Storie

Diario di Coppa – Tempi Supplementari

Appena terminata la Coppa Italia di Serie A. Solo tre giorni e va in scena la Coppa Italia di Serie A2. Ma quante Coppa Italia ci sono?
In questo angolo di tempo e di spazio, Porto San Giorgio, sembra lontanissimo. Festeggia il Falconara, alla Lazio non restano che le lacrime da asciugare. Le finali sono sempre così, qualcuno esce dal palazzetto con la Coppa, qualcuno esce e basta. Fornitori di servizi che vorrebbero essere ringraziati. Prima no, però. Allora non riesco a comprendere ma va bene lo stesso. Bravo, oppure bravi, al plurale? Mantengo la parola. Chiacchiere in un parcheggio, tra un pasto consumato a perdere. Dubbi, domande senza risposta, perché forse, una risposta davvero non c’è. Le finali per perderle bisogna giocarle. Non ditelo ai Buffalo Bills, però guardatelo Four Falls of Buffalo.

Una Final Eight, nella quale pur essendo lì, dovevo restare a distanza.
Una Final Eight, con la Divisione Calcio a 5 superbo editore della manifestazione.
Una Final Eight, nella quale mi sono interrogato, personalmente, circa i contenuti che potevo produrre, originali, che non erano già a disposizione.
Una Final Eight, per la quale l’investimento economico è sembrato a me, esorbitante. Sul piatto emotivo della bilancia, sono arrivate poi Aurora e Alessia. Tutto ha avuto un senso, perché non l’avrei viste da casa, non avrei capito davvero. Si sarebbe smarrita una storia, due storie, tre. Si, anche la mia.

Una Coppa Italia, come tentativo di normalità. Ho l’impressione però che dovremo, tutti, adattarci a qualcosa che non è il nostro recente passato. Non sarà mai più come Bari. M’è mancato raccontare per immagini, quelle video e non solo, i volti, di questa Final Eight. Aggirarmi tra spogliatoio e panchina per raccogliere e raccontare, quello che l’ufficialità della manifestazione non può. Ho sistemato dei microfoni ambientali dietro alle panchine, nel tentativo di portarvi con me, un po’ più vicino alle emozioni. Ho tentato di raccontare usando la voce, con il podcast e con la radio. Come in una partita che vinci, senza convincere, devo lavorare a questo tipo di progetto. Individuare gli errori, ritagliare gli spazi di azione.

Senza Giacca. Caressa, Tranquillo. NBA, SuperLega. Vincono, i più bravi. Lo fanno, perché lo meritano. LeBron va da Cleveland a Los Angeles, perde 21 milioni in tasse più alte in California. Contratto faraonico. Los Angeles vince il titolo, con merito. Meritocrazia. Come approdano tutti questi giocatori bravi, in una squadra? Già, vero. Denaro.
“Pecunia not olet”, il denaro non ha odore. Frase attribuita a Vespasiano, l’imperatore romano. Aveva deciso di far pagare ai romani, l’accesso ai bagni pubblici.
Si ripropone anche l’atavico dolore del tifoso. Quello che non vuol sentirsi definire cliente. Rimbalza questo sentimento, anche nel piccolo, vivace, chiassoso e un po’ superficiale, mondo del futsal. Adoro ricordare però, a questo tifoso prontissimo, a reclamare i suoi diritti di cliente che quando il servizio che gli viene offerto gratuitamente ha un problema, anche importante, un detto: “a caval donato, non si guarda in bocca”. I diritti di un cliente, si reclamano, quando si paga.

Vorrei tornare a vedere il pubblico sugli spalti, accalcato. Succedeva sapete. Lo ricordo il Papa Giovanni a Pescara stracolmo, oppure il Pala Roma. Nel “giardino che vorrei”, citazione letteraria ad uso e consumo di chi mi fa aspettare come una pigna in macchina perché fa lunghe telefonate ma mi dice che ha comprato libri.
Nel Giardino che Vorrei: più spazio per provare a contribuire a raccontare questo sport. L’acqua Lete, ma quella vera con le bollicine. Un gadget serio, come il mouse pad di qualche anno fa. Un DJ che non cerca di provocare la sordità ai pochi presenti in un palazzetto vuoto. Però bravo, la playlist mi è piaciuta moltissimo. Più accesso, anche con il Covid, altrimenti che l’ho fatto a fare il tampone? Meno monopolio, se possibile.

Se questo mondo è cambiato, se questo sport è cambiato. Devo cambiare anche io. Chi s’ostina a restare identico a se stesso, è destinato a soccombere. Ci sono occasioni straordinarie, possibili solo in momenti straordinari, come questo.
Ci vorrebbe un post come il Media Lab, dell’MIT. Forse però per uno sport minore basta anche un bar, una spiaggia e una birra.

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