Estero

Leti Cortés: “Orgogliosa del Burela, unite nella protesta”

Burela

Sempre in prima fila quando si tratta di valori, anche Leticia Martín Cortés ha detto la sua su quanto accaduto sabato a Mostoles e sulla protesta del suo Burela davanti al fatto che la squadra di casa sia scesa in campo rifiutandosi di effettuare i test sierologici.
“Grazie alla battaglia condotta dalla AJFSF (Asociación de jugadoras de fútbol sala femenino), la Federazione spagnola mette a disposizione test rapidi che ci permettono di allenarci e gareggiare in massima sicurezza. L’obbligatorietà scatta il 14 novembre, per cui prima di questa data – in tutta legalità – nessun club è obbligato. Motivo per il quale possono accadere episodi come quelli di sabato. Ma la questione è: perché alcune società non hanno richiesto il test gratuito?”.

RISPETTO Quando hanno saputo che il Mostoles era tra queste, le orange si sono poste delle domande.
“Giochiamo o no? Usiamo la mascherina? Protestiamo? Offriamo loro i nostri test? Alla fine abbiamo deciso di giocare con la mascherina. Non sapevo se ne sarei stata capace, ma – grazie alla mia squadra – non ho pensato neanche per un secondo di togliermela. Mi sono sentita parte di una protesta, di una rivendicazione contro chi – pur potendolo fare – non ha avuto un minimo di empatia, responsabilità sociale e rispetto. Mi sono sentita orgogliosa del gruppo di persone che erano al mio fianco e mi sono sentita al sicuro: lo chiamano senso di appartenenza. Sembra esagerato? Ognuno avrò opinioni differenti, dipendenti dall’essere stato toccato da vicino dal virus o meno. Perchè le persone sono così. Va tutto bene, finchè qualcosa non ci tocca da vicino”.

LA PROTESTA Arrivate sul campo – continua Leti – abbiamo deciso di stare ferme per un minuto intero. Certe situazioni non possono passare sottogamba. Ho immaginato tutti gli scenari possibili, ma mai avrei potuto immaginare la situazione che abbiamo vissuto: giocatrici professioniste come noi che hanno dato le spalle a qualcosa di così umano come la lotta per la salute, la lotta contro un gruppo di ragazze per cercare di giocare senza rischi per nessuno. Mi sono sentita ferita come persona. C’è qualcosa dietro che da fuori non riesco a capire? Mi piace pensare di sì, perché non difenderei mai le mie azioni, se queste rappresentassero un pericolo per l’altra persona. Al termine della gara abbiamo pareggiato. Non ho sentito nessuna delle mie compagne fare riferimento all’uso della mascherina durante la gara come scusa per giustificare il risultato. Mi consolo con questo: con il nostro sforzo per un obiettivo comune, con il senso di appartenenza e con la consapevolezza di aver rappresentato tutte insieme che non tutto ciò che è legale va a tutti i costi difeso”.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top