Caracas, 2004. Da qualche parte, se sfoglia l’album dei ricordi, una foto salta fuori: aveva solo 6 anni e quella è stata l’ultima volta che Cristina Garcia è stata in Venezuela, nella terra dei suoi genitori. Due ingegneri informatici costretti dalla situazione politica a cercare fortuna (e sicurezza) altrove. Il nuovo inizio della famiglia Garcia è stato proprio a Padova, dove è nata, a pochi chilometri dalla seconda piazza più grande d’Europa e dalla bellezza senza uguali di Venezia, dove l’ormai ventenne portiere biancoscudato frequenta il corso magistrale di graphic design. Una passione che è riuscita a coniugare con il futsal, come dimostra il suo impegno come social media manager e il suo ruolo all’interno del nostro stesso portale, Any Given Sunday. Calcio a 5 come minimo comune denominatore, ma tutto parte molto prima nel calcio a 11, tra i ragazzi.
“Mi trovavo benissimo – racconta Cristina – perché erano tutti molto inclusivi con me, poi – quando l’età l’ha imposto – mi sono guardata attorno per cercare una squadra femminile e ho trovato il Calcio Padova Femminile a 11: giocavo fuori dai pali, in porta sono finita nel più classico dei modi: perché mancava qualcuno. Ho provato e ho visto che buttarsi per terra era divertente come sembrava dall’esterno, così ho continuato. Essere in una società con ampissima quota rosa, anche nelle figure delle preparatrici dei portieri, è stato molto e mi ha permesso di immaginare per me lo stesso percorso anche se, in quanto donna, so che ci sarebbe una scala più difficile da salire. Lì, comunque, sono rimasta 7 anni, fino a che non sono stata più capace di gestire gli impegni di studio del liceo scientifico”.
La pausa dura un anno, poi è il club di Mingardi che torna a cercarla in una veste insolita.
“Ho visto per strada un cartellone pubblicitario che invitava a giocare a calcio a 5 e c’era lo scudo del Padova. Non mi interessava che fosse uno sport diverso, anzi per me è stato un incentivo a provare. Solo 5 anni fa eravamo in D ed ora eccoci in Serie A”, sorride Garcia, che per amore del futsal ha girato tutta l’Italia.
“Finali scudetto a Milano e a Falconara, finale Scudetto Ternana-Olimpus, playoff a Montesilvano: ho fatto centinaia di chilometri anche per una sola partita, sapendo che quell’ora e mezza mi avrebbe restituito tutto in termini di tempo e fatica del giorno dopo. Tramite AGS, poi, ho la possibilità di seguire ancora di più la disciplina, creare nuovi contenuti e scoprire punti di vista differenti dal mio. Il confronto mi appassiona, rimanere in questo ambito a livello lavorativo non mi dispiacerebbe affatto, ma per il momento penso solo a giocare”.
A testa alta, fedelmente in biancorosso, nonostante le difficoltà. Domenica l’ultima batosta (forse la più dura) contro il Sassari, in quella che avrebbe dovuto rappresentare la sfida salvezza ed è finita in archivio con un risultato completamente a favore delle sarde.
“Come si reagisce? In realtà, pensavo che avrei trovato un clima molto più cupo, invece la settimana è partita con una sorta di seduta psicologica durata un’ora e mezza in cui ognuna si è messa a disposizione, analizzando i propri errori con la promessa di volersi immediatamente migliorare. In questa squadra c’è davvero tanto dialogo, a partire da mister Campana (in Sardegna assente per motivi personali, n.d.c.) che non perde occasione per cercare un dialogo costruttivo con noi, così come Alessandra Onofri, che tratta il nostro reparto portieri come se fosse una seconda famiglia”.
E in una domenica in cui quasi tutta la Serie A starà a guardare causa Covid, Garcia e socie cercheranno di passare ai fatti.
“Non partiamo già battute, anzi. Abbiamo 36 punti da conquistare, alcuni saranno molto difficili, ma giocheremo in casa nostra e questo deve già essere un +1, come è quasi accaduto sia col Pescara (ko per 3-2 al 18’ del secondo tempo) che col Bisceglie (vittoria in rimonta delle pugliesi, dopo un primo tempo perfetto delle locali). Vogliamo dire la nostra, facendo della compattezza del gruppo la nostra arma migliore”.
Foto copertina: Marco Dughetti
Foto nell’articolo: Denise Nicolato
