La scorsa settimana ha diretto la finale femminile di Coppa Calabria vinta di misura dalla Sangiovannese sullo Sporting Catanzaro Lido, la ciliegina sulla torta di una carriera che sta costruendo con estrema professionalità: Federica Catrambone – sorella gemella dell’altra Catrambone, Alessia (conosciuta col soprannome di “Re Leone” dai tempi della Virtus Ciampino) – coltiva la passione di famiglia, ma da un’altra prospettiva: quella di chi regola il gioco.
“Quando mi hanno detto di tenermi libera per le finali, ho pensato ad uno scherzo – sorride -. Poi ho pensato che avrei fatto da crono o da terzo arbitro, ma quando sono uscite le designazioni, ho visto proprio il mio nome”.
Federica Catrambone della sezione di Lamezia Terme.
“Gestire il team arbitrale comporta un certo tipo di responsabilità, mi sono confrontata con tanti colleghi prima del grande giorno e per fortuna a livello di campo è andato tutto bene col verdetto del 5-4 che è arrivato ad un minuto dai supplementari”.
Anche lei ha avuto un passato da calcettista nel Crotone.
“In realtà mi ha trascinata Alessia con la scusa di fare sport. Sono sempre stata la sua ombra quindi l’ho seguita, ma ero la gemella scarsa e contentissima dei successi di Alessia. Avevamo una sola bestia nera: la Pro Reggina, per il resto ci divertivamo un sacco. Poi lei è passata alla Jordan e io ho smesso definitivamente”.
Quell’anno Alessia realizza 51 reti e diventa il capocannoniere della prima Serie A.
“Era la sorella famosa, quella degli articoli sui giornali. E le ho detto: vuoi vedere che divento famosa anche io?”.
È in quel momento che, quasi per gioco, compie il primo passo verso la carriera da arbitro: c’è da fare il corso e la lunga trafila sezione-regione-nazionale e comincio nel calcio a 11. Ma è il futsal che le interessa, così si presenta al delegato del CRA calcio a 5 e chiedo di poter partecipare ai raduni, pur essendo sezionale. Fiducia accordata. Federica inizia con Juniores e femminile, poi la mandano in regione ad arbitrare gare maschili con ritmo agonistico sempre più alto. La D la forma tantissimo, gli osservatori se ne accorgono e arriva l’esordio in C2: da lì tutto in discesa e quello di Catrambone diventa uno dei nomi di punta in Calabria, tanto che l’anno scorso le assegnano la finale da arbitro 2. Subito dopo scopre di essere entrata nell’organico degli arbitri di C1 e il rendimento è così alto che, alla fine de 2022, arriva anche la prestigiosa designazione per la già citata finale del PalaBotteghelle.
Così simili, così diverse: una calcettista e un arbitro nella stessa famiglia, strade che in qualche modo erano chiare fin da bambine.
“Alessia è sempre stata la ribelle: ha dato qualche preoccupazione – sorride – e ha scelto di andare via di casa molto presto, appena finita la scuola, mentre io sono sempre stata quella più pacata. Ma pur nelle nostre diversità, siamo estremamente orgoglioso l’una dell’altra e io rimango sempre la sua più grande tifosa. Ci diamo coraggio a vicenda, l’ultimo messaggio prima di entrare in campo è per lei, e viceversa”.
Tra le centinaia di caratteristiche che le accomunano, ce n’è una in particolare: la testardaggine che le ha portate ad emergere nei rispettivi settori.
“Siamo in tanti, eppure sono riuscita a giocare le mie carte – ci dice orgogliosa, guardando indietro – e spero di avere la possibilità di dirigere un playoff. L’unico rammarico è quello di aver iniziato tardi, ma l’A.I.A è un posto meraviglioso che mi ha dato l’amore dell’uomo che è poi diventato mio marito, arbitro anche lui, e tante amicizie. Ogni raduno è un momento di condivisione con chiunque, dal giovane che parte dagli allievi all’arbitro di Serie A. Certo c’è anche rigore: devi allenarti costantemente, tenerti in forma e rispettare una certa etica dentro è fuori dal campo, ma far parte dell’A.I.A significa avere una famiglia pronta a sostenerti in ogni città”.
Il consiglio, quindi, è quello di avvicinarsi senza pregiudizi a questo mondo.
“Le donne arbitro compongono ormai una bella squadra che cammina sulle proprie gambe: non bisogna temere il tifoso chi ti fa la battuta, quello lo trovi sempre, capita anche ai ragazzi. Ma non siamo mai sole, per questo non dobbiamo precluderci quella che è davvero una magnifica esperienza. Diventare arbitro ti forma come persona: anche nelle avversità, saprai sempre prendere decisioni che nel tuo ruolo devono essere immediate. Non hai tempo di pensare, ma questo ti aiuta ad essere una persona più sicura”.
C’è gioia nelle parole di Federica, ma viverla in due sarebbe ancora più bello.
“Tra di noi siamo molto empatiche e so che Alessia adesso sta soffrendo tanto per il ginocchio, perciò le auguro di superare presto questo momento e di continuare a fare quello che la rende felice. Che consiglio darei a chi dovrà arbitrare la sua prossima gara? Stai attento: simula!”, ride.
Foto: Manuela Iovine