Calcio

Donatella Scarnati: da 90° minuto ai Mondiali di Calcio e oltre

Tante volte quando scrivo di sport, quando ho l’onore ed il piacere di intervistare i campioni dello sport e raccontare le loro storie mi coglie un senso di inadeguatezza se non altro perché io non sono un vero giornalista ma sono mosso solo e soltanto da una insana passione per lo sport in generale con un sentimento di ammirazione verso chi è riuscito, anche per una sola volta, a far issare il nostro tricolore sull’asta più alta dietro ad un podio.

Ed è con questa umiltà che ho voluto intervistare, ma oserei dire più che altro chiacchierare con Donatella Scarnati, un mito vivente del giornalismo sportivo, una colonna portante della redazione sportiva della RAI che ha fatto, e fa ancora oggi, la storia insieme a personaggi come “bisteccone” Galeazzi, Marco Franzelli solo per citarne alcuni.

La carriera di Donatella è iniziata nel lontano 1978 quando ancora non c’era internet, non c’erano i telefonini “con cui poter verificare una notizia ed una fonte. Era sicuramente un lavoro più pesante e molto probabilmente avremo fatto anche qualche errore in più. Adesso se abbiamo un dubbio andiamo subito a controllare e a verificare”. Un cambiamento ovviamente imposto dai social network che hanno influenzato ed influenzano il giornalismo da 25 anni a questa parte. Ma il giornalismo è qualcosa che parte da dentro. Mi piace come lo descrive Donatella, in maniera direi quasi romantica, e cioè come un “sacro fuoco che ti alimenta e che se non lo hai non puoi andare avanti. Il lavoro del giornalista ti succhia la vita. Non esistono giorni di ferie perché quando sei in vacanza tutto quello che ti accade intorno lo vedi con gli occhi ed il cuore del giornalista”.

Donatella, ricordiamolo, fu la prima donna ad approdare ad una trasmissione sportiva chiamata da un lungimirante Paolo Valenti a 90° minuto per commentare le partite. Nata a Cosenza, la Scarnati è sempre stata una appassionata di sport fin da bambina, amante principalmente dello sci e del tennis. In Sila lo sci andava moltissimo, ha anche giocato a calcio nelle squadre organizzate nelle scuole, grande tifosa del Milan, per le influenze avute dai parenti della mamma che erano di Milano, è andata spesso a S. Siro già da piccola. La passione per lo sport l’aveva portata prima ad amare la fotografia e poi a dedicarsi al giornalismo, non subito sportivo ma dedicandosi alla professione in generale occupandosi di cronaca e spettacoli per approdare allo sport in un secondo momento. Nel 1984, dopo aver avuto dei contratti a tempo determinato al Tg3 (non occupandosi di sport) ci fu l’assunzione al Televideo dove ci fu l’esigenza di avere una redazione sportiva per esigenze di pubblicità. L’allora direttore Giorgio Cingoli la assunse anche grazie all’esperienza pregressa avute con il quotidiano “L’Olimpico” iniziata nel 1977. Grazie al Televideo Donatella va a Città del Messico nel 1986 – ed ecco che nell’ascoltarla affiora tutta la storia – e nel 1988 arriva al Tg1 nella direzione sportiva dove conosce Paolo Valenti. Era un po’ il boom delle donne e nel 1989 entra a far parte di 90° minuto. Avere una donna non era così scontato ma allo stesso tempo, dice Donatella, “allora era anche tutto più facile”. Già nel 1978 con Mario Gismondi, ex direttore del Corriere dello Sport, si era creata una cooperativa con una squadra di giovani giornalisti di cui lei stessa faceva parte e veniva mandata a seguire le squadre di calcio negli alberghi dove si fermavano i giocatori che erano molto più avvicinabili di adesso. In un libro pubblicato dalla figlia di Gismondi in ricordo del padre, Donatella rivive quegli anni quando si potevano intervistare i giocatori di calcio come Rivera ed “entrare nella loro sfera privata”. “Calciatori che erano anche contenti di aprirsi, di non parlare solo degli aspetti tecnici”, tutto ciò quindi costituì un impatto positivo per una donna nello sport. Certo la trasmissione 90° minuto aveva 12-13 milioni di spettatori quindi “sapevi che non potevi permetterti degli errori dovendo andare in onda di fronte ad una tale audience. Alla donna che si occupa di calcio poi, che è lo sport per antonomasia in Italia,  non è concesso sbagliare e si deve preparare di più ed essere più precisa”. La redazione del tempo, che la stessa Scarnati definisce “fantastica” era formata da Fabrizio Maffei, Giampiero Galeazzi, Jacopo Volpi, Claudio Icardi, Marco Franzelli con Tito Stagno Capo Redattore. “Da tutti ho avuto ed imparato tanto, il Tito Stagno uomo della luna, da cui ho imparato il mestiere che vivisezionava ogni servizio e che prestava attenzione ad ogni particolare come la dizione, facendoti le pulci”. Oggi forse c’è meno rapporto umano ed “è tutto più difficile anche dal punto di vista economico, con colleghi che guadagnano solo 10 euro per un pezzo. Quando parlo con i ragazzi che si vogliono avvicinare a questo lavoro mi rendo conto di quanto sia complicato intraprendere questa carriera. Adesso per esempio in RAI si entra solo per concorso e con meno possibilità rispetto a prima rischiando di perdere per strada quei ragazzi che invece quel sacro fuoco ce l’hanno dentro”. La crisi della carta stampata ha acuito questa situazione dove oramai la notizia che leggiamo la mattina è già vecchia mentre resistono “le grandi firme, quelli che offrono degli spunti di riflessione autorevoli, degli approfondimenti che magari non si trovano su internet dove invece si recuperano le informazioni che poi produrranno la notizia che circolerà il giorno dopo”.

Ma il giornalismo, per quanto bello e avvincente, alle volte ha anche dei risvolti negativi come quelli successi a Rotterdam per la finale dei campionati Europei di Calcio nel 2000. Scarnati, insieme con i colleghi Mattioli e Scardina, aveva avuto “input dalla RAI di seguire un gruppo di disabili che sarebbero arrivati per seguire la finale in uno stadio per niente attrezzato. Iniziate le riprese i poliziotti olandesi si sono avventati contro Mattioli e Mauro Maurizi (operatore, inviato anche in teatri di guerra) arrestando poi tutta la troupe e portandoli via dentro i loro cellulari da cui sentivamo la telecronaca della partita in fiammingo. Per fortuna l’intervento del Presidente della RAI di allora, Zaccaria, fu risolutore. Fu una situazione molto difficile dove gli Olandesi dimostrarono tutta la loro inadeguatezza”. A questo triste episodio fa da contraltare la prima Olimpiade a cui ha assistito Donatella, a Barcellona nel 1992, con tanti successi nella scherma “con la pedana vicinissima e la possibilità di intervistare gli atleti direttamente sulla pedana, cosa adesso impossibile”. E ancora il Mondiale del 2006, “l’apoteosi per chi ama il calcio, per chi ha seguito tanti eventi”. Le vittorie degli atleti sono le cose più belle da vedere e raccontare, la fatica che fanno per raggiungere certi risultati, i sacrifici che fanno e le delusioni che attraversano. “Quando racconto e vivo questi momenti sono molto coinvolta emotivamente” dice Donatella.

Nel voler individuare quale donna dello sport abbia colpito Donatella durante la sua carriera giornalistica l’elenco si fa, inevitabilmente, lungo. Si va dalla Vezzali alla Di Francisca, dalla Compagnoni a Isolde Kostner, ma Donatella pone l’accento sulla amica Novella Calligaris che, nonostante il fisico esile in rapporto alle donne dell’est, riuscì a fare un record del mondo a significare “la grande forza interiore di una donna che ha potuto sconfiggere atlete sulla carta più forti di lei”. Sono “donne forti come Sara Simeoni, Sofia Goggia o Federica Brignone, le ragazze del calcio che sono riuscite ad andare contro ogni pronostico allo scorso mondiale. Ragazze che sono profonde, con grande voglia di parlare e che vogliono raccontarsi al pubblico”.

E parlando di interviste non possiamo non citare quella a Totti nel 2016, un vero scoop in un momento difficile per il calciatore. Fino a “qualche anno fa i grandi erano ancora avvicinabili, ho avuto un rapporto esclusivo con Roberto Baggio” – dice Donatella – “adesso stabilire un rapporto con i grandi calciatori è divenuto quasi impossibile. Mi piacerebbe fare un’intervista a Ronaldo o a Messi, ma andando oltre il solo calcio. Certo ottenere il sì ad un’intervista non era scontato nemmeno prima ma poi, quando c’era, il calciatore si apriva. Adesso tutto passa sempre attraverso la società che ha il controllo assoluto di tutto, con la precedenza ovviamente a chi paga. E quando si ottiene l’intervista magari si riduce a soli 10 minuti” A tale proposito Donatella ricorda l’intervista fatta al “primo” Ronaldo a casa del calciatore a Milano, cosa oggi quasi impossibile da r

ipetere. Da questi rapporti più stretti giornalista-calciatore è nato per esempio il libro, scritto a quattro mani con Marco Franzelli, su Pessotto e sulla tragedia che il calciatore aveva passato a causa della depressione. Un altro libro è stato quello su Mazzone per finire poi con quello su Del Piero che gli rilasciò una lunga intervista.

Verrebbe voglia di andare avanti e sentire ancora altre storie di sport che, raccontate dalla viva voce di Donatella, quasi si materializzano di fronte a me perché solo chi ha il “fuoco dentro” può coglierne l’essenza più profonda!

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