoi che creare un rapporto speciale che va oltre il parquet».
Futuro di Marcello Puddu e del CFC Quartu?
«Bella domanda. Il futuro del CFC Quartu è sicuramente quello di continuare il proprio percorso di crescita visto che quest’anno abbiamo fatto la prima semina e c’è ancora tanto da raccogliere. Il mio futuro invece è ancora tutto da valutare. Chi mi conosce sa quanto io sia esigente e perfezionista, a volte fin troppo e spesso questa mia caratteristica non si sposa bene con la progettualità di questi tempi».