Trick, skills, palleggi scendendo dalle sedie, slalom sulle mani in verticali, sombreri al fedele Ramsey e chi più ne ha più ne metta. La pagina Facebook di Roberta Diodato non lascia dubbi e fa probabilmente della laterale del Montesilvano la giocatrice più attiva di tutta la quarantena.
Nonostante i genitori l’abbiano da poco iscritta a danza classica, di tutù e pliè, Roberta, non ne vuole proprio sapere. Molto meglio la scuola calcio che ha iniziato a frequentare Fabio, il più piccolo dei tre fratelli Diodato. Le corse a perdifiato, la gioia di un gol: da dietro una rete, guarda gli allenamenti e sente il cuore che va più veloce. Nasce così la sua più grande passione, ma l’unico modo che ha per sfogarla, è giocare da sola lungo il perimetro del campo.
“Fatela provare un paio di volte – suggerisce un giorno il presidente -, tanto in mezzo ai ragazzini si stancherà subito”.
Così la mamma si lascia convincere, ma quella bimba – che oggi ha 26 anni e gioca nella Serie A di futsal – ha una volontà di ferro e dal pallone non si separerà più. Trascorre 6 stagioni in quella scuola che lascia solo quando l’età glielo impone.
Col fratello continua a giocare solo nei tornei estivi, ma ormai è diventata più brava di lui, tanto che a 14 anni vince il campionato di C da capocannoniere e, a soli 16, anni esordisce in A2 (con tanto di gol) con la maglia del Napoli e contribuisce alla conquista della Serie A, categoria nella quale giocherà per le successive due stagioni.
“Frequentavo il liceo scientifico sperimentale, uscivo alle 14:10 e alle 16:20 prendevo il treno da Salerno. Un’ora di tragitto ed ero al campo: mi allenavo, a volte anche in doppia seduta. Quando mi andava bene, tornavo a casa per le 22. Se perdevo il treno, invece, non rientravo prima di mezzanotte. Il sabato era giorno di partita e a scuola non andavo mai, la professoressa di educazione fisica, la Santangelo, mi ha aiutata tanto e ancora oggi la ringrazio. Lei ha capito subito la mia passione per lo sport: oltre ai tornei di calcio a 5 e pallavolo, in cui il mio forte erano i salvataggi con i piedi, ai giochi della Gioventù mi faceva fare staffetta, 100 metri e salto in lungo. Una volta ho partecipato anche ad una gara nazionale di corsa campestre a Vicenza: la resistenza non è la mia miglior arma, ma quando mi metto in testa una cosa…”.
E in testa c’è solo lo sport, qualsiasi tipo di sport. A casa ha un’infinità di medaglie e coppe. Non si tratta certamente del pallone Pallone d’Oro della sua compagna di squadra Lucilèia, ma sono il simbolo del lavoro che ripaga.
“Ho fatto piscina, sci nautico, basket e non vedo l’ora che aprano i campi sotto casa per prendere lezioni di tennis. Vorrei imparare anche a sciare sulla neve, cosa che non ho mai fatto. Da poco mi sono appassionata al jump rope (salto con la corda), qualche mese fa – invece – mi sono avvicinata al freestyle tramite l’accademia di footvolley di un amico, Arovetto: provavo un trick e mi riusciva”.
Come avrete facilmente intuito, però, l’amore più grande rimane quello per il futsal.
“Insieme ad Avoretto miglioro tanto la tecnica individuale, anche se so che il mio punto debole è ancora la tattica. A volte penso che se avessi lasciato prima il calcio, ora forse sarei ad un altro livello di preparazione, ma non mi pento assolutamente di quegli 11 anni su terra e erba che tanto mi hanno dato”.
Ma Roberta, ormai, è futsal dipendente.
“Guardo tantissimi video di approfondimento, cerco di fare mie le transizioni e le varie tipologie di difesa e attacco. E poi studio per la specialistica di Scienze Motorie: dopo il 20 maggio, dovrò sostenere due esami online, quindi non mi rimane molto tempo per il resto”.
L’ascolto e mi viene un po’ da sorridere pensando che nel resto, oltre alla mole di attività già elencate, ci siano anche gli esercizi a corpo libero, i più disparati giochi col pallone (compreso centrare un secchio posto a 10 metri di distanza, dall’alto di un tetto, colpendo la sfera con un’arabona), le lezioni di chitarra del sabato mattina e la visione delle immancabili serie Netflix. Insomma, proprio tutto, tranne l’economia domestica.
“Mia madre non mi sopporta più – dice quasi sussurrando. – Il motivo? Le faccio fare troppe lavatrici e, da quando sono tornata a casa non fa, altro che cucinare perché io mangio 10 volte al giorno”.
