Caffè Corretto

Caffè Corretto – Respirar

I sorrisi che incontro in autogrill, quelli sorpresi e quelli scambiati al posto degli addii.
Volti concentrati e frettolosi. Per arrivare da qualche parte, bisogna mettersi in viaggio, che sia una finale scudetto o quella che chiami casa.
Sorrisi che non fanno rumore, quelli prima delle partite importanti, al massimo cigolano, come quelle porte che non s’aprono spesso oppure hai paura d’aprire. Sembrano, naturali.
Partite che diventano luoghi invece di tempo. S’animano di emozioni, ricordi e bisogni. Ricordi di chi è già stato qui. Sogni portati da chi è arrivato qui per la prima volta.

Vincere non è un accidente, è una abitudine. Non posso salvarmi da me stesso. Vivrò questa partita come tutte le altre. Ogni fisica presuppone una metafisica. Non quella aristotelica, ma l’idea di quel socialista di Sartre. Gli eventi fisici sono frutto di componenti che trascendono l’elemento. Insomma quasi, per provare a spiegare.

Una tangibile rappresentazione di come ogni fisica presupponga una metafisica, la trovo per caso, in uno scatto. Questo instante che saluta il futuro. Raccoglie in uno spazio, nel medesimo attimo la rappresentazione fisica di un giocatore e della donna. La sua femminilità e la sua arte.
La terra rossa arsa dal sole, il mare blu scuro che sembra quasi verde. Fino alle sabbie del Sahara, prigioniero come la sua gente, di linee di confine imposte da uomini stranieri. Un sorriso salvato, uno sguardo triste in meno. Non importa che sia uno, perso tra i mille granelli di sabbia e di vite che scivolano tra le dite.

Il tunnel, in fila, sempre con gli stessi posti. Volti nascosti dalle mascherine.
La partita.
V’interessa davvero, un racconto alternativo. Non vi sentite meglio al sicuro dietro ai rassicuranti commenti che al confronto Barbara D’Urso è controversa? M’è toccato attendere una stagione e una débâcle clamorosa, nel maschile, per leggere una sola opinione avversa alla linea narrativa “libro cuore”.
Ma anche lì, meglio smarcarsi dietro alle parole di altri.

Il campo racconta sempre storie, spesso però preferiamo raccontare sempre la stessa comoda fiaba. Uguale a se stessa.
“Ricordati dell’A&S”. Vero. Un solo episodio però non è statisticamente rilevante per quanto resti probabile. Concedo all’improvvisato profeta di sventura, la sua retorica.

C’è chi è lontana, ad un oceano di distanza a combattere una battaglia infida. Una di quelle che se la vinci, le cicatrici le porti con te per sempre.
Il dolore non passa mai, ti dimentichi un po’ la voce.

Dieci minuti in macchina.
Due mondi.
Dolphins vs Guelfi. Ancona vs Firenze.
Mangio qualcosa, in quella manciata di minuti che precedono il kick off.
Gironzolare sulla linea laterale di una partita di football è come camminare in mezzo a tante vite. Posso ficcanasare in giro, per vedere se trovo una storia che qualcuno ha lasciato li.
Stefano è un gran giocatore. La sua conoscenza del gioco, s’intreccia con l’incessante torrente di parole che precedono e seguono ogni sua giocata.
Probabilmente è il miglior “trash talker” italiano. Questa definizione però non gli rende giustizia. I suoi commenti fanno anche sorridere, tanto.

“Paolo perché il quarterback avversario è ancora in piedi?”. Chiedo incuriosito, forse con parole meno educate di queste. “Sono andato alto e m’è scappato, poi sono riuscito a girarmi e a mettermi di traverso per prenderlo”. Assunzione di responsabilità. Un giocatore non si valuta solo dalle sue abilità sportive ma anche dalla capacità di rispondere a quella domanda, partendo da se. Niente scuse.
“E’ lui il tuo coach? Piacere abbiamo sentito tanto parlare di te”.
“Piacere mio. Ora sono solo quello che inventa storie”.
“Dov’è la fotografa dell’altra volta…” Non cambierete mai, è occupata già, sentimentalmente. Le scarpe di Emanuele restano bellissime ma non sono io a dirlo è il più forte giocatore di futsal femminile al momento in forza nel campionato italiano.

L’ambulanza che riparte dal campo. Si porta via una clavicola esplosa, legamenti a pezzi. Lo fanno solo per i ricordi, difficile da spiegare se non siete qui, almeno una volta. Praticare uno sport intriso di dolore, acciacchi e sacrifici.
Muffed kick. Vinci di uno. Due minuti prima, perdi la palla che avrebbe chiuso la partita. L’errore te lo indica il tuo coach, senza edulcorare le parole. Ricordate? Responsabilità.
Quando gli avversari sbagliano quel calcio, il punto del pareggio, sparisce quel peso dalla testa e dallo stomaco. Lo so, sono stato te, in una vita diversa.

Ragazzi con la giacchetta a strisce, zebre. Tutti sbagliano, tutti. Davvero esiste “s’è inginocchiato in ritardo”? Seriously? Vi voglio bene, nonostante non mi servano i calzini, grazie. Clerks.

Macchina in direzione sud.
Notte, fari. Non conosco nemmeno il risultato dell’altra semifinale. M’importa per curiosità. I ragazzi della chat della Volta League, m’informano ma devo fermarmi in autogrill per leggere i messaggi.

Attraverso la notte e penso di doverti ringraziare. Per quel momento unico. Per aver spazzato la meschinità, semplicemente sistemandoti i capelli.
Permettimi di farlo prendo a prestito delle parole nella tua lingua.

Respirar
Para sentir mejor
Respirar
Para aliviar el dolor
Respirar
Para sentir que estoy viva

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top