Sono le 22 di un lunedì sera di fase due. Oggi, per la prima volta dopo due mesi, ho varcato il confine tra Pescara e Montesilvano. Nella mia testa sono un’unica identità ma le linee di demarcazione geografiche hanno dato ragione al lockdown tenendomi lontana da quella parte di famiglia che vive al di là della sottile linea rossa.
Accompagnata da una tisana “favola di bosco” compongo il numero di Fili.
Filipa Alexandra Ferreira Mendes per quelli che vedono questa disciplina come presenze, gol segnati, minuti giocati, richiudibili in statistiche e numeri.
Dalla terra dei quattro mori alle rive dell’Adriatico per poi tornare nella sua isola. Si perchè la Sardegna è una seconda casa per Filipa e il Cagliari un porto sicuro di arrivo: “Sto bene Fede, da qui non voglio andare via, è come stare a casa“.
Così mi risponde quando le chiedo come sta. Non che mi stupisca, ho sempre saputo che, dal suo arrivo al Sinnai, Fili ha stretto un legame profondo con la Sardegna. Ma, oggi, in questa fine oramai imminente di campionato, è con i colori del Cagliari che ha preso il via una nuova fase della sua vita: “Non so cosa ci riserverà il futuro, guarda il coronavirus, non se lo aspettava nessuno. Quello che so però è che se non avrò la possibilità di continuare a giocare per il Cagliari, non giocherò per nessuno. Alla maglia rossoblu consegno la fine della mia carriera sportiva“.
Quantomai risoluta e determinata, la numero 8 del Vermoin, con la sua lunga coda castana e l’elastico sempre abbinato al colore della maglia, decide così, per telefono, con un’amica (i panni da giornalista mi sono tanto scomodi come scomodi lo sono per Fili quelli da intervistata) di mettere nero su bianco la sua dichiarazione d’amore verso il Futsal Femminile Cagliari.
“So che non è stata una stagione vissuta da protagonista, non nel senso generale del termine almeno. Non ho giocato molto, il lavoro mi ha impegnato gran parte del tempo. Non è un rimpianto, sono felice di avere la possibilità di costruire strade per quella che sarà la mia vita fuori dal campo. Non sono mai stata una sfegatata del calcio, ho sempre giocato per il piacere di farlo. Per questo sono più che soddisfatta di come sia andata la stagione fino allo stop imposto dal confinamento. C’è del piacere e soddisfazione nel giocare, certo ce n’è nel fare gol, ma fidati Fede, c’è soddisfazione anche nel permettere alla squadra di allenarsi nel miglior modo possibile. Per questo ho dato sempre il massimo, durante ogni allenamento e nei momenti in cui venivo chiamata in causa per giocare in partita.”
Quasi mi viene da pensare che sono i dettagli a fare la differenza, nella vita come nello sport e, forse, il dettaglio che si erge come pietra angolare nella decisione di Filipa di rimanere a Cagliari comunque vadano le cose, si chiama fiducia: “Sento che le persone qui si fidano di me, e non solo come giocatrice ma anche e soprattutto come persona. Credo non ci possa essere gratificazione più grande che essere riconosciuti degni di fiducia.”
In questi mesi in cui molte persone vivono la difficoltà del lavoro, Fili va controcorrente, impegnando le sue giornate con un’occupazione stabile, capace di spezzare la routine della solitudine da quarantena anche se, ammette “non ne ho sentito il peso. Sto bene da sola, posso dedicarmi ai miei interessi, condividere il tempo con chi lo merita davvero.”
So che le mancano gli affetti di casa, so che le manca la nipotina e mi meraviglio nel rendermi conto che oramai ha quasi due anni. Come vola il tempo Fili: “Loro sono la mia forza, li sento tutti i giorni. Tra una videochiamata e l’altra mi aiutano ad affrontare positivamente tutto ciò che mi accade. Mi mancano, è vero, ma per ora voglio rimanere qui, continuare a lavorare e riabbracciarli in estate.”
E’ spontaneo chiederle se non ha voglia di tornare a casa e costruire lì la Filipa 2.0: “Si, certo, prima o poi tornerò nel mio Portogallo, ma, sai com’è, sono mezza italiana oramai” mi fa sorridere “ed è qui che voglio rinnovarmi ancora una volta, così come è stato nella prima volta che ho messo piede sull’isola. Una nuova avventura, una nuova vita. Così come ho iniziato voglio terminare: nuova e pronta per costruire il mio futuro“.
Da giornalista, le pongo qualche solita domanda: “quale è stato il momento migliore della stagione” oppure “la soddisfazione sportiva più grande”. Fili odia farsi intervistare, lo so, me lo dice ogni volta che la avverto di un’imminente colloquio istituzionale e solitamente le sue risposte sono brevi e doverose. In questo caso però percepisco una tranquillità solare: “Fede, sicuramente la soddisfazione più grande è stata la qualificazione in Coppa Italia. E’ una competizione che conosco e che ho avuto la fortuna di vincere. Quell’emozione è indescrivibile. Mi dispiace davvero molto per come siano andate le cose, qui l’attendevamo tutti con trepidazione“.
Come ti capisco e vorrei dirti “a chi lo dici!”.
Avere il privilegio di raccontare quel tipo di competizione è un sogno che si avvera ogni anno.
Vorrà dire che custodiremo il desiderio per poterlo vivere con il favore della prossima stagione.
La nostra chiacchierata continua tra un sorso di tisana e qualche biscotto non troppo carico di grassi e zuccheri, che questa quarantena tira la linea del giudizio anche grazie alla “prova pantaloni”. Ripensiamo per un momento alle colazioni della domenica, alla casa vista mare con ingresso balcone e alle piadine con la nutella. “Fili, ma se dovessi dirmi quale è stato il regalo più grande che ti ha dato questo sport?” Forse la risposta la so già, ma sentirla mi piace, alimenta la speranza verso una disciplina attanagliata in giochi di potere ed interessi personali: “Daniela Ribeiro”
Legàmi.
Eccolo il cuore che si scopre, il nocciolo che non perde il suo calore, la polarizzazione necessaria alle lenti da vista per vedere oltre il torbido: “E’ lei il regalo più grande che mi ha fatto il futsal. Un’amica sincera, una compagna, una confidente, una sorella. Lei è sempre stata presente, nei momenti belli e in quelli meno belli senza mai giudicarmi. Ho sempre detto che non avrei mai fatto tatuaggi che mi legassero ad un’altra persona. Ma lei è speciale e avere la nostra amicizia tatuata sulla pelle continua a ricordami, giorno dopo giorno, che non esistono le distanze, che per quanto possiamo essere fisicamente lontane in realtà non lo siamo mai. Lei sarà sempre “per” me e io sempre “per” lei“.
Forse è tutto qua il segreto dello sport, vero nella misura in cui ci permette di creare legami che non stringono, leggeri e resistenti come il filo di una ragnatela.
“Fede si è fatto tardi e domani devo svegliarmi presto”.
“Tranquilla Fili, riposa bene”
“Ti voglio bene”
“Anch’io Fili, anche io”