Serie A

CdF, Anthea Polloni: “Il futsal è la mia rivincita, giocare qui è un sogno”

Metti un lunedì, la strada che separa Senigallia da Falconara, una giornata trascorsa in compagnia dei genitori e una chiacchierata a riempire il tempo del traffico della A14. Registrando il numero di Anthea Polloni non posso non notare il suo stato.

“E’ il mio stupido sogno l’unica cosa importante”

E’ il mio stato whatsapp. Da sempre. E’ la frase di una canzone, mi è sempre rimasta impressa perché è il mood della mia vita. Mi è sempre piaciuto vivere di sogni, cercare di vivere per qualcosa, cercare di realizzarsi in ogni ambito. Mi rappresenta. Una vita senza obiettivi non è una vita vissuta“.

Lo stupido sogno ora ha i colori e l’odore del mare di Falconara e la forma di un pallone a rimbalzo controllato. “Quello che sto vivendo è un sogno, il mio sogno. Gioco a calcio a 5 da due anni e poco più ed essere già in una società di questo livello, disputando la Serie A, è qualcosa di incredibile, mai avrei potuto immaginarlo. Sono felice di poterlo vivere e di come stia andando“. La strada percorsa per arrivare in riva all’Adriatico, per Anthea è stata tanta. Non solo per le origini lombarde, ma perché, nonostante la giovane età dell’estremo difensore citizen, sono state tante le svolte e gli ostacoli incontrati. Impervia.

Ho giocato a calcio a 11 da sempre, per sei anni nelle giovanili dell’Inter. Arrivata in primavera, ho subito la rottura del crociato il che mi ha tenuto per nove mesi lontana dal campo. Venivo da un periodo difficile, da un brutto infortunio, ero piccola e non sapevo neanche come reagire e gestire l’evento che mi era capitato. Non avevo ancora gli strumenti adeguati. Tornando in campo, purtroppo ho incontrato persone negative che, dalle quali, invece che un aiuto, ho trovato un atteggiamento ostativo, al limite della cattiveria. Hanno avuto il potere di far scaturire in me la decisione di non giocare più. Ho detto basta, non volevo più sentir parlare di calcio“.

Ci si può credere come no, al destino. Sta di fatto che, se una passione è grande e forte, resiste anche ai venti più freddi e alle tempeste più vigorose, offrendo una possibilità di redenzione. “L’indirizzo sportivo della scuola superiore che frequentavo, mi ha fornito un’occasione per far pace con il pallone. Facevamo sempre tornei di quello che si chiamava calcetto. Mi divertivo giocando ed è per questo che mi son detta che avrei potuto riprovarci.

Tramite il mio papà, allenatore di una squadra di calcio a 11 della mia zona, ho conosciuto il presidente del San Biagio Monza e da lì ho iniziato. Dopo il primo anno in A2, terminato con qualche partita giocata, mi sono convinta che quello poteva essere il mio sport, così sono approdata al GS Pero giocando l’intera stagione“.

Il futsal è davvero la seconda occasione di Anthea. “E’ la mia rivincita. Ho smesso di giocare a causa di alcune persone che non mi facevano sentire in grado e a sedici anni non hai la consapevolezza personale che puoi avere a diciotto o diciannove anni. Anche se si è ancora piccoli a questa età, lo so, però sicuramente si hanno più mezzi a disposizione, un quadro più chiaro di chi si è. Era un sacrificio per me, mangiavo, studiavo, vivevo in macchina tra gli spostamenti scuola – campo – casa, in più al campo era come se mi distruggessero moralmente ogni volta. Era un sacrificio che non valeva più la pena sopportare“.

Il talento, di quello però si che Anthea era consapevole. “Mi rendevo e rendo conto che ho delle qualità nel mio ruolo. Mi sono detta che era proprio un peccato non sfruttarle, non farle fruttare. Per questo il calcio a 5“. Riuscire in una cosa che ci piace fare, neanche questo è scontato. A volte penso sia un dovere morale lavorarci su e far crescere le proprie attitudini. “E’ proprio così e infatti guarda dove sono ora. Chi l’avrebbe mai detto. Anche se gioco poco, come è normale che sia, ho la possibilità di allenarmi con giocatrici e allenatori fantastici”.

E’ tutta una questione di futuro under construction. Le materie prime sono più che buone. “Sono contenta perché, nelle occasioni in cui sono stata chiamata in causa, ho dimostrato di poterci stare in questa squadra, di poter avere un futuro qui, di poter essere il futuro. Anche se ho diciannove anni e gioco da due“. Trovandosi in allenamento e in partita, a dividere il campo con giocatrici che hanno un’esperienza lunga come gli anni di Polloni. Ma a Falconara si sta bene e si vive da squadra.

Le persone fanno sempre la differenza, soprattutto per me. Dire che qui mi trovo bene è riduttivo. Fin dal primo giorno, le ragazze, le mie compagne di squadra, hanno fatto di tutto per farmi sentire la benvenuta e a mio agio. A me come a Silvia Praticò. Non c’è un allenamento in cui non siano disposte a darci consigli, a farci vedere cosa significhi giocare in una categoria come la Serie A, in una squadra come il Città di Falconara. C’è sostegno totale da parte di tutti e soprattutto benevolenza“.

E rispetto. Per la persona e per il ruolo. “E’ strano trovarsi a dare indicazioni in partita a Taty ad esempio, o Pato. Potrebbero giocare bendate loro. Eppure mi accorgo che hanno fiducia in me e di me. L’ho percepito già dalla gara disputata a Sassari, che è stata la prima in porta per tutti e quaranta i minuti. E ancora di più domenica contro il Granzette“.

Contro le venete è arrivata la quindicesima vittoria in campionato, la conferma di averne il miglior attacco e la miglior difesa, e soprattutto la prima gara intera di Anthea Polloni davanti al suo pubblico “Sapere di giocare in casa, con il palazzetto pieno, mi ha suscitato molte emozioni già dal giorno prima, quando il mio preparatore, Bombelli, mi ha comunicato che sarei partita da titolare. Non una vera e propria ansia, sicuramente nulla di negativo. Ero felicissima ed emozionata. Guardando la mia prestazione, devo dire che nel primo tempo non sono stata impegnata tantissimo, inoltre andare subito in vantaggio mi ha tranquillizzata molto“.

Tutto utile per un secondo tempo al cardiopalma. “Nella ripresa è successo di tutto, Pato espulsa, Ricottini espulsa, abbiamo giocato in inferiorità numerica. In questo frangente, il ruolo del portiere è importantissimo, perchè di fatto diventa la quarta giocatrice e sono contenta perché sono riuscita a non farmi prendere dal panico e a gestire bene la situazione.

A ben vedere, non era scontato, vista la situazione caotica. Per quel che riguarda la gara, è stata molto intensa. Sicuramente avremmo potuto concretizzare di più le occasioni create nel primo tempo però siamo state brave a tenere botta, anche con una rosa un po’ rimaneggiata e con qualche cambio in meno a disposizione“.

Se in questa partita non erano a disposizione Janice e Fifò, Sofia Luciani e Angelica Dibiase, il prossimo turno vede la difficoltà incrementare in termini numerici per le tante assenze con cui il CdF scenderà in Puglia e affronterà lo Statte. “Saremo effettivamente poche e anche per questo sarà una partita difficile. Considerando che contro lo Statte non è mai facile, neanche a rosa completa. Dovremo fare una partita furba, gestendo bene le energie vista l’impossibilità di esprimere il nostro gioco a mille. Sarà dura, ma sicuramente con il mister in settimana troveremo il modo giusto per affrontarla“.

Di mister, Anthea, ha quasi l’imbarazzo della scelta, tra il fondamentale preparatore dei portieri, mister Neri in prima squadra e mister Mosca in under. “Con Fabrizio Bombelli ho chiaramente un rapporto più stretto. E’ con lui che alleno il mio ruolo in fondo. Mister Neri è una persona con la quale mi trovo molto bene, che mi e ci coinvolge in tutto quello che riguarda l’impostazione tattica e che ringrazio infinitamente per le occasioni che mi concede.

Far scendere in campo, in porta, una ragazza di 19 anni con poca esperienza è ammirevole e per me significa molto. Per quel che riguarda l’under il discorso è un pochino diverso. Non mi alleno spesso con loro, vista la presenza in prima squadra, ma devo riconoscere che mister Mosca sta facendo un grandissimo lavoro.

All’inizio dell’anno c’erano delle evidentissime difficoltà, vista anche la scarsa o nulla esperienza sportiva di alcune delle ragazze. In questi mesi sono stati fatti passi da gigante, nonostante la sconfitta in casa del Perugia lo scorso sabato. Vedo però che le piccole sono migliorate tantissimo e sono contenta”. Piccola tra le grandi e grande tra le piccole.

La doppia veste di Polloni, così come di Praticò, rappresenta il punto di congiunzione di tutta la realtà a 5 falconarese. “Il nostro apporto alla under 19 deve essere sempre positivo e propositivo. In questo caso siamo noi “le grandi”, quelle con più esperienza di gioco. Sta a noi prendere per mano la squadra e aiutare le più piccoline a tirar fuori le qualità che hanno. Un po’ come i fenomeni con i quali condividiamo il campo in Serie A fanno con noi. E’ una continua e costante trasmissione di conoscenze e competenze“.

Il trend di crescita delle baby citizens e l’esperienza acquisita in prima squadra, sarà più che mai utile per affrontare i quarti di finale di Coppa Italia Under 19. Il sorteggio ha decretato che sarà l’Accademia Calcio Bergamo, detentrice della Supercoppa di categoria, l’avversario del Città di Falconara in quel di Bisceglie. “Non le abbiamo mai affrontate quest’anno, facendo parte di un girone differente. Hanno vinto la Supercoppa e saranno senza dubbio una squadra difficile da affrontare. Ci proveremo, assolutamente ci proveremo. Passare il turno sarebbe fantastico. Passare entrambi i turni a dire il vero, con il Bisceglie e con l’Accademia. Di scontato non c’è mai nulla in questo sport“.

Sarà la prima Coppa Italia per Polloni, disputata tra le fila di chi la detiene tra l’altro. “Le ragazze mi hanno raccontato di come sia andata l’anno scorso, delle emozioni, della vittoria contro la Lazio. Non vedo l’ora di esserci per capire cosa significhi giocare una competizione simile. Sono davvero emozionata. Se pensi che il Falconara lo seguivo da prima di arrivare qui, da quando mi sono avventurata nel mondo del futsal, pensare di scendere in campo proprio con loro per cercare di difendere il titolo, porta tutto ad un livello di trepidazione ancora più alto, un sogno“.

Uno stupido sogno che si sta realizzando nel momento stesso in cui viene vissuto. Sempre accompagnato dalla presenza di mamma e papà. “Loro sono contentissimi. Soprattutto papà, essendo da sempre coinvolto direttamente nelle dinamiche sportive. Mi hanno sempre supportata, spronata, appoggiata. Anche quando c’è stata l’occasione di andare via da casa per venire qui. Sono fortunata, perché so che ci sono tante ragazze della mia età che non trovano l’appoggio della famiglia e che rischiano quindi di rinunciare. Per me, senza la loro presenza, sarebbe impossibile“.

Vedere la propria bimba fare le valigie per lasciare le sicurezze di casa e affrontare di petto il proprio futuro, dev’essere difficile ed esaltante allo stesso momento. “All’inizio è stato dispersivo. Vengo da un piccolo paesino vicino Lodi dal quale in fin dei conti non mi ero mai allontanata. Erano cambiate tutte le mie abitudini, fatte di allenamenti, casa, famiglia, Syria, la mia sorella gemella. Piano piano ho trovato un nuovo equilibrio e nuove abitudini, mentre a casa sono tutti orgogliosi, soprattutto mio padre“.

Mi soffermo per un momento sulla scelta dei nomi per queste due ragazze, non potendo sorridere davanti a quello di Anthea, tanto inusuale quanto familiare per me. Conoscendone una, di Anthea, non posso che chiedermi come sia Polloni fuori dal campo. “Esattamente come mi si vede in porta. Non c’è nessuna differenza, se non una grinta maggiore che inevitabilmente viene fuori per affrontare le gare. Ma io sono così, riservata, un po’ timida, discreta“.

Ma, se come me, state pensando agli scherzi da fare con la gemella, stile scambio di persona, si, ne hanno fatti le due Polloni. “Siamo uguali a vederci da fuori. Da piccole eravamo proprio identiche, faccio fatica anche io a riconoscermi nelle foto. Ora è più semplice riconoscerci, abbiamo stili differenti, caratteri opposti, pratichiamo due sport che non c’entrano niente l’uno con l’altro. Siamo gemelle diverse. Però si, è stato divertente“.

Non c’è il rischio di una crisi di identità quindi. Anthea Polloni sa perfettamente chi è e cosa vuole. “Voglio giocare a futsal, continuare a studiare scienze motorie, raggiungere la laurea, diventare una buona giocatrice, una su cui poter fare affidamento. E voglio farlo qui. Non potrei chiedere di meglio“.

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