Serie A

Tra ricordi e futuro, Katia Coppola punta la salvezza con l’Audace Verona

Coppola

Salvezza ancora rimandata. L’Audace Verona deve stringere i denti, ma l’obiettivo rimane vicino (e diretto) anche grazie al primo successo delle cugine del Padova, che mantiene invariato il distacco di 10 lunghezze tra le rossonere e la terzultima.
“Sono contenta per loro, perché la meritavano – dice subito Katia Coppola -. Continuare ad affrontare il campionato in poche e sapendo di non avere più speranza di restare in A non è facile, ma ci hanno fatto un favore e siamo state ingenue noi a non approfittarne subito. Dopo il pareggio di Pomposelli, abbiamo avuto un black out e a quel punto è stato difficile recuperare”.

Sarà quindi l’ultima giornata a svelare il destino di Coppola e socie, attese in casa del Tiki Taka che si è giocato per un posto nella finalissima di Coppa Italia. Inevitabile riavvolgere il nastro per tornare a quella di A2 dello scorso 2 maggio a Porto San Giorgio.
“Sai che ogni tanto riguardo i video e piango da sola? – mi racconta con un sorriso. – Ce n’è uno che mi sta particolarmente a cuore: al termine della gara con la Best, Matteo Santi dice: “con merito va in finale l’Audace”. E giù lacrimoni”.
La coccarda di quest’anno si chiama salvezza senza passare per i playout.
“Ripeto che per me avremmo dovuto festeggiare domenica scorsa, dimostrando il nostro valore come fatto nella gara di andata, ma adesso conta unicamente raggiungere l’obiettivo. Il Tiki Taka? Fa tutto molto bene e Vanin si può solo contenere. Cercheremo di prepararla al meglio, sfruttando le occasioni che avremo e, soprattutto, non ripetendo i troppi errori commessi in casa nostra”.

Se domenica scorsa ha dovuto affidare ad una lettera le parole che avrebbe voluto dire in campo, in Abruzzo – invece – tornerà regolarmente al suo posto in campo. Con addosso quella maglia che l’ha vista piangere e sorridere, e che è ormai una seconda pelle.
“Verona è sempre un’emozione particolare. Quando ho intrapreso questo percorso, ero titubante su tutto: città, sport, squadra. Ma è bastato poco per esserne strasicura. Anche se a volte gestire lavoro e impegni sportivi è dura, l’idea che potrei non toccare il pallone per un po’ mi spaventa. E pensare – aggiunge – che prima o poi dovrò mettere in conto di smettere, perché nel mio futuro vedo una famiglia”, aggiunge. Me ne aveva già parlato. Non mi spiazza, ma corro a (ri)controllare la sua carta d’identità: Como, 5 maggio ’93. C’è ancora tanto tempo per qualsiasi tipo di sogno.

Foto: Federica Arca (Audace Wave)

 

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