Futsal

Granzette, Sara Iturriaga: “Il futsal è la mia isola felice”

granzette

Domenica di stop in vista, proprio quello che ci voleva dopo una sconfitta col Cagliari da analizzare in tutte le sue forme. Non un ko paragonabile ai precedenti e le motivazioni sono tante: i 19’ di vantaggio vanificati poi da una cattiva gestione del bonus falli, l’aver visto sfumare i primi tre punti possibili contro un’avversaria anch’essa in crisi di risultati e poi tutti quei “se” e “ma”, legati alle defezioni con cui il Granzette dovrà fare i conti ancora per molto.
Di appellarsi agli alibi, però, Sara Iturriaga non ha alcuna voglia.
“Dispiace perché questa volta siamo entrate in campo con qualche speranza in più data dalla classifica, ma la realtà dei fatti è che – per quanto sia stato grande l’impegno – abbiamo affrontato una squadra che nella ripresa ha dimostrato di essere superiore. Per noi è stata una “masterclass” dalla quale abbiamo imparato che il possibile non basta e che tutti dobbiamo migliorare ancora tanto. La promozione è stata qualcosa di grande, ora – però – ci aspetta un periodo di rodaggio: dobbiamo scoprire insieme cosa sia davvero la Serie A e adeguarci ad essa, a quel punto sì che potrà esserci qualche sorpresa”.

Gli anni di militanza ad altissimi livelli, non valgono come esonero per la spagnola che due anni fa – nello stupore generale – ha scelto di ripartire dalla A2 proprio col Granzette. Ed è qui che l’intervista, si trasforma in un cammino introspettivo nel quale entriamo in punta di piedi.
“Ho anteposto la mia felicità a tutto il resto. In quel momento era diventato tutto troppo pesante per me, sia a livello fisico che psicologico. Non ero più disposta a soffrire, ad essere costantemente sotto pressione, a giocare ogni domenica 40’ e poi – nonostante i 35 gol realizzati in un ruolo difensivo – avevo bisogno di ritrovare la mia autostima. Avrei potuto scegliere altre squadre di A lontane da qui, ma la mia vita personale e lavorativa è in Veneto. Qui sto bene, ho tutto ciò di cui ho bisogno”.
E i risultati sono stati specchio fedele di tanta serenità.
“L’anno della promozione è stato molto divertente: mi sono sentita gratificata, giocavo sena pensieri. A volte uscivo dal campo e pensavo che ero andata davvero forte – sorride -. In poche parole, il calcio a 5 è tornato ad essere quello che per me è sempre stato: un’isola felice che mi ha permesso di liberarmi di tanti pesi”.

Non a caso, insieme a lei il Granzette ha messo le ali e – per la prima volta nella sua storia – è entrato a far parte delle stelle del futsal.
“In realtà – confessa Itu – avevo detto che sarei rimasta solo per un campionato di A2. La mia idea era quella di rimanere in panchina e fare applausi alle mie compagne, mi credi? Avevo bisogno di riposo, ogni tanto. Poi, però, ho visto gli sforzi della società per allestire una squadra all’altezza: ci sono state tante conferme e sono arrivate Troiano, Famà, Pascual e Da Rocha, così ho cambiato la mia decisione”.
Un sì detto ad alta quota, per quella che Itu definisce “un’arrampicata continua, ma anche uno stimolo a migliorarsi giorno dopo giorno. Ogni partita diventa un’occasione per focalizzarmi su qualche tema tattico. Ad esempio, col Montesilvano, mi sono concentrata sulla difesa: fisicamente è dura stare dietro ad Ampi, ma ne conosco tutti i movimenti e ho tutto il suo repertorio di immagini in testa. Domenica, quando ho segnato, ho pensato a Pinto Dias: mi sono ricordata di un suo gol di punta a Mascia e allora ho calciato allo stesso modo, anche se non è quello che preferisco. Un pallone alto non avrebbe avuto effetto con lei”.

Un conto è la velocità di pensiero nella scelta di un passaggio a sinistra se a destra è tutto chiuso, un altro conto – invece – è invece la formulazione di un processo cognitivo basandosi sulla rielaborazione di situazioni di gioco passate da applicare al presente: la discriminante tra una buona calcettista e una calcettista eterna è tutta in questa zona di confine nella quale Itu si muove con padronanza assoluta.
“Ho sempre cercato di lavorare tanto su me stessa. Medito, faccio lunghe passeggiate in montagna o in qualche posto in cui ci sia tanto silenzio, cucino, suono l’ukulele e leggo. Uno dei libri più belli? “A tu per tu con la paura”, parla delle dipendenze. Io sono stata dipendente dalla paura di rimanere da sola, del bisogno materiale delle persone. Ora, però, non ho più bisogno di nessuno e chi ho scelto che ci sia, incrementa la mia felicità, aggiunge qualcosa di bello alla mia vita”.
E in questo il futsal gioca un ruolo importante.
“A 35 anni credo di essere in un buon momento di maturità e mi godo a pieno le piccole e grandi soddisfazioni, sia personali che di squadra. Una su tutte? Provo una grande emozione quando vedo le mie compagne affrontare a testa alta la Serie A. Fino all’anno scorso Andreasi mi chiedeva come fosse, oggi è un capitano orgoglioso che lotta con tutta se stessa contro ogni avversaria: per me è come veder crescere delle figlie, sono felice quando vincono le loro paure e fortunata nel poter maturare al loro fianco”.
Due destini che si sono uniti e che neanche il tempo potrà dividere.
“Quando sono arrivata in Italia, ti avevo detto che avrei fatto un’esperienza di un anno e poi sarei tornata in Spagna… – ride Itu -. Ora di anni ne sono passati già sette e il legame con questa terra si è rafforzato: ho un lavoro che adoro, quello di professoressa di educazione fisica in una scuola superiore, faccio lo sport che amo di più al mondo e mi sento in famiglia. Mi piace molto stare qui e sarà così ancora per molto”.

 

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

To Top