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Volley, Lara Lugli: licenziata e citata per danni perché incinta

Lara Lugli

L’otto marzo e lotto ogni giorno. Le mimose che ci hanno regalato riempiono ancora l’aria del loro profumo, mentre ci troviamo a parlare dell’ennesimo caso di discriminazione. Lara Lugli – pallavolista del Volley Pordenone (ora Maniago Pordenone, serie B1) – è stata citata per danni perché rimasta incinta. La denuncia su Facebook.
“Rimango incinta e il 10 marzo 2019 comunico alla società il mio stato, si risolve il contratto”, perché è così che funziona quando un’atleta non è professionista. L’8 aprile, purtroppo, la Lugli perde il bambino a causa di un aborto spontaneo. Successivamente, chiede al club di saldare lo stipendio di febbraio (circa 1000 euro) “per il quale avevo lavorato e prestato la mia attività senza riserve”. Ed è a quel punto che il club decide di citare per danni la giocatrice perché avrebbe violato il contratto firmato nel 2018/19 “vendendo prima la sua esperienza con un ingaggio sproporzionato e nascondendo poi la sua volontà di essere madre. Una scelta che ha portato la squadra a doversi privare di lei a stagione in corso, perdendo di conseguenza molti punti sul campo e infine anche lo sponsor”.

VALORI CALPESTATI La risposta della Lugli non si è fatta attendere: “Viene contestato l’ammontare del mio ingaggio troppo elevato, ma poi dicono che dopo il mio stop la posizione in classifica è precipitata e gli sponsor non hanno più assolto i loro impegni. Dunque il mio valore contrattuale era forse giusto?”. E ancora. “Chi dice che una donna a 38 anni, o dopo una certa età stabilita da non so chi, non debba avere il desiderio o il progetto di avere un figlio? Non è che per non adempiere ai vincoli contrattuali stiano calpestando i Diritti delle donne, l’etica e la moralità?”. “Se una donna rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo”.

ASSIST: CASO EMBLEMATICO Assist, l’Associazione Nazionale Atlete, scriverà al presidente del Consiglio, Mario Draghi e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, per chiedere “che cosa intendano fare per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli”. La situazione della pallavolista sarebbe infatti “emblematica – spiega Assist – perché l’iniquità della condizione femminile nel lavoro sportivo è talmente interiorizzata che non solo la si ritiene disciplinabile, nero su bianco, in clausole di un contratto visibilmente nulle, ma addirittura coercibile in un giudizio, sottoponendola a un magistrato, che secondo la visione del datore di lavoro sportivo, dovrebbe condividere tale iniquità come fosse cosa ovvia. In questa spregiudicata iniziativa si annida il vero scandalo culturale del nostro Paese, che è giunto al punto da obnubilare la coscienza dei datori di lavoro sportivi, fino a dimenticare cosa siano i diritti fondamentali delle persone. In forza di questa consuetudine le atlete degli sport di squadra o individuali, non appena incinte, si vedono stracciare i loro contratti, rimanendo senza alcun diritto e alcuna tutela. Ciò anche quando non vi sia in presenza di una esplicita clausola anti maternità che, prima delle denunce di Assist, era la norma nelle scritture private tra atlete e club“.

Fonte: SkySport

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