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Natale a Liverpool

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Il Liverpool Football Club rappresenta una parte importante della storia della città, quando vinceva negli anni settanta e ottanta e anche nelle annate più recenti per lo più avare di emozioni. Certo due Coppe dei Campioni buttale via, ma stiamo cercando il pelo nell’uovo marcio.
Il Liverpool FC è anche molto attivo all’interno del tessuto sociale della città, perché spesso club e città si confondono, un po’ come accade ai Beatles.
Mi lega a quella città una donna, straordinaria.
Margaret.
Quel poco che so di inglese lo devo principalmente a lei, dispensatrice di lezioni di vita. Un po’ zia burbera un po’ insegnante severa. Le estati passate nella sua casa di Cheam (Londra) sono state parte integrante della mia crescita da adolescente ignorante e brufoloso ad adolescente ignorante e brufoloso ma che conosce l’inglese.
Ricordo ancora il disdegno con cui le dissi che tifavo Arsenal e mi presentai con la maglia.

Margaret è quella a destra a sinistra sua figlia Gianna. Sono sugli spalti di Anfield Road, sulla sinistra della Kop.
La loro è una storia di follia, di viaggi e di apertura al mondo che andrebbe raccontata, in una occasione diversa da questa.

In questi giorni Klopp e la sua squadra si sono recati all’Ospedale Pediatrici di Liverpool per una sorpresa anticipata ai pazienti.
Questa notizia è importante per molti motivi, lo è particolarmente per me.
Sono stato un bambino in un letto di ospedale, il giorno di Natale. Un periodo orribile nel quale coltivi la speranza spesso vana di tornare a casa per scartare i regali e invece niente.

Il Natale fa schifo solo se lo devi passare così, inchiodato ad un letto di ospedale, in giornate sempre uguali quando tutti intorno a te sono tristi e fingono di essere felici.
Ho giurato che se fossi sopravvissuto, se fossi uscito di li vivo non avrei mai più permesso che passasse un Natale senza albero, anche a costo di farlo in un garage. Senza lucette, ma tante lucette che quando s’accende l’albero s’abbassa la tensione delle altre luci in casa. Mai più un Natale senza cappello da Babbo Natale, senza letterina.

So bene che i giocatori di futsal anche maschile non sono così famosi da poter entrare in un ospedale ed essere riconosciuti dai pazienti, da essere i loro “eroi”. Sicuramente però tra le conoscenze di giocatori e giocatrici ci saranno bimbi che non passeranno un Natale come dovrebbe essere.
Invece di pensare a cosa porterà loro Babbo Natale, loro sperano solo di stare meglio, di non stare così male e di poter tornare a casa.
Ecco, per questo Natale fate un regalo al bambino che non sono più.
Giocatori e giocatrici, portate un sorriso e un regalo a quel bimbo che conoscete e che forse passerà il Natale a contare le gocce che cadono nella sua flebo.

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