Serie B

Silvia Avella e il clean sheet dell’Infinity: “Lavoro di gruppo, è bello esserci di nuovo”

Avella

Un po’ come tornare a respirare dopo un lungo periodo di apnea. Dall’operazione di marzo in poi, non sono stati mesi facili per Silvia Avella dell’Infinity Futsal Academy, ma alla fine di quella lunga salita c’è stata la Serie A2, anzi di più: il secondo posto in classifica. Esageriamo: piazza d’onore sì, ma mantenuta in casa Santu Predu con un meraviglioso “clean sheet”. Che per un portiere è come la ciliegina sulla torta.
“E’ andata bene dai – schiva i complimenti –. Mi è capitato pochissime volte, è una bella sensazione che ripaga tutti gli sforzi anche se i meriti vanno assolutamente condivisi: Bertoldo ha fatto una grande gara, ma abbiamo difeso tutte molto bene. Ero preparata ai tiri di Evans dalla propria porta, alla fine – però – sono stata io a provarci due volte, purtroppo senza successo”.

A segnare ci hanno pensato Giacomazzi e Tomat, due delle compagne più temibili in allenamento sia per Avella che per Campanaro, collega di reparto – anche lei affidata al preparatore dei portieri Fabio Coletto – con la quale ha costruito un ottimo rapporto.
“E’ una bomba a livello fisico e di sicuro, con Anna al mio fianco la ripresa dal punto di vista atletico sarà ancora più veloce. Fabio mi conosce dal 2017, dai tempi del Padova, e da allora mi ha praticamente vista crescere”.
Proprio in biancorosso, infatti, Avella ha iniziato a prendere seriamente un ruolo al quale – come ci racconta – è arrivata un po’ per caso.
“Prima giocavo a calcio a 11, non tra i pali. E diciamocelo, non ero un granché – ride -. Poi sono partita per l’Erasmus, mi sono trasferita nella bellissima Valencia (leggenda narra che il nome della città spagnola venga pronunciato almeno una volta al giorno dalla calcettista, n.d.c) e ho cercato una squadra di calcio a 11: il primo provino ha confermato che non faceva per me. Allora mi sono buttata sul calcio a 5 nella squadra dell’Università, che temo avesse bisogno di cambi – ride ancora -. Comunque, non conoscendo ancora la lingua e non capendo assolutamente nulla di schemi, ho deciso di mettermi in porta e così ho iniziato a parare”.

Un cammino atipico che la conduce nella giusta direzione, perché quando Silvia rientra in Italia trova spazio nell’Arzignano, per il primo incontro con Carluccio nei panni di allenatrice. L’anno successivo la contatta la Rambla, ma inizia a gennaio a causa della rottura dello scafoide in seguito ad un incidente. Successivamente è il turno del Padova, al quale fa una promessa: la promozione in Serie C, in cambio del suo sì. Praticamente una premonizione alla quale tiene fede, fino allo stop obbligato dal Covid. La ripresa è ancora con Carluccio nell’anno che rimarrà nella storia del club e della sua carriera sportiva. Ma con un rimpianto.

“Quello di aver potuto contribuire poco a causa di un problema alla capsula dei rotatori che andava avanti da troppo tempo. La prima volta che mi sono sublussata la spalla avevo 13 anni, ma in un modo o nell’altro – da autodidatta – sono sempre riuscita a rimetterla a posto. L’ultima volta, però, qualcosa è andato storto e l’intervento è stato inevitabile”.
Per questo motivo, a Brandizzo era sugli spalti a tifare come il più affezionato degli ultras.
“Eravamo così calorose che alla fine siamo riuscite a portare dalla nostra parte anche le avversarie del Ragusa che avevamo eliminato il giorno prima, ma viverla dal campo sarebbe stato diverso”.

Emozione rimandata alla terza di campionato, in un soffertissimo 4-3 a favore.
“Una delle partite più divertenti della mia vita – commenta, ora che il peggio è passato -. A livello mentale sto benissimo, dal punto di vista fisico mi sto riprendendo. La spalla va alla grande, è tutto il resto che mi fa male. Ho i dolori di una cinquantenne… ma tanta voglia di rimettermi in gioco. Finisce sempre così: ogni anno dico che smetto e – a stagione conclusa – non vedo l’ora di riprendere con la preparazione. A maggior ragione in questa: la prima di A2 con l’Infinity e la prima con la spalla “nuova”: ho trascorso tutta l’estate dal fisioterapista pur di esserci”.

Ogni tanto, sugli spalti, c’è anche l’esigentissimo papà Avella.
“Se vinciamo 3-1, si sofferma sul gol preso. Vinciamo 7-3? E come si fa a prendere 3 gol?, si chiede. Pretende sempre di più, ma in fondo lo capisco perché sono come lui: quando sono rientrata, ad esempio, dopo 10 mesi il mio corpo non rispondeva come avrei voluto e questa cosa mi faceva arrabbiare tantissimo. Avrei potuto smettere o impegnarmi di più per riuscire a giocare di nuovo senza paura e per far sì che le compagne avessero ancora fiducia in me. Non c’erano altre vie e qui il carattere è stato determinante: insieme a Coletto, abbiamo fatto un passo alla volta e ora sono tornata davvero”.
Si riparte quindi dalla rete inviolata, cercando il bis di imbattibilità nel derby con il Futsal Hurricane. Perché se è vero che un altro derby – quello sardo tra Med e Jasna – potrebbe portare interessanti cambiamenti ad alta quota, tra le due litiganti c’è un’Infinity che deve fare il suo.
“Nonostante gli 11 punti di differenza in classifica, da parte nostra non sottovaluteremo nessun impegno. Come andrà sull’isola? La Mediterranea è da scoprire, la Jasna è super organizzata. Spero in un risultato favorevole, ma già così – chiude Avella – ammetto di essere piacevolmente sorpresa. È bello stare lassù”.

La nostra chiacchierata si chiude, così come l’ottavo vinto dal Marocco con la Spagna mentre parliamo. Arrivo in differita, è lei a spoilerarmi tutti i rigori. E quindi glielo chiedo.
“Com’è trovarsi a tu per tu con l’attaccante? Nessuna paura, solo tanta tanta adrenalina. Il futsal mi emoziona e finché mi emoziono, io andrò avanti”.

 

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