Serie A

Da Amadora al Città di Falconara, la lunga strada di Janice Silva

Ogni volta che penso a Janice Silva, mi viene in mente, come prima cosa, il termine eleganza.

Chiunque l’abbia vista giocare credo possa convenire con me. Quando scende in campo, il palazzetto si trasforma in un teatro e il parquet diventa il suo palcoscenico. Se si fosse presentata alle audizioni del balletto nazionale portoghese avvenute in estate, sicuramente avrebbe conquistato il ruolo di prima ballerina.

Ma Janice, con la danza non ha mai avuto nulla a che fare. Per lei, il balletto classico è sempre stato il pallone. Da 17 anni a questa parte. Eppure, quella per il futsal, è una passione arrivata per caso: “Avevo sei anni quando ho iniziato a giocare con un gruppo di ragazzi della mia città, Amadora. A loro mancava la sesta persona per poter giocare tre contro tre. Ero l’unica bambina del gruppo, ma qualcosa mi diceva che la mia passione era proprio lì. E’ stato tutto così divertente. Non avrei mai immaginato che proprio in quel momento stesse nascendo il mio sogno”. Si potrebbe pensare che sia stata una evoluzione naturale la sua, che sia stato sempre tutto facile per una giocatrice con la sua classe.

Invece la realtà è molto lontana dalla fantasia. Quantomeno la mia. “La mia prima squadra è stata il Clube Atlético São Brás, ma non ho terminato neanche la prima stagione. Lì non avevo stimoli e non ero in grado di trovare, da me, la giusta motivazione, il coraggio, la forza per continuare. Così sono stata ferma due anni”. E’ inutile, ci vuole sempre un motivo, un’opportunità, uno slancio. La rampa che ha permesso alla numero 8 di spiccare il volo arriva poco dopo e si chiama Fundação Benfica. “La stessa di tutto il mio successo, la scintilla che mi ha permesso di cercare e trovare la forza per tornare a giocare. Con il supporto sempre presente di mia madre e dei miei fratelli, sono riusciti a farmi prendere consapevolezza che avrei potuto tutto, che tutto era possibile se solo lo avessi voluto. Come per magia, tutto è diventato più semplice. Ancora oggi, la mia famiglia è sempre con me, anche ora che sono lontana da casa. Non posso nascondere però, che ho pensato più volte di abbandonare tutto. Conciliare allenamenti e studio mi costava uno sforzo immane, non era per nulla facile. Il pensiero di abbandonare il mio sogno era spesso ricorrente, era tutto semplicemente troppo. Ma grazie alla Fundação Benfica ho avuto la possibilità di entrare a far parte della squadra del mio cuore, quella che mi ha fatto crescere in modo esponenziale sia come giocatrice ma soprattutto come donna: il Benfica”.

La prima volta che l’ho vista giocare dal vivo, indossava proprio la camiseta vermelha. Impressionante per velocità e classe. Il connubio danza/calcio mi fa tornare alla mente un suo grande conterraneo, un fenomeno: Eusebio, la pantera nera del Portogallo. Credo abbiano in comune più di un’appartenenza territoriale. “Quando ho iniziato a giocare con loro, mi sono resa conto di essere circondata di grandissime giocatrici, calcettiste con immense qualità. Per poter conquistare il mio posto, per rendere vero il mio sogno, avrei dovuto sudare sette camicie e impegnarmi ancora di più. Non tutto era sempre perfetto ma con persistenza, coraggio impegno e dedizione, sono riuscita ad arrivare proprio dove volevo”.

E da li, è iniziata una strada fatta di titoli, riconoscimenti, Nazionale. La gratificazione a tutti gli sforzi profusi sul parquet. Tutto bellissimo secondo Silva, anche se è uno il momento che non dimenticherà mai. “La prima chiamata in Nazionale. Abbiamo sempre momenti ai quali guardiamo con affetto ed orgoglio. I tanti titoli vinti con il Benfica ad esempio, la prima chiamata in prima squadra, il primo gol. Ma nulla vale il confronto con la Nazionale. Quello è stato il momento in cui mi sono sentita davvero realizzata. Non riuscivo a credere che il sogno fosse realmente diventato realtà”.

Senza sfide però, un po’ si muore. Cambiare per far fare un nuovo giro alla ruota della vita, per alzare l’asticella personale e arricchire il proprio bagaglio di esperienze. E’ così che Janice è arrivata in Italia, a Falconara. Se me l’avessero detto tre anni fa, mentre la guardavo disputare l’Euroean Wonen’s Futsal Tournment in Spagna, non avrei mai creduto possibile vederla fuori dal Benfica, in Italia poi. Invece ora ha un falco appuntato sul petto. “L’accoglienza che ci hanno riservato è stata spettacolare. Anche qui, le mie compagne di squadra sono di altissimo livello e – quasi scontato – sono qui per lottare per ogni titolo. Certo è un campionato differente da quello a cui sono abituata, molto più fisico. Mi sto ancora adattando ma, sia io che la mia collega Fifò, stiamo vivendo una bellissima esperienza”.

Forse non si aspettava neanche un pressing alto da parte della carta digitalmente stampata di AGS. Leggo le sue risposte in portoghese, avrebbe voluto mandarmele in italiano, lo so. Il presidente mi aveva avvisato che Silva sta prendendo confidenza anche con la nostra lingua. Mi scuso per la fretta, ma sono certa ci sarà una nuova occasione per dimostrare quanto appreso in questi mesi.
Oggi, intanto, l’occasione nuova che si presenta è quella di tornare ai tre punti nell’appuntamento domenicale con la settima giornata di campionato. Archiviato il Tikitaka, sarà il Sassari l’unico pensiero odierno della lusitana. “Contro il Francavilla non è arrivato il risultato che desideravamo. Abbiamo avuto più di un’occasione per spingere a rete la palla ma non siamo riuscite a concretizzarle. Dall’altro lato, le nostre avversarie hanno dimostrato tutta la loro qualità. E’ stata una gara molto intensa. Oggi vogliamo dare dimostrazione di quanto fatto in settimana, dell’impegno profuso per far sì che, al termine dei quaranta effettivi, il nostro Falconara festeggi sotto gli spalti con tre punti in più in classifica”.

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