Parto per un’intervista singola, finisco con un’intervista doppia. Lo spirito dell’Atletico Foligno si vede già in questo: nella complementarietà degli elementi che si incastrano alla perfezione e che funzionano così bene proprio perché sono insieme. E così che mi ritrovo a parlare in combo con Elisa Narcisi e Federica Corboli, rispettivamente capitano e pivot della formazione umbra che per la prima volta affronterà la Final Four di Coppa Italia. Dalla salvezza della scorsa stagione al piazzamento tra le prime 4 d’Italia, passando per l’exploit casalingo contro il Molfetta che ha aperto le porte della kermesse in Basilicata: in poche parole, una favola a tinte bianco-rosso-azzurre.
“Per me è un cerchio che si chiude – dichiara entusiasta Federica – perché ho conosciuto Elisa proprio a Policoro, durante il Torneo delle Regioni con la Rappresentativa Umbra, e ora ci torneremo insieme nel momento più alto della storia di questa squadra”.
Risultato forse a sorpresa per gli addetti ai lavori, ma non per il capitano.
“Essendo estremamente percettiva, riesco sempre un po’ ad intuire come andrà la partita: in primis, da come mi sento e in secondo luogo dagli sguardi delle mie compagne. Anche per me si tratta di un grandissimo traguardo, ma non tanto per il risultato conseguito, quanto per quello che abbiamo dimostrato a noi stesse come persone e poi per la capacità di interazione che abbiamo avuto tra noi. Gli sguardi, la scelta delle emozioni da condividere o tenere per sé, gli approcci non solo all’interno del gruppo, ma di tutta la società. Il vero successo è quello di poterci guardare intorno ritrovando le stesse persone con le quali questo cammino è iniziato, essere riuscite a rimanere compatte, a combinarci in modo così perfetto anche con chi ci segue solo da fuori e tifa per noi per quello che siamo in campo, e ancora di più per quello che siamo al di fuori. Quindi, sì, il traguardo è meraviglioso, ma il viaggio lo è stato ancora di più”.
Compagne di trasferta su rette parallele che si incontreranno però al PalaErcole, sono le rosanero del Pelletterie, avversarie designate dal sorteggio dello scorso 21 marzo.
“Alla nostra prima Final Four, andare ad affrontare nomi di un certo calibro fa quasi impressione: mi sento come una bambina in un sogno – “Il fanciullino di Pascoli”, interviene Narcisi – ma – riprende la parola Federica – andro lì insieme alle mie compagne con l’intento di fare la nostra partita, senza guardare in faccia nessuno, come fa il capitano che a malapena sa contro chi giochiamo la domenica – sorride. – Alla fine, più dei volti, si ricordano i fatti in campo e nello spogliatoio, e sulla concretezza siamo molto forti”.
“A me piace sempre dire che ho una visione “Foligno centrico” – risponde Elisa – perché il mio punto di riferimento è la mia squadra e come essa reagisce in quel determinato momento, davanti ad una determinata prova. Hic et nunc, nulla di più. In questo senso, il calcio a 5 è una metafora della vita, molto più del calcio a 11: conta la tua velocità di reazione in un arco di tempo definito e conta con quali strumenti sei in grado di farlo, per questo credo sia uno sport molto formativo. A volte mi chiedo: quanto vuoi che incida, nell’effettivo, non svolgendolo come professione? Tanto, in realtà. E la risposta è nelle lacrime che scendono dopo una sconfitta o dopo una vittoria”. È ancora Corboli, milanista doc, a prendere la palla al balzo con una citazione di Arrigo Sacchi. “Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti. E, di conseguenza, la più emozionante. “Comunque andrà, noi staremo per aria. Proprio come ci diciamo prima di entrare in campo: noi noi noi stiamo pe aria”. Senza paura di cadere, senza paura di sbagliare.
“E per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale”.