Serie B

Da capitano a dirigente, Rachele Minuzzo: “Il Real Grisignano è parte di me”

Rachele Minuzzo

Ogni tanto, il desiderio di rimettersi gli scarpini e tornare in campo non la fa dormire. Ma di una squadra si può far parte in tanti modi e certe maglie ti rimangono addosso sempre, anche se di mezzo si mette un brutto infortunio. È stato così tra Rachele Minuzzo e il Real Grisignano. Entrambi ricordano bene quel 22 ottobre 2022 e la diagnosi dopo uno scontro di gioco nel derby col BoCa.

“Rottura del crociato, del menisco e del collaterale. Indossavo la fascia di capitano da due mesi appena… – dice con nostalgia -. Da una parte mi piacerebbe riprendere, avrei voluto smettere sul campo. Dall’altra, ho un blocco: prima dell’intervento ho sofferto tanto e con me tutta la mia famiglia. Mio nonno, a 90 anni, si alzava dalla sedia per lasciarmi il posto quando mi vedeva entrare in una stanza. Ho fatto solo una partita tra colleghi ed è andata molto bene, ma la paura di rigiocare davvero è ancora tanta”.

Per ora il suo ruolo è dietro le quinte, in collaborazione con il preparatore dei portieri Romano Chimento, e in simbiosi con la collega di reparto Serena Trevisan, altra stimata dirigente blaugrana. “Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, c’è quella tipica intesa femminile che non ha bisogno di parole e per entrambe è un po’ come se fossimo ancora nel gruppo squadra. Dopo il discorso dei mister, ad esempio, le ragazze ci vogliono nello spogliatoio per un incoraggiamento da parte nostra, è una sorta di rituale. E guai a saltare un allenamento, sono capaci di prendersela! Un’altra prova di dolcezza? Io operata da due giorni e Lisa Semolini che mi ha chiesto di raggiungerla per alzare la Coppa di C con lei. Un gesto per nulla scontato. Anche se a volte ci fanno sudare per tenere calme, lo trovo un atteggiamento dolcissimo. Questa è davvero una squadra speciale”.

Minuzzo si aggrega alle blaugrana nel 2021, ma lo sport è parte integrante della sua vita sin da piccolissima. “Vuoi ridere? In prima elementare mia madre mi ha portata a fare ginnastica ritmica tra nastrini, pallini, cerchi e clavette. Uscita da lì, siamo passate davanti ad un campo di calcio, vedevo i bambini correre felici e ho detto: “Beati loro””.
Poco dopo, Rachele è sullo stesso campo, con la maglia della Marchesane, insieme al fratello più grande di 18 mesi. Quando i suoi decidono di traferirsi, di fronte casa c’è una squadra di pallavolo: lei prova, ma nulla da fare. Ogni ricezione è con i piedi. Stessa storia alle medie: parla di calcio anche col professore di italiano, tifoso del Vicenza, e le partite in palestra prendono il posto della Divina Commedia. Il ritorno al calcio è ossigeno (e Rachele trova spazio nella Primavera nazionale), ma a 18 anni – su insistenza di un’amica – arriva anche il futsal col Breganze. “Confesso che non è stato amore a prima vista – sorride – ma c’era il pallone e a me bastava”.

Quattro anni più tardi passa al Bassano, poi Rossano, Italgirls Breganze in A2 e Real Grisignano, fino a quell’infortunio. Ora ci sono Bano e compagne a correre anche per lei e domenica bisognerà mettere il turbo contro la capolista Hurricane. “Il ko dell’andata (4-0) è stato largo rispetto alle occasioni create, ma in casa nostra sapremo essere più forti. C’è la giusta carica, quella tensione che non deve trasformarsi in ansia. Giuro che, se potessi, scenderei in campo con loro, ma mi fido ciecamente delle loro capacità”.
Quasi più tifosa che dirigente e non fa fatica ad ammetterlo. “Ringrazio la società, i mister, i miei genitori che sono sempre stati i miei sostenitori, insieme a zii e nonni. Un pensiero, infine, ad un mio zio che ora non c’è più, ma mi ha amata come una figlia e ha sempre fatto di tutto perché io tornassi al calcio”.

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