Serie A

Falconara chiama, Tikitaka risponde. Luzi: “Sono la squadra da battere e noi ci proveremo”

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Dalla Capitale a Francavilla, il salto territoriale è bello profondo. Un tuffo verso l’ignoto. Dalla Lazio C5 u19, poi la Best, al  Tikitaka in Serie A, il salto è addirittura triplo.
Un tuffo carpiato con avvitamento e poi splash, l’impatto con l’acqua. Potrebbe quasi essere una sensazione familiare per Ludovica Luzi, portiere giallorosso classe 2000, che, più che in un campo da calcio è nata in piscina. Sportivamente parlando. “Ero anche brava” commenta con la sua inconfondibile inflessione linguistica che ne geolocalizza la provenienza.
Poi, però, è arrivato l’oratorio, il campetto, il pallone, il futsal. “A calcio a 11 non ho mai giocato, sempre e solo campetti e calcio a 5. Quello di portiere però, non è stato sempre il mio ruolo. Da piccolina correvo e facevo gol. Ricordo ancora la prima rete segnata giocando in oratorio con i miei amici“. E poi? “Poi ho scoperto che in porta non si corre, o almeno così pensavo“.

Una risata genuina accompagna la frase appena pronunciata, non posso che unirmi a lei. “Scherzi a parte, ho capito che, il portiere, è un ruolo che ben si confà alle mie caratteristiche e nel quale riesco bene“.
Tanto loquace quanto introversa, Ludovica racconta tutto legando le parole con il filo potente della sua dissacrante ironia. Ma guai a scambiarla per leggerezza. Semmai fa da scudo.

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Soprattutto in questo primo anno lontana da casa. Dopo aver vinto il conquistabile con la u19 biancoceleste e centrato la promozione nella massima serie con la Best, decide di preparare le valigie e percorrere 250 chilometri dietro al suo sogno. “Qualche volta ho aiutato mio padre con la sua attività commerciale. La sveglia presto, le persone da incontrare e con le quali parlare, i nomi da ricordare, la fatica della vita del mercato. No, non fa per me, meglio giocare a futsal“.
Dell’ironia ne abbiamo parlato vero?

Anche se è difficile ammetterlo e, forse non rientrava nelle aspettative iniziali, cambiare totalmente ambiente non è stato semplice. “All’inizio ho avuto qualche difficoltà. Era la prima volta lontano dal mio porto sicuro, da casa, dalle mie compagne che sono poi anche mie amiche. Integrarsi in una nuova realtà è stato complicato, una sfida. Fortunatamente ho trovato un gruppo capace di mitigare i miei timori, persone che mi hanno accolto come se fossi davvero di casa. E, quando posso, torno a ricaricare le pile dalla mia romanissima famiglia“.

Se ci mettiamo anche un infortunio ad inizio stagione, che l’ha tenuta lontana dal campo per diversi mesi, la fatica si triplica. “Entrare, giocare un minuto e mezzo per poi uscire, non è il migliore degli esordi vero? Il mio con il Francavilla però è stato così. Che possiamo fare? Di certo, è una storia da raccontare, quindi, oltre alle persone che ho trovato, alle esperienze che sto vivendo a Francavilla, posso mettere nel mio zaino personale anche storie di questo tipo. La vita in fondo è così, ha un lato bello e un lato brutto. Ma non si butta via niente“.

Neanche il rientro in campo contro l’Audace Verona. Il secondo esordio di stagione. “La mia più grande paura? Entrare e uscire, di nuovo, un minuto dopo. Avevo questo timore, lo confesso. Ma non è accaduto, quindi direi che è andata bene. Quest’anno sto vivendo una realtà tutta nuova. Sono abituata a giocare, almeno negli ultimi anni. Sono arrivata qui invece come backup quindi devo riuscire a trovare continuità nel minutaggio che ho. Anche se piccolo, è dentro quei minuti che so di dover lavorare di testa per tirare fuori una buona prestazione.

Per la squadra certo, per le mie compagne, per quanti mi sostengono ogni giorno. Ma soprattutto per me. A volte corro il rischio di scoraggiarmi, sono una simpaticona è vero, ma, al contrario di quello che si potrebbe pensare, somatizzo tutto quello che vivo. E’ su questo che devo puntare l’attenzione: riconoscere la difficoltà così da poterla affrontare e superare. E’ così che si cresce, dicono“.

La vita è un roller coaster in fondo. Si sale, si curva, si scende a capofitto. Brividi, ad ogni passaggio. Emozioni. Sono la colla dei ricordi in fondo, rendono un avvenimento capace di essere ricordato. Come fosse domenica.
Non lo è oggi, lo sarà domani. E, come fosse domenica, sarà tempo di puntare verso nord e raggiungere Falconara per la diciassettesima giornata di campionato. “A casa della prima della classe. Un po’ come fare un’interrogazione con la secchiona di turno. Si torna al posto avendo imparato qualcosa senza dubbio. Dopo la sconfitta nel derby, che ha lasciato l’amaro in bocca, abbiamo dimostrato una grande solidità morale con la buona prestazione messa in campo nel recupero contro il Granzette. Ora ci attende un’altra lezione con i fiocchi.

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Siamo una neo promossa, è vero, ma abbiamo capacità e ambizioni. Per questo affronteremo il Città di Falconara a viso aperto, come sempre facciamo, giocando. Per noi e per tutti i meravigliosi sostenitori che ci seguono. Tutto serve ad accumulare esperienza, e punti certo, soprattutto in ottica Coppa Italia. Una competizione straordinariamente bella. Da vedere e da giocare. Ma non è questo il nostro pensiero oggi. Oggi esiste solo il Città di Falconara, con il suo plotone offensivo e la serratura a doppia mandata che hanno in porta. A detta di tutti, sono la squadra da battere. E noi ci proveremo, giocando, semplicemente, come sappiamo fare. Sarà un altro capitolo della prima stagione da serie a del Francavilla“.

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