La scherma è un mondo intero. È vita a tutto tondo ed è impegno. Lo sa bene Cinzia Sacchetti, che sta dando vita in Svizzera e in Italia all’importantissimo Progetto Nastro Rosa.
Maestra di scherma, Presidente FIS per la Regione Piemonte, Cinzia Sacchetti crede che la scherma possa traslarsi anche in utilissimo strumento di riabilitazione per donne che abbiano subito interventi al seno.
È nato così il Progetto Scherma Nastro Rosa, che sta riscuotendo notevole successo in tutta la penisola. Ho avuto l’occasione di scambiare qualche “stoccata vocale” con Cinzia, che ringrazio per la cortesia e la disponibiltà. Abbiamo parlato della filosofia dietro l’iniziativa, del suo sviluppo e dei suoi obiettivi futuri.
Domanda: Com’è nata l’idea del Progetto Nastro Rosa?
Risp0sta: L’idea di utilizzare la scherma quale componente importante nel recupero funzionale dell’arto interessato da intervento chirurgico per cancro al seno, nasce in Francia, a Toulouse, da una Dottoressa anestesista e schermitrice Dominique Hornus Dragne. Ho personalmente partecipato ad un corso di abilitazione a Toulouse nel gennaio del 2016, per poter partire con il progetto per la Società Svizzera Vales con sede a Lugano, dopo pochi mesi siamo partiti con un progetto pilota, grazie alla partecipazione di quattro signore di un’associazione ticinese denominata: “Anna dai capelli corti”.
D: Una volta definita l’idea, quali sono stati i passi per realizzarla?
R: Dopo gli ottimi risultati ottenuti, ho deciso di proporre il progetto alla Federazione Italiana Scherma che lo ha subito accolto. Nel mese di febbraio 2019, con la Dottoressa Donatella Bottura del settore formazione, in collaborazione con la LILT Torino, abbiamo organizzato un corso di formazione per tecnici di scherma, psicologi, fisioterapisti. Purtroppo con LILT ci si è fermati poiché, anche giustamente, mancando dati medici in supporto all’iniziativa e data la situazione generata dalla Pandemia di Covid 19, tutto si è fermato.
D: Vi siete avvalsi di consulenti extra scherma per sviluppare il Progetto?
R: Come detto sopra ci siamo rivolti, grazie a conoscenze personali, alla LILT Torino. Giustamente però la scienza ha bisogno di dati e la Francia non ne ha pubblicati, in Svizzera nonostante siano state in questi anni circa 40 le donne che hanno partecipato al progetto, sono ancora poche per avere dati clinici utilizzabili per uno studio scientifico. Ora abbiamo un’importante collaborazione con l’università di Cagliari, con il dipartimento di psicologia e altri sono interessati, in collaborazione con la società Athos.
D: Quali benefici può portare la scherma nella riabilitazione post operatoria per chi ha subito interventi al seno?
R: La Dottoressa francese, prima di proporre la scherma come mezzo riabilitativo, ha pensato a quale fosse l’arma più idonea, è stata scelta la sciabola, per la sua leggerezza e per l’ampiezza dei movimenti. Le pazienti che hanno subito interventi al seno tendono ad andare in chiusura, a portare il braccio in copertura del petto, questo per vie delle aderenze, delle cicatrici che creano molteplici problemi e fastidi; l’asportazione dei linfonodi può provocare linfedema, altri problemi sono dati dall’intervento al cavo ascellare e di conseguenza alla postura. I movimenti ampi, di aperture, che la sciabola richiede, utilizzati all’interno di coreografie con richiami alla scherma storica, utilizzando anche un pugnale (ovviamente finto e di plastica leggera) per poter utilizzare entrambe gli arti (questo sia per coloro che hanno subito incontri bilaterali sia per non lavorare in modo asimmetrico) correggono la postura errata e agevolano la funzionalità del sistema linfatico, riducendo la possibilità di linfedema.
D: La scherma, nel Progetto Nastro Rosa, si adatta alla situazione: che attività proponete? C’è spazio anche per l’agonismo?
R: Come ho spiegato, si tratta di scherma terapeutica: in questa fase, essendo rivolta a donne operate poche settimane prima dell’inizio dell’attività, si è orientati a far svolgere i movimenti della sciabola con riferimenti alla scherma storica, in forma di coreografie, talvolta a ritmo di musica. Per ora le donne che hanno completato il numero di sedute di fisioterapia hanno deciso di continuare con queste modalità. Può essere previsto un secondo passo verso la scherma adattata, quindi combattimenti con armi di plastica, che non creino traumi. Solo sotto consiglio del proprio medico si può pensare ad attività regolare, sportiva e con finalità agonistica. Essendo la scherma uno sport di combattimento, sarà la paziente a valutare con il proprio chirurgo se sia il caso o meno di continuare con attività agonistica. Questo percorso esce però per ora dal nostro progetto.
D: Come cambia (se cambia) l’approccio del Maestro nei confronti del paziente rispetto ad un atleta? Da Maestra come ha affrontato questa sfida?
R: Personalmente è stato un grande arricchimento, alla mia prima lezione ero molto emozionata e preoccupata, avevo paura di sbagliare, sentivo una grande responsabilità, essendo anche le attività e i movimenti completamente diversi da quelli che normalmente eseguiamo nell’attività agonistica. Sono però stata subito rassicurata dalle mie donne che con entusiasmo e tanto divertimento, hanno seguito le lezioni rendendomi subito facile il lavoro.
Si deve porre molta attenzione all’esecuzione dei gesti nel contempo a rendere l’ora di attività adatta ad ogni paziente e soprattutto divertente: le ragazze non devono sentirsi in ambiente medicalizzato ma sportivo, nonostante si lavori in presenza di una fisioterapista.
D: Quanto conta l’aspetto empatico nell’insegnamento della scherma terapeutica?
R: Sicuramente essere donna aiuta, o meglio dovrebbe aiutare, nel comprendere cosa stiano vivendo queste persone. Ritengo questo aspetto fondamentale, molte volte arrivano pazienti che hanno subito interventi poco invasivi ed è facile scordarsi il fatto di essere in presenza di persone che in ogni caso sono state o restano in condizione di rischio e che quindi bisogna porre molta attenzione nell’esprimersi circa la patologia o anche solo interfacciandoci con loro su cose legate alla quotidianità. Bisogna essere sempre sul pezzo e ponderare le parole e valutare bene cosa stiamo dicendo.
D: Che tipo di risposta c’è stata da parte delle donne coinvolte nel Progetto?
R: Il progetto è piaciuto molto alle nostre signore che si rendono sempre disponibili nella divulgazione dell’iniziativa. Come spiegato sto per ora parlando della mia esperienza in terra elvetica, in Italia, purtroppo causa Covid, stiamo partendo di fatto ora. Per ora abbiamo un’attività partita ad Avellino, prima ancora del Progetto Nastro Rosa della FIS ci sono stati dei progetti in Toscana. Stiamo cercando di riunire tutto sotto la Federazione per consentire un miglior coordinamento a livello centrale e nazionale, così da poter raccogliere i dati e per dare anche una valenza scientifica al progetto.
D: Attualmente quali sono i numeri del Progetto Nastro Rosa?
R: Come detto c’è un progetto ad Avellino e in Toscana, qualcosa sta partendo a Torino. Per ora i numeri sono ancora di qualche decina di donne. Il problema, come detto sopra, è stato il Covid che ha fermato questa interessante iniziativa proprio alla nascita, spostando così di un anno tutte le attività di diffusione di informazioni e coinvolgimento di medici e pazienti.
D: Come si svolge un allenamento tipo?
R: Dopo una fase di riscaldamento a livello generale, le donne eseguono movimenti che sommano simulazioni di attacco e di difesa utilizzando sia la sciabola che il pugnale, la sciabola viene usata con l’arto interessato dall’intervento, l’utilizzo del pugnale serve ad alternare le braccia, per evitare di affaticare un arto e nel contempo evitare di rendere asimmetrica l’intera lezione. Si possono alternare lezioni a coppie o lezioni tipicamente sportive. La cosa importante è lavoro in apertura, quindi con movimenti ampi e rotatori. Si termina con defaticamento e stretching. Il ritmo non è mai elevato, dobbiamo ricordarci che molte pazienti sono ancora sotto terapia, chemioterapia o radioterapia.
D: In collaborazione con la Federazione Italiana Scherma sono stati organizzati dei corsi per far conoscere il Progetto Nastro Rosa, la sua visione e il suo metodo alle realtà schermistiche del territorio: che tipo di risposta avete avuto? C’è interesse, nel panorama della scherma italiana, per questa tematica?
R: L’interesse è sicuramente molto, purtroppo essendo molte pazienti immunodepresse e non agoniste non era possibile partire in questo periodo con le attività. Sono certa che con la nuova stagione e con il coinvolgimento dell’Università di Cagliari, la nostra iniziativa potrà finalmente svilupparsi sull’intero territorio nazionale.
D: Quali sono i prossimi passi del Progetto Nastro Rosa?
R: Sicuramente cercare di formare i tecnici, così da avere persone qualificate per partire dove ci sarà richiesta, nel contempo lavorare per far conoscere il progetto in quelle città dove ci siano società strutturate per partire.
Una volta formati i tecnici sono certa che l’interesse sarà alto, voglio ricordare che il cancro al seno nel mondo occidentale colpisce in media una donna su 8/10 a seconda di paesi.
D: Che scenario futuro immagina per il movimento, nel nostro Paese e all’estero?
R: Auspico una crescita di questa iniziativa e di arrivare un giorno non lontano a manifestazioni ed eventi atti a sensibilizzare le donne verso questa patologia, lavorando sulla prevenzione prima e sulla riduzione delle recidive grazie ad attività come la nostra. Nel contempo creare, come detto, momenti di riunione di tutte le signore che partecipano ai vari corsi, con esibizioni o anche veri e propri campionati in cui vengano premiate le migliori coreografie.
Chissà…ora speriamo di uscire in fretta da questa pandemia e di poter iniziare a lavora con serenità…