“Pensavo di dover iniziare chiedendo scusa per il mio italiano“.
Argentina, Mendoza, 1997.
Non aveva ancora capito Tamara che questa intervista sarebbe stata scritta e non in video.
La vedo, respirare profondamente, quasi sollevata.
“Sono nata durante un terremoto di 7.1 gradi della scala Richter“. Cerco su Wikipedia, “terremoto del Cile”, aggiungo la data: “14 ottobre 1997, ore 22:03”.
“Non credo sia a caso questa follia che sembra appartenermi“. In effetti non è da tutti nascere tra onde d’oscillazione di due placche tettoniche.
Figuriamoci quindi se l’italiano può costituire davvero un problema.
Una volta arrivata nel Bel Paese però, un ostacolo da superare c’è stato, oltre la lingua: il tipo di futsal. Si, perchè Tamara Falconi nasce come pivot nel campionato argentino AMF.
“Non mi piaceva la porta, o meglio, mi piaceva far gonfiare la rete non difenderne i pali. La vita però riserva sempre delle sorprese. Svolte improvvise che sembrano frutto del caso e invece diventano occasioni capaci di cambiarti la vita. “Il nostro portiere s’è trovato a confrontarsi con un infortunio. Mi è stato chiesto di rimpiazzarla fino alla fine del campionato poiché ero l’unica giocatrice a non aver paura della palla scagliata contro“. Aveva quattordici anni e tanta voglia di giocare, ha accettato.
“L’anno successivo ho ripreso il mio ruolo, ma sono passata da giocare quaranta minuti a calcare il campo solo per qualche minuto. A quel punto s’è insinuato un dubbio, ho iniziato a chiedermi cosa volessi davvero. Avevo una unica certezza. Volevo giocare, quindi sono tornata in porta e da li non mi sono più mossa“.
Dal campionato locale, alla selezione cittadina fino alla albiceleste e al mondiale disputato in Catalogna. “Si, ero quella ragazzina di un metro e sessanta a difendere i pali dell’Argentina“.
Titolo sfumato contro il Brasile di Da Rocha. Corsi e riscorsi storici. Già, perché domenica sarà proprio il Granzette della brasiliana, anche ex del match, il prossimo avversario delle rossoblu. “Però lei non mi ha segnato in quell’occasione e non lo farà neanche domenica“.
Che temperamento la ragazzina.
Per ogni storia c’è il suo tempo.
Ora torniamo in Argentina e all’eterna faida contro il Brasile. Non solo quello di Daiane.
Jessica contro Tamara, Pelè contro Maradona.
“Ma a me Maradona non piace” mi dice, anche se continua a discutere vivacemente con la sua coinquilina e compagna di squadra su quale Nazione sia meglio o peggio. Mentre chiacchieriamo le parole si trascinano fino a diventare discorsi, i discorsi diventano storie. Scopro che la disciplina con la quale ha intrapreso la sua avventura sportiva è la ginnastica artistica. Le chiedo come è arrivata al calcio. Semplice. “Mi piaceva. Ho provato tutti gli sport, dalla pallavolo all’hockey, ma quello che amavo fare era giocare a calcio anche se i miei genitori non hanno mai voluto. Ma fortunatamente mia sorella più grande ha scelto di intraprendere questa strada quindi non mi hanno potuto negare questa opportunità“.
Per fortuna aggiungerei.
Ecco che così, a ventidue anni, nell’agosto pandemico del 2020 è arrivata la chiamata del Futsal Femminile Cagliari. “Non ho mai avuto alcun dubbio. Ho accettato subito. E non mi sono mai pentita di aver fatto questa scelta neanche per un secondo, anche se visto il momento che stiamo vivendo si potrebbe pensare il contrario“. Le premesse erano delle migliori: entrare a far parte di una squadra importante, di una rosa importante, di un campionato importante, giocando con giocatrici importanti, con un reparto portieri nutrito e preparato e avendo come mentore Marika Mascia.
Questa stagione però le ha riservato fin troppe sorprese. Arriva l’esordio contro la Kick Off il 28 febbraio, prima gara dopo lo stop di quasi due mesi causato dall’insorgenza di tanti casi di Covid, in squadra.
Autentico battesimo del fuoco. “Fino a 5 minuti prima della partita non avevo idea che sarei scesa in campo da titolare. Certo era una possibilità, quindi nei giorni precedenti ho cercato di preparami per farmi trovare pronta. Ma l’emozione era veramente tanta“.
L’emozione della prima.
“I primi minuti sono stati difficilissimi. Avevo di fronte Vanin ed ero veramente ansiosa. Ho cercato di riprendere il controllo di me stessa, focalizzare il momento, trovando così la giusta concentrazione“. Esordio con sconfitta e 8 gol da raccogliere nella rete. A leggerla così sarebbe demoralizzante. “Per me non è stato così però. Certo avrei potuto fare meglio, di più, ma ero pronta anche ad un risultato di questo tipo. Avevo solo bisogno di rompere il ghiaccio e iniziare a giocare“. Neanche il tempo di riprendersi che è arrivata la sfida contro il Città di Capena. “Di questa partita sentivo forte la responsabilità, sapevamo quanto valeva ai fini della salvezza. Come contro la Kick Off, i primi minuti mi sono serviti per prendere confidenza ed entrare nella partita. Ho mantenuto alta la confidenza fino alla fine, non l’ho mai messa persa, nemmeno per un istante. Sono convinta, nonostante tutto, che abbiamo le qualità per fare bene, anche se i risultati ci danno torto. Stiamo riprendendo pian piano la dimestichezza con il campo, ritrovando la condizione fisica poco alla volta.
Il tempo e le circostanze non giocano a nostro favore ma, come in una partita, non è finita fino a che non è finita e finché non è finita è tutto possibile“.
Ventitré anni a la responsabilità della porta dell’FFC sulle spalle. “Devo ringraziare Marika Mascia per avermi insegnato tutto quello che so. Il Futbol Sala è uno sport differente. Per dinamiche e tecnica di ruolo. I primi mesi non riuscivo a farne una giusta, tornavo a casa dopo allenamento un po’ giù di morale. Marika mi ha aiutato davvero tantissimo, sia dal punto di vista tecnico che umano. Le auguro il meglio nello sport e nella vita“.
Abbiamo detto di corsi e ricorsi storici.
Si perché è tempo di pensare alla gara contro il Granzette.
Ricordate “Da Rocha non mi segnerà neanche domenica”? Se segnerà o no, lo scopriremo solo domani, ora c’è da sfruttare il tempo del sabato per preparare la testa e il cuore ad affrontare la gara nel migliore dei modi.
“Il fattore determinante sarà la nostra condizione mentale. Se riusciremo ad essere concentrate, in fiducia, giocando l’una per l’altra, l’una con l’altra, saremo in grado di vedere questa partita come una possibilità, un’opportunità. Siamo con le spalle al muro, non abbiamo nulla da perdere, possiamo giocare con la testa totalmente libera.
In questo modo arriverà il click mentale che ci farà fare la differenza. Credo in me e nelle mie compagne. Non lasceremo nulla di intentato, ne sono certa, daremo più di quello che abbiamo fino a che l’arbitro non fischierà la fine“.
