Al fianco di Roberta Belcore, come fac-totum per tutto quel che possa servire pre, durante e post-gara. E già questo non sarebbe poco. Ma il grosso del lavoro di Mara Mitaritonna si svolge in realtà dietro le quinte della Futura Bitonto, tra gestione dei social e scatti d’autrice immortalati con la sua inseparabile reflex. Pensate al paradosso: tutto quel che “si vede” è confezionato da chi, in realtà, fatica a trovare foto di sé.
“Sembra strano, ma è proprio così – sorride mentre ci spiega cosa l’abbia avvicinata al futsal-. Non ho mai giocato, ma ho conosciuto la disciplina tramite Teresa Pagone e col passare del tempo si è creato un legame che mi porta a stare a stretto contatto con la squadra. Quando ho capito che avrei potuto dare una mano a farla crescere, non mi sono tirata indietro: ho visto un bel progetto e mi sono impegnata al 100%”.
Per quanto affermi di non saperne ancora abbastanza, la lettura che dà del 2-2 col Bitetto è lucida e puntuale. Perché Mara ha sì uno spiccato lato artistico, ma dall’altra parte c’è anche la razionalità di chi studia Ingegneria gestionale e ha a che fare tutti i giorni con numeri e formule.
“Un primo tempo inspiegabilmente sottotono e una ripresa in cui è uscito fuori tutto quello che è mancato dal fischio d’inizio all’intervallo: voglia, grinta e determinazione sino al 2-2 finale. Se avessimo avuto solo 2’ in più, sono sicura che l’avremmo anche vinta”.
Visto? Non se la cava affatto male come “tecnico”. Ma il punto di vista che preferisce è sempre quello di un mirino diviso in quadranti.
“Tutto nasce da una passione coltivata in privato, poi è arrivato il futsal ed è diventata “pubblica”: mi piace lo sport, adoro la fotografia e così ho provato a mettere insieme i due mondi con dei risultati che mi soddisfano e fortunatamente vengono apprezzati. A dicembre ho avuto anche la possibilità di fotografare la Champions vinta dal Bitonto, nulla di programmato ma un’altra bella esperienza”.
Di quelle giornate, come di tutte quelle vissute fino ad oggi dalla Futura Bitonto, ci sono interi album e svariate grafiche sui social.
“Non solo i giovani che sono più propensi alla “navigazione” attraverso i vari canali, ma anche il pubblico con un’età media più alta può essere colpito da un dettaglio, soffermarsi su di esso e poi avvicinarsi a questo mondo tramite il web. Ancor più importante del contesto squadra, a mio avviso, c’è il contesto sociale composto da dirigenza, dai tifosi e da tutte quelle persone che entrano in contatto con te per caso e poi si appassionano, perché si sentono parte di un collettivo. Social e fotografie possono favorire questo processo, a volte lo innescano addirittura, per questo penso sia fondamentale curare l’immagine di una società”. E se quella società è d’impatto anche sul campo, l’equazione è perfetta. “Con lo Sportivamente Amici ripartiamo da un 1-0 letteralmente strappato e questo ci mette in guardia per il ritorno: ora vogliamo spingere sull’acceleratore, perché il campionato non è ancora finito”.
