Serie A

L’oro di Fabiana Pastorini: “Il futsal, la Serie A e il TikiTaka Francavilla”

Fabiana Pastorini

6 dicembre 2019 – 7 dicembre 2021
Due anni spaccati sono trascorsi dall’ultima conversazione da intervista con Fabiana Pastorini.
Una casualità, penso. Ci sono però casualità che riescono a lasciarmi interdetta, senza parole, senza risposte. Solo con delle domande.
Forse sono Babbo Natale” mi commenta, ridendo, Fabiana.
Chissà in due anni quanto e cosa sarà cambiato. Sono francamente curiosa. “Da due anni a questa parte non sono cambiate molte cose, a parte l’età che si fa sentire e un vaccino in più nel nostro corpo. A parte gli scherzi, l’unica cosa che è mutata è la categoria da affrontare. In me non è cambiato poi così tanto, la Fabiana di oggi è la Fabiana di sempre: concreta e determinata a raggiungere gli obiettivi che si prefissa“.

L’età si fa sentire. Annuisco. Ma, vedendola in campo, mi chiedo come faccia ad avere ancora quella grinta che l’ha sempre contraddistinta. “Tengo duro, non mollo di un centimetro. Pensa che mia mamma, per svegliarmi la mattina mi diceva sempre ” chi si ferma è perduto, alzati” e quindi cerco di non fermarmi mai. Tra medicine (quando servono), integratori e soluzioni magiche, vado avanti a testa alta“.
Soluzioni magiche. Forse come quella di Panoramix. Chiedo consiglio, credo di averne necessariamente bisogno anche io.
Di tutta risposta, ricevo una foto. L’età che avanza mi costringe ad avvicinare il telefono agli occhi per poter leggere bene l’etichetta posta sulla boccetta che ha in mano.

Argento.

Il riflesso incondizionato del mio cervello fatto di canzoni, mi porta a Niccolò Fabi, “Perchè l’argento sai si beve, ma loro si aspetta”.
Non avrei mai pensato di riempire di senso questo passaggio durante una chiacchierata con Fabiana Pastorini.

L’oro, per Fabiana, si chiama Serie A. Nello specifico, Serie A con il Francavilla. “Per me questa categoria vale tutto. Tutti i sacrifici, l’impegno e la dedizione di una vita. In particolare vale una promessa, quella fatta ad Alex (Zulli n.d.r.), che saremmo ritornati. Ci sono riuscita. Non con lui purtroppo, anche se lo porto sempre nel cuore, ma alla guida di un gruppo fantastico e anche un po’ pazzo. Un esperienza meravigliosa nata un po’ sognando con Marco Tiberio, Sara Mammarella e Giorgia Verzulli ma che poi si è rivelata una bellissima realtà.

Una favola che mi rende orgogliosissima, perché sfido chiunque a replicare la mia impresa: scendere di categoria, dopo anni di alto livello. Ritrovarsi a combattere con le unghie e con i denti sui parquet regionali, con un gruppo totalmente italiano, fatto di ragazze che non sapevano nemmeno che esistesse il calcio a 5. Con loro, dal regionale, raggiungere la così ambita serie A in soli due anni, escludendo il primo anno di Covid“.

Coppa Italia

“Raro è trovare una cosa speciale, nelle vetrine di una strada centrale. Per ogni cosa c’è un posto, ma quello della meraviglia è un po’ più nascosto”.
Forse non tutte le strade sono un percorso, ma è di certo una somma di piccole cose, quella che ha portato Fabiana Pastorini a dedicare la sua vita al calcio, prima, e al calcio a 5 poi. La incontro a volte nei corridoi del Palaroma, phon in mano asciugando la lunga chioma corvina. Mi stupisce sempre vedere atlete con capelli più lunghi delle spalle.

Ripenso alla mia di esperienza sportiva, iniziata con una lunghissima coda e terminata con un taglio cortissimo super pratico. “Io adoro i capelli lunghi – mi confida – anche se li lego quasi sempre per praticità. Li ho tagliati una sola volta corti, a spazzolino, come si dice a Napoli, ma avevo 10 anni. Li ho fatti subito ricrescere però, perché, in campo, mi scambiavano per un maschio“. Ricordi di vita che tornano ad affacciarsi alla finestra del presente. “E non era tanto questo il problema – continua – ma il fatto che gli osservatori, quando venivano a vedere la mia squadra, mi volevano portare sempre con loro. Pensa che un osservatore del Parma non voleva credere che fossi una ragazzina“.

fabiana pastorini

Nella mia testa partono mille riflessioni, molte riferite alla questione della parità di genere. Il discorso invece, con Fabiana, si sposta sull’educazione e sulla valorizzazione delle inclinazioni sportive dei più piccoli. “Ho iniziato a 9 anni con i maschi, dai 13 con le ragazze. Fino ad approdare, ai 25, nel calcio a 5. Gioco da sempre. Ho praticato nuoto solo per tre anni, da piccola, visto che in casa mia sono tutti nuotatori, ma, ogni volta che mamma pronunciava la frase “andiamo in piscina”, mi inventavo tutte le malattie del mondo per non andare. Non mi piaceva e non volevo farlo quindi le “malattie da rifiuto” mi venivano alla grande“.

Penso alla Spagna che vorrebbe abolire le porte da calcio nei cortili delle scuole perché maschiliste. Quanto è più denigrante invece non dare l’opportunità anche alle bambine di giocare a calcio? O a qualsiasi altro sport che volgiano praticare? Non è una questione di genere, è una questione di educazione, appunto.

Fortunatamente mia madre è una persona che mi ha sempre lasciata libera di esprimermi come volevo. Non è stato difficile convincerla con il calcio, anche perché vedeva la differenza del mio stato d’animo quando calciavo un pallone rispetto a quando nuotavo in piscina. A calcio andavo volentieri, a nuoto mi ritrovava un giorno si e l’altro pure sull’ambulanza“. La tigna di Fabiana, penso. Si continua a ridere, ma sempre con estrema intelligenza. Perché non tutti i bambini hanno la fortuna di avere un carattere forte e genitori comprensivi. Troppo spesso, subiscono il volere degli adulti pagandone un caro prezzo.

fabiana pastorini

Questo è il motivo per cui non ho più allenato i bambini. Il rapporto con i genitori era fin troppo impari e difficile. Che fosse per l’ambizione genitoriale di avere figli- campioni, o il desiderio di trascorrere un paio di ore senza bambini attorno, il risultato era una grande frustrazione da parte di quei ragazzini a cui il calcio non interessava affatto“. I risultati, si vedono sempre da adulti purtroppo.
Mi chiedo cosa si possa fare per scardinare questo meccanismo. Lo chiedo anche a Fabiana. “Bisognerebbe fare un corso di formazione per i giovani genitori, il meccanismo si scardina solo se loro capiscono il male che stanno facendo ai loro figli.

Arrendersi all’idea è brutto, anche se prendi me, non ce l’ho fatta a combattere contro la testardaggine genitoriale. Il problema inoltre è anche di impostazione, sta alla base della motivazione scelta per metter su una scuola calcio: il profitto. Questo non ti lascia la libertà di indicare, a quanti non dimostrano interesse per il pallone, una serie infinita di alternative. Gestire questo è difficile, perché ti senti diversa da tutti, e senza armi a disposizione“. Quando sentirsi diversi diventerà una qualità apprezzata, questo mondo cambierà.

fabiana pastorini

Vorrei approfondire, continuare a creare connessioni e ragionamenti. Forse ne avrò modo, ma le esigenze di tempo e tipologia di chiacchierata, mi portano a dover deviare bruscamente il discorso verso parquet e campionato. Il minimo comune denominatore però, non cambia, la rabbia agonistica di capitan Pastorini che l’ha portata, in questo inizio di campionato, oltre che a chiudere tutte le linee di passaggio avversarie, anche a gonfiare la rete due volte.

Domenica scorsa, proprio sotto il mio naso, con un’esultanza rabbiosa, di cuore, e con un mignolo all’insù. “Ogni tanto mi diletto anche a fare goal – sorride sorniona -. Esultare è stato quasi un grido liberazione in una gara che si è rivelata complicata. I miei goal li dedico alle persone che mi hanno sempre sostenuta, in particolare alla mia famiglia. Mi ha sempre spinta a non mollare mai, da quando avevo 9 anni ad oggi. Quel mignolo alzato? Una dedica simpatica per una persona molto importante per me, che mi è vicina in ogni mio momento, bello o brutto che sia“.

La perfezione della prestazione, credo che sia tutta indirizzata alla gara di domani pomeriggio, che vedrà il Tikitaka affrontare il Bitonto. Due neo promosse che stanno facendo molto bene, per una partita che sa di big match. “E’ vero, domenica altra super partita. Al Pala Roma arriva il Bitonto di Lucileia e i Santos“. Mi viene da ridere, genuinamente, per la scelta dell’articolo “In fondo Santos in Brasile è come Esposito a Napoli“. Non fa una piega. Ma torniamo al campionato. “Anche questa settimana dovremo dare il meglio di noi. Mi aspetto una partita ben diversa da quella di sabato, basata su tattica, tecnica e tanta fantasia.

Siamo due squadre neopromosse ma con giocatrici ben affermate nel futsal italiano e non solo, entrambe costruite per riuscire a fronteggiare qualsiasi avversario. Avrà la meglio chi sarà più concentrata, chi sbaglierà di meno e chi sarà più “squadra”. Personalmente, sono convinta che il Tikitaka possegga tutte queste doti, quindi credo fortemente nell’alta qualità della prestazione che faremo. Ci siamo allenate bene questa settimana, lavorando sulle nostre imperfezioni. Quindi non mi resta che invitarvi a non mancare domenica 12 dicembre alle 18, perché lo spettacolo è assicurato“.

“Ma le più lunghe passeggiate, le più grandi nevicate, le parole che ti scrivo non so dove le ho comprate. Di sicuro le ho cercate, senza nessuna fretta, perché l’argento sai si beve, ma l’oro si aspetta”.

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