Storie

Mancavo da due anni…

Il viaggio verso Ancona è un tragitto che la macchina potrebbe portare a termine da sola. Guida autonoma che nemmeno Elon Musk e la Tesla. Non è un posto qualunque lo Stadio della Palla Ovale, non lo è la famiglia degli Ancona Dolphins. Torno a casa, in una delle case sportive alle quali sono più affezionato e lo faccio in un viaggio che da solo, sembra incredibilmente più lungo. Il rito è sempre il medesimo. Rifornimento di metano alla partenza e poi all’arrivo. Oggi però, non è domenica e non devo preoccuparmi di trovare una stazione di servizio aperta.

L’avevo promesso e le promesse vanno mantenute. La parola è la moneta definitiva dell’essere umano. Saluto tutti. Salgo fino alla postazione dello streaming della squadra di casa che ora comprende 3 telecamere e uno sconfinato tavolo regia. Si è evoluta negli ultimi due anni, in maniera incredibile. Prima contenuta nel bagagliaio di una station wagon, ora in un furgone. Con questo ritmo, presto avranno bisogno d’un camion.

La clubhouse è spettacolare. “Da quanto manchi, che quella c’è praticamente da sempre”. Da due anni, pandemia compresa. Saluto Alessandro, che dice di voler smettere prima che sia la federazione ad imporglielo per sopraggiunti limiti di età. Ha giocato sempre, da sempre. Difficile pensarlo senza il suo grande amore, dopo Francesca, ancora accanto.
Paolo ed Emanuele.
Ho trovato due uomini sulla sideline, il primo orgogliosamente titolare in difesa. C’è quel momento nel quale ho dovuto far combaciare, non senza fatica, i ricordi miei con l’immagine che avevo di fronte. La polaroid, quello scatto che viene da un periodo così lontano da loro da essere praticamente irriconoscibile. Un nuovo capitolo, una nuova storia, con i miei protagonisti preferiti.

C’è Rafaela che assiste alla sua prima partita, sugli spalti. Debora che scatta le sue prime foto ad uno sport che insieme hanno visto solo attraverso Netflix. “Sembra di guardare Last Chance U, solo dal vivo”. Non ho idea se questo sia esattamente un complimento. Sicuramente è una lode all’impegno, allo spettacolo e allo sport.

La sideline del football americano ha sempre lo stesso suono, gli stessi odori, la stessa intensità. Si mischiano le lingue, l’inglese diventa il principale veicolo di comunicazione. Più immediato, diretto, quasi violento. Perché la durezza dei rapporti sulla linea laterale, in una squadra di american football, non sono riuscita a trovarla in nessun sport. C’è un ora di gioco, quattro tempi da quindici minuti, poi è finita. Siete degli uomini, verrete trattati da uomini. Nessuno vi terrà la mano, nessuno vi lascia accampare scuse. Su quella linea s’impara la responsabilità, quella che predica Velasco nel volley. L’errore inizia da te, non dai tuoi compagni di squadra.

Lascio Debora un tempo, sola lungo quella linea. Perché trovi da sola il suo ritmo, la sua posizione in campo. All’intervallo torna sugli spalti ed è letteralmente travolta, dal gioco e dalle emozioni. Le ragazze hanno con loro una borsa frigo. “Aperitivo”, sorride Rafaela mentre mi versa della birra gelata e mi offre delle noccioline. Come non si fa ad amare due donne così?
Tempo di tornare in campo, per il secondo tempo. Gli ultimi due quarti di gioco. Mi sistemo vicino a Debora, per indicarle dove posizionarsi e indicarle dove probabilmente andrà l’azione.
Lei felice, scatta finalmente nel mezzo dell’azione. Sembra una magia questa sapere dove andrà il pallone vero?

I Dolphins sono sotto di due possessi, perdono quattordici a zero.
S’illuminano gli occhi della ragazza dietro alla macchina fotografica, quando finalmente può mostrarmi orgogliosa gli scatti di quell’azione che arriva verso di lei. Trova il pallone incastra nel suo obiettivo. Ha coraggio da vendere. Mi tocca spostarla all’ultimo secondo mentre imperterrita scattava e due giocatori le arrivavano, letteralmente addosso.

“Come sto giocando?”. “Non riusciamo a muovere la palla”.
I microcosmi d’attacco e difesa si ripiegano su se stessi, subentra la stanchezza, arrivano le luci della sera. Questo non è un posto per educande. Questo è anche un luogo, non solo fisico ma dove sono rimasti intrappolati ricordi, sensazioni, sentimenti. Ho questo magone assurdo che s’è appoggiato sullo stomaco. Si cammina tanto nel football, su e giù seguendo l’azione. Novantuno virgola quarantaquattro metri, da percorrere come la biglia impazzita d’un flipper.

Prova a rimontare la squadra di casa, dimezza lo svantaggio. L’inizio di una possibile rimonta si spegne lì, con quella segnatura. Avviso dei due minuti. Two minutes warning. Solo due minuti e poi sarà finita. Il momento in assoluto più intenso della partita. Quando il risultato è in bilico, si trasforma in un incontro parallelo. Un minuto e 10. I timeout non servono, alla squadra ospite i Warriors Bologna, basta inginocchiarsi e far trascorrere il tempo. Vittoria in trasferta.
Huddle di fine partita. C’è chi festeggia e chi ascolta.

Foto per noi. Ema, Paolo, Gammo.
Foto per voi. Rafaela e Debora.

 

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