Storie

La mia Alex Morgan

C’è una panchina, un paio di jeans consumati, una ragazza spagnola che gioca e uno sguardo rivolto lontano, forse verso casa, oppure verso quelle storie che sono solo sue.
Gli occhi come quelli dei fumetti giapponesi che ci puoi leggere una storia dentro, con quel pudore per la donna che appari e che chiedono il rispetto per l’atleta che sei diventata.
Una squadra dove non vincevi mai nulla, poi ti sei presa ogni centimetro di campo, fino alla maglia della Roja, anche se per un solo istante e l’inno nazionale che suona solo per te e questo mio spazio di vita che sarà per sempre anche un po’ tuo.

Alex Morgan
Jesus che a crederci può darti conforto ma se è tuo nipote allora quel 14 sulle spalle non è solo un numero e fa nulla se Alex Morgan indossa il 13. Giochi anche per lui, porti con te nel tuo cuore anche i suoi sogni. Ci sono persone che occupano uno spazio di vita più grande del loro spazio corporeo e che lasciano poi un vuoto che a riempirlo ci vogliono troppe storie e troppe notti.
Il Real Madrid, il campetto giusto sotto casa e quanta strada hai percorso credendo in un sogno.
Le telefonate della mamma che si chiede se sei scesa in campo, come hai giocato e perché non hai segnato.
La vita in una macchina, le valige che raccontano che per inseguire un sogno non puoi restare nello stesso posto e tu che ami il Belgio dove sono diventato un ometto come spiega ancora mia madre come se avessi ancora quattordici anni.
La tua corsa che sembra sempre affannata, i capelli che s’incollano in testa ma solo a fine partita e sei sempre l’ultima a mollare anche quando non c’è speranza.

Alex Morgan

Se ci credi tu posso crederci anche io, almeno per un po’ .
Sul suono della sirena, sul finire del tempo come il giorno in cui sei venuta al mondo e tutti dicevano che non sarebbe successo e invece eccoti qui, come Tim Tebow: “I’ll always use the negativity as more motivation to work even harder and become even stronger.” Così fai un po’ di pratica con il tuo inglese.
Tua sorella credeva in te già allora.
L’abbraccio in mezzo al campo è pieno di istantanee di vita coloratissime e private, di tutte quelle lacrime versate e quelle che sono scappate fuori ad ogni sconfitta.
La tua maglia sul muro e in fondo ovunque tu sia un via un pezzo di te rimane qui, come il suono della tua voce quando pronunci Perez e mi ricordo che c’è un pezzo di Spagna che chiami casa.
Cercando di usare al meglio il tempo che è rimasto sul cronometro, conservando un paio di segreti e cercando di conoscere quelli che restano, segnando sulla sirena anche senza esultare perché in fondo nessuno cerca di essere un eroe ma tutti cerchiamo di vincere, perché alla fine saranno quei ricordi felici a farci compagnia prima di andare a letto.

alex morgan

Quella sensazione di inseguire quei momenti che spariscono e diventano piccoli e lontani mentre sei indietro nel punteggio e il tempo s’avvicina allo zero.
Guardo verso il mare e penso che ora questo è anche il tuo mare, puoi andare lontano ma rimarrà sempre con te, con quella sua malinconia d’inverno e la sua gioia che esplode d’estate. Solo se gli resti vicino per un anno intero puoi capire davvero cosa vuol dire essere “gente di mare”.
Il cronometro segna 00.00 ma non ho sentito il suono della sirena, forse perché il mio cervello non l’ha registrato.
Ma ci sono ancora i tuoi occhi non saranno mai più belli di così, come su quella panchina, mentre racconti dei tuoi sogni con un filo di voce e condividi un pezzo della tua vita con me.
Grazie per avermi fatto riempire il mio album dei ricordi con tanti pezzetti di te.

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