Caffè Corretto

Caffè Corretto – Ovetto Kinder

Tra gli appunti per questo spazio, c’è scritto “Frosby, Serie A, Ritorno su AGS”. Frosby è il nomignolo del football americano in Italia, utilizzato come una crasi con il rugby con il quale viene spesso confuso.  Torna su AGS, sul suo canale YouTube, la massima divisione di questa disciplina. Sono passati otto anni, dal primo post di anygivensunday.it, una partita del campionato femminile. In campo Federica. Otto anni dalla prima diretta, le finali dei campionati di football americano a Milano, Velodromo Vigorelli. Trasmessa per conto del neonato iflmagazine, su un canale di Justin.tv che era diventato da poco Twitch. Ricordo anche il primo problema, migrammo su YouTube le partite successive alla prima. Per una questione di policy del portale. Ricordo sempre le sconfitte, più delle vittorie.
Ci sono tante similitudini con il futsal. Un glorioso passato negli anni ottanta, fatto di passaggi in RAI, di stadi pieni e di tantissime squadre. Il declino. L’uscita dal Coni e il tentativo di rientrarvi prima da disciplina associata. Tanti campanilismi, troppi personalismi. Un pubblico piccolo ma vivacissimo, forse troppo. Vecchie leve contro giovani leve.
Un racconto comune a molte discipline di nicchia e tutte che vogliono ritagliarsi uno spazio al sole, quello che irradiano sponsor e folle sugli spalti.
Troppe parole forse per salutare degli amici che tornano, per regalare al nostro pubblico uno spettacolo di massimo livello, diverso dal solito. Per rispondere alla vocazione di questo portale, offrire storie di sport. In campo due americani e un oriundo per squadra, oriundi. Suona così familiare.

“Ti ho portato una cosa”.
“Un ovetto Kinder di Pasqua”.
Un gesto familiare, nell’accezione di qualcuno di famiglia. Quella intesa non solo nel senso del sangue. La famiglia emozionale. Quelle che finiscono con il coinvolgerle tutte e due e alla fine intrecciarle.
Vorrei trovare le parole per spiegarvi perché per me il risultato sportivo è un corollario. Successivo alle storie delle donne e degli uomini che animano questo sport, anche quelle che ignoro. Qualche volta, per pigrizia.
Ci provo e poi desisto. Decido di riprovarci, una storia alla volta. La mia storia che finisce nel tessuto di storie di altri, ricamate di sport. La classifica, il risultato come sommario di eventi che si succedono, come indice. Dentro, pezzetti di vita raccolti seguendo l’invisibile filo del vissuto personale, delle sensibilità e forse dei sogni.
Le mie storie non sono mai davvero mie, sono delle persone che le condividono con me.
Filipa è questo. Un racconto per me meraviglioso, fatto di vita, di gol, d’occasioni mancate. Di vite perdute e ritrovate, di cadute. Fatta di fatica, nel corpo e nella mente.
Sul muro vanno via le mensole, fastidiose. Rimettiamo al posto le maglie, in attesa che arrivi quella del Cagliari, dall’isola. Forse sarà l’ultima? E’ quella della tua migliore stagione da quando hai attraversato questo angusto spazio del cuore e non sei più andata via. Va bene, così qualunque cosa accada.

Questa, è la mia storia.

La mamma di Sara. Tutto l’aiuto possibile. Perché quando c’importa davvero, ci gettiamo prima il cuore dentro un’impresa e poi tutto il resto. Lo spazio per quelli che credono, in qualcosa. Qualsiasi cosa.
Sara Iturriaga mi conduce fino a Sarah Kay. Sara il nome biblico, la donna che sarà capace di fare l’impossibile, anche se non sapeva come realizzare l’impossibile. 2011. TED.
Il potere della “spoken word poetry”. Le parole che risuonano, oltre.
Jean Luc Godard aveva ragione. “Una buona storia ha un inizio, uno svolgimento e una fine anche se non necessariamente in questo ordine:”
Le parole risuonano, toccando il cuore, la mente e talvolta tornano indietro. Basta questo. Una sola volta.
Quello che scrivo è quello che vivo. Non deve essere necessariamente pieno di sdegno, può essere divertente o pieno di dolore. Serio o sciocco.
“There’ll be like days like this, my momma said”
Raccontare è provare a capire. Non sempre ci riesco ma quel tentativo almeno mi lascia con una storia. Davanti alla quale mi presento con uno zaino pieno delle mie esperienze e dei posti in cui ho vissuto. Pronto per ripartire, in un nuovo territorio sconosciuto.

Il Generale.
Mi chiede almeno 50 volte: “Quando arriva Filipa” ma s’affretta ad aggiungere: “solo per sapere”.
Andiamo a fare colazione con lei. Una mattina uggiosa. Il Generale borbotta già da ore quando stiamo per uscire: “Siamo in ritardo”. Solo però nell’orologio del suo cuore.
Le nuove s’abbassano, portano la pioggia. Lui resta lì, non si muove. Devo quasi trascinarlo via.
Non ricordo le loro parole, solo gli occhi di entrambi.
Ci sono anche pantaloncini corti, i croissant ma solo di pasticceria, l’ottimo lavoro dell’estetista e il tempo che passa. S’incammina troppo veloce verso qualcosa.

Un bullone senza vita.
“There’ll be days like this, YOU said”
Gli abbracci e le lacrime. Forse qualcuno ha vinto, altri quindi hanno perso.
Ricordo il laterale della nazionale spagnola alla telecamera. Ricordo il sale sulle labbra, sugli occhi e negli abbracci.
Filipa che sale i gradoni con la sua maglia in mano. L’etichetta che penzola, lei che firma. Portiere di movimento.
L’abbraccio. Le lacrime che si mescolano ai sorrisi.
Senza l’obbligo di essere, sei diventata. Donna.
Le parole che abbiamo lasciato sulla carta sono diventate suoni, le abbiamo vissute.
Arrivederci sorellina.

Notte.
Per scoprire che forse quel pezzo di hardware è rotto, denaro che si dissolve, così senza poterlo impedire. Il tempo per scrivere a Leonardo che sto disegnando una maglietta con ricamata la scritta “Te l’avevo detto”. Ora che anche i Semen Milano si sono accorti come te che era meglio andare in diretta su Twitch. Scelte editoriali che sembrano scontrarsi con la ritrosia del tuo pubblico, che probabilmente è solo transitoria. Dei tuoi 835 spettatori in diretta, ne hai persi pochi cambiando piattaforma. Quindi lasciami almeno questa piccola gioia. “TE L’AVEVO DETTOOOOOOOOOOOO”, da almeno due anni.

Le mani aperte davanti a me.
Così non riesco a parare i colpi della vita, vero. Sono però più pronto a raccogliere le meraviglie che piovono dal cielo. Intrecciarle in storie, scrivere per non dimenticare, per restare uniti.
Per imparare che l’abilità di esprimersi, il coraggio di presentarle sono fondamentali per essere ascoltati.
Per raccontare una storia che solo noi possiamo raccontare.
Unica. Perché opinioni, idee, cambieranno il mondo.

Con lo zaino pieno di storie è già tempo di partire.
“There’ll be days like this, my mama said”

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