L’abbiamo vista poche volte all’opera, ma si è fatta ricordare. Soprattutto nel match con la Lazio: in uno scontro in cui è stata letteralmente presa di mira, Ilaria Grandi ha mostrato doti fuori dal comune, tanto da essere eletta nella Top Five della Divisione Calcio a 5.
“Ho pensato: “Finalmente!”. Non mi aspettavo di giocare titolare, è stata una bella soddisfazione e mi sono divertita tantissimo. Dipendesse da me, la rigiocherei anche oggi pomeriggio”, mi dice con un sorriso che conferma quel che si dice dei portieri, e cioè che siano personaggi sui generis.
“Ma nel mio caso il campo non è lo specchio della vita. Nel quotidiano sono il classico angioletto: tranquilla, paziente, sempre disponibile. Tra i pali, invece, viene fuori tutto ciò che nella vita privata tengo a freno: ho tantissimo istinto. Prima della tecnica, mi affido ai riflessi. E poi mi arrabbio tantissimo con me stessa se commetto degli errori, ma alle mie compagne cerco di trasmettere tanta tranquillità: che di fronte ci sia una squadra dell’asilo o il Falconara di Taty, il mio obiettivo è non prendere gol e devo riuscirci. Chi tira più forte? Vanin mi ha scaldato parecchio le mani contro il Kick Off, ma anche Iturriaga mi lascia dei bei tatuaggi”, sorride.
Anche in allenamento vale la regola dell’inviolabilità.
“Se le altre devono stare attente ai tunnel durante il “torello”, noi non dobbiamo incassare reti, altrimenti paghiamo pegno: un euro in un fondo cassa che inizia a diventare consistente. Appena sarà possibile, organizzeremo una grande cena e saranno soldi ben spesi”.
Siamo lontani dalla Catalogna, ma quando Grandi mi parla del Granzette mi viene in mente subito lo storico motto del Barcellona: “Més que un Club”.
“Questa non è una semplice squadra, ma una famiglia. È una differenza importante: di una squadra sei solo un componente, essere una famiglia significa invece essere parte, dando un pezzetto di te all’altro. Anche se oggi il percorso è complesso, ognuna di noi sta mettendo il 150%, più di quello che avrebbe, pur di migliorare se stessa. E non lo facciamo per la classifica, ma per arricchire un bagaglio che il prossimo anno tornerà utile, qualsiasi sia il contesto in cui saremo”.
Intanto, le neroarancio hanno preso di petto il testacoda col Falconara e (per la seconda volta) per poco non hanno centrato l’impresa.
“Sono sicura che se avessimo avuto un paio di minuti in più, un punticino l’avremmo strappato. È stata una bellissima partita, in cui ognuna ha dimostrato quanto vale, a prescindere dall’avversaria: loro fortissime, ma anche noi abbiamo ottimi elementi e siamo fiere di aver dato filo da torcere alla prima in classifica. Ora – continua Grandi – serve un’altra prestazione così col Montesilvano in casa nostra: dopo Falconara, siamo pronte ad affrontare le abruzzesi con più determinazione e poi ce la vedremo con Cagliari e Pelletterie, formazioni contro le quali scenderemo in campo per un solo risultato”.
Parliamo durante il tragitto tra una sede di lavoro e l’altra. Non ci sarebbero altri momenti nel corso della giornata, ma la giocatrice di Formignana (in provincia di Ferrara) è sempre stata brava a conciliare gli impegni – prima di studio, poi professionali – in modo da non intaccare la sua più grande passione.
“Gioco da quando ero all’asilo, ma a 6 anni ho trovato la prima squadra, accompagnando mio fratello ad un allenamento.
Mi hanno chiesto in che ruolo volessi giocare e io non ho avuto dubbi: mi piace molto correre e sono ambidestra, dico sempre a mister Bassi di provarmi nella mischia, ma non vengo presa in considerazione – sorride Grandi – eppure con la porta è stato amore a prima vista. Le proposte avute dal calcio a 11 non mi hanno dato la stessa emozione. Sono rimasta nel calcio a 5, per lo più nell’amatoriale, ma col Granzette ho fatto il salto di qualità dalla D alla Serie A”.
Nel mezzo anche una finale di Coppa Italia di A2: il risultato ha premiato la Virtus Ragusa, per Grandi – però – è arrivata la soddisfazione del premio “Sissy Trovato Mazza”, l’indimenticabile campionessa d’Italia con la maglia della Pro Reggina.
“E’ stato il primo riconoscimento da quando ho iniziato a fare sport ed è stato totalmente inaspettato: dietro c’erano stati sacrifici personali, ma mi è venuto spontaneo ringraziare Omietti, che mi aveva accolta a braccia aperte nel gruppo pur sapendo che avrei potuto giocare al posto suo”.
E’ così che fa una famiglia. E’ così che fa il Granzette.
Foto: Valentina Zanaga
