Serie A

Aspettando Marcon: “Ho tanta voglia di giocare ma ogni cosa ha il suo tempo”

Il suo passato è colorato con le tinte bianco-verdi della Chapeco, il suo presente sono invece i colori rosso-blu del Futsal Femminile Cagliari, sebbene non possa ancora indossarli per contribuire a colorare la stagione delle isolane. Bruna Marcon, acquisto autunnale della compagine sarda, torna ad indossare gli scarpini -in attesa dell’esordio ufficiale in stagione- dopo un periodo dedicato allo studio prima e al lavoro poi: “Tornare al futsal giocato è davvero complicato – dichiara la brasiliana – Oltre alle difficoltà tecnico-tattiche derivanti dal periodo di stop, sento che il mio corpo non è più lo stesso di un tempo. Anche se sono anagraficamente ancora giovane, il mio fisico mi ricorda che il tempo passa velocemente rendendomi la vita sportiva un pochino più difficile. Ma anche questo fa parte del gioco e sentivo di avere ancora del tempo a disposizione per giocare. E’ così che è nata l’idea di tornare in campo. E’ ancora un periodo di riadattamento per me, ma sono sicura di poter tornare ad un buon livello quanto prima.”

Negli anni lontana dai campi, Bruna si è dedicata a costruire il suo futuro lavorativo: “Ho scelto di studiare per diventare fisioterapista. E’ una professione che adoro e che sono sicura mi darà tantissime soddisfazioni.” Ma se la vocazione è chiara, l’amore per il calcio a 5 è irresistibile: “Il futsal è parte della mia vita da quando sono piccola, è come un grande amico. Credo che averlo lasciato in giovane età mi ha dato la sensazione di non aver espresso il meglio di me dentro le quattro righe del campo da gioco. Se dovessi descriverla, ho come l’impressione che mi manchi qualcosa per sentirmi realmente realizzata come giocatrice. Per questo ho deciso di dare al calcio a 5 e a me stessa un’altra possibilità. Questa disciplina è capace di farmi brillare gli occhi ed è questo il posto giusto per me in questo momento.”

La gioia di tornare ad indossare i panni della calcettista si unisce al desiderio di giocare in Italia, sogno diventato realtà grazie al Futsal Femminile Cagliari. “Qui a Cagliari mi hanno accolto tutti molto bene fin da subito. L’inizio non è stato semplice perché, senza sapere neanche una parola di italiano è complicato esprimersi e farsi capire, ma la società e le mie compagne sono state sempre molto gentili con me e mi hanno fatto sentire a casa dal primo minuto. Ora va meglio, vado a scuola di italiano tre volte a settimana e trovo sempre un aiuto dalle mie compagne e, se ancora non riesco ad esprimermi bene, sono migliorata molto nella comprensione.”

Il percorso verso il rientro effettivo in campo passa anche da tanto allenamento e dal seguire e sostenere le proprie compagne durante le partite: “Questo è l’aspetto più difficile da affrontare. Soffro molto nel non poter dare il mio contributo in partita ma, allo stesso tempo, sono molto felice quando vedo in campo i frutti del lavoro che facciamo in settimana durante gli allenamenti. Seguo tutte le partite con molto trasporto e aspetto il giorno di poter scendere in campo al fianco delle mie compagne. Ma ogni cosa ha il suo tempo e, per il momento, il mio obiettivo è raggiungere la mia condizione migliore e questo è possibile solo continuando a lavorare.”

Un’altra difficoltà da affrontare per una giocatrice abituata ad un calcio a 5 di stampo brasiliano, è assimilare una nuova filosofia di gioco e di allenamento: “Da quello che ho visto finora, il gioco qui in Italia è molto più fisico che in Brasile, più intenso. Si cerca meno il possesso palla in favore di azioni più veloci. Il mister cerca di inserire movimenti offensivi che mi ricordano molto lo stile Chapeco ma la vera sfida per me è la fase difensiva, ci sto lavorando molto e sono sicura che riuscirò a metabolizzarla al meglio.” La differenza fondamentale però risiede nella diversa percezione della figura della calcettista: “In Brasile non siamo riconosciute come atlete e di calcio a 5 sicuramente non si può vivere. Questo è stato uno dei motivi che mi ha spinto a lasciare il campo da gioco. Qui in Italia è davvero diverso: siamo molto considerate e si può pensare ad un futuro all’interno della disciplina”.

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