
…con Antonietto.
C’è una chiesa gremita, Fede suona e non l’avevo mai vista così concentrata nemmeno prima di una partita e dire che suona in chiesa da sempre e grazie “nonnadiantonio” per averle messo pressione.
Il parroco arriva con un congruo ritardo convinto che la partita si giocasse più tardi e poi arriva anche il giocatore più importante vestito di bianco e Antonio l’aspetta a metà della navata.
Questa è una storia di vita che importa solo a quelli che c’erano e una storia di sport che ha esattamente le medesime caratteristiche.
Il sei luglio 2019 Karen e Antonio si sposano, e io che odio i matrimoni sono qui a festeggiare una storia che non è solo una storia di sport ma anche una di vita. Sei anni fa un gruppo di ragazze che di atletico avevano la voglia di competere realizzavano un sogno sportivo che nessuno ricorda a parte i presenti.
Un caldo assurdo, come quel giorno su quel campo spelacchiato di Ferrara quando Karen decide che il suo coach ha chiamato uno schema che non può funzionare e quindi corre dalla parte opposta realizzando la segnatura che regala alle Lobster Pescara il titolo nazionale. Niente di pomposo, una manciata di squadre a partecipare al primo campionato che sembra più un torneo e poi aggiungi tanti sacrifici.
Gli sport minori sono così, diventano qualcosa di personale perché in fondo a partecipare ci sono poche persone e ci si conosce tutti, anche le rivalità sono profonde quanto spesso insensate e mentre oggi si disputa la finale di prima divisione di football americano maschile qui nel giardino di Casale Marino fa caldo come quattro anni fa al Vigorelli all’una mentre si disputava la finale femminile di questo sport con le protezioni e la palla ovale.
Intorno al tavolo ci sono quelli che vedi troppo poco, quelli che vedi poco e quelli che vorresti frequentare di più se non fosse che la vita ci ha spediti in direzioni diverse e proviamo in tutti i modi di farle incrociare di nuovo.
C’è chi non ha passato l’esame e non si è nemmeno perduto tra le feste, c’è chi ha scritto un API ma non ha ancora i dati ufficiali, c’è chi invece s’è regalato una moto da 150 cavalli e prima di cavallo aveva solo quello dei pantaloni. C’è chi dovrebbe venire con me sulle montagne della Colombia e invece sente freddo in una farmacia e chi s’uccide oggi come allora in palestra e però gli anni passano e maledizione non sono più atletica come una volta. C’è il prototipo del “festeggiatore da buffet” e chi si sposa tra un po’ e chi l’ha già fatto, chi si ricorda un Celano in Serie C2 e chi suona a due passi da noi e inventa le parole in inglese.
Questi visi e questi occhi confermano quella sensazione che lo sport, quello minore tra gli sporti minori, rimane una questione di passione, di pochi soldi e di essere umani. Le loro storie personali e di quei fatti che se importano a noi e li raccontiamo, forse potrebbero importare anche ad altre persone.
Ci sono i ricordi, quelli noti a tutti e quelli noti solo a noi, questi ultimi ci legano in maniera indissolubile come tutto quel tempo investito a correre dietro ad una palla ovale con delle cuciture brutte nei parchi pubblici o sulla spiaggia.
Alla fine: “Grazie Karen”, perché anche intorno a queste due parole, s’avvolge una storia che dovrei raccontare ma non è questo il momento.
Fiori d’arancio e sfumatura a nero.
