Storie

Ma sono rossa?

Non si piange a colazione, non si piange nello sport e forse ormai dovrei aver capito che nello sport femminile questa regola non vale.
Il latte è quello giusto e la colazione anche, fosse per me andrei in piscina e qui si insiste invece a giocare un torneo. C’è anche la presentazione, quindi la cerimonia e fa un caldo assurdo.
Sul bus le ragazze ucraine sparano a volume “concerto dei pantera” musica autoctona rap, posso assicurare i lettori che il rap ucraino spacca ma ora temo che Putin invada Murcia per vendicare l’affronto.
Ci sono tutte le cose giuste, quelle dei tornei veri, seri e con solitamente i “maschi” in campo.
Sala stampa dedicata, zona mista per le interviste e ovviamente l’immancabile bar. Mattatrici all’arrivo delle squadre le ragazze della delegazione olandese, assolute protagoniste dei momenti di relax. Appunto amministrativo: se volete organizzare un torneo internazionale e non invitate una squadra olandese non vi lamentate se non vi crede nessuno, o quasi insomma in Ungheria sono un pò creduloni.
Tabellone elettronico funzionante, megaschermo e le manine di plastica fastidiosissime.
Le partite dal vivo sono più veloci, in un misto di fisica newtoniana e di teoria dei quanti, quel caos organizzato che piace tanto ai fisici e matematici moderni.

Russia avanti contro la squadra di casa del Roldan. La compagine che arriva dalla città di Pietro il Grande che per i nostalgici rimarrà sempre Leningrado, gioca un futsal essenziale, fatto di velocità e fisicità, controllano la partita e quando le spagnole pareggiano continuano a macinare gioco fino al raddoppio. Due tiri liberi calciati con una violenza inaudita riportano in vantaggio il Roldan e tre pere non sono tre meloni ma forse si può scrivere ugualmente. Ho scritto “inaudita” sinonimo di mai ascoltata, però lo schianto del pallone sui pannelli dietro la porta, in realtà si sente benissimo.
Due falli che innervosiscono l’allenatore venuto dal Baltico e all’improvviso noto che quando si alterano gli allenatori russi tendono tutti a sembrare il colonnello Lobanovs’kvj anche se il condottiero della Dinamo Kiev era ucraino ma allora erano tutti sovietici. La precisazione internazionale è un omaggio a Luca che segue con pedissequa attenzione anche il girone nord del campionato azero. L’allenatore di questa squadra di calcio a 5 venuta da est a tratti somigliava anche un pò Rudic (non ho voglia di cercare la c giusta) ma lui era jugoslavo fino al 1992 e poi croato, insomma spero di aver reso l’idea.

Lui allenava nella pallanuoto dove vinceva tutto anche le partite a briscola al bar.
Thiana ha qui quella che chiama la “sua” famiglia che è anche la sua squadra e intanto le cose si uniscono e si mischiano, passa anche in vantaggio questo gruppo di studentesse universitarie, marcatrice la numero sei. Come faccio ad essersene sicuro, ufficialmente? L’arbitro qui indica il marcatore al cronometrista, fine dei “gol” come quelli che segni quando passi per caso vicino ad uno che fa un autogol, vero Nona?
Giocano bene queste ragazze di Zagabria, sfrontate e senza paura. Timore anche per noi che tra un tiro scagliato dalle ragazze dell’Università di Poznan e quella della capitale croata possa arrivarci una pallonata, sui computer. Noi che siamo qui in un tavolo ad angolo, nell’angolo del campo. Mi sento come quando assisto alle partite di Silvia, m’accorgo di mancare di rispetto alle squadre in campo e di questo mi scuso, però qui il pallone sibila vicino alle nostre teste ma noi schiviamo che nemmeno quelli inseguiti dai creditori e dai fornitori.
Alla fine arriva la pallonata sul laptop di Federica e s’alza il grido “ve lo bucoooooooooooooooooooo sto palloneeeeeeee”.

Passano di misura le studentesse croate. Entra il Benfica di Fifò, che continua a crescere e sembra già più alta dello scorso anno quando già dubitavo fosse possibile essere così alti e coordinati allo stesso tempo.
C’è il parquet quello delle grandi occasioni, quello blu del colore giusto, sei telecamere, tre televisioni, diretta web. C’è la federazione nazionale spagnola, davvero e non sulla carta.
Benfica – Rotterdam.
Le ragazze delle aquile giocano con un nome sulla distinta e il soprannome sulle maglie, tutto bellissimo eccetto il fatto che capire chi è chi è davvero una impresa improba. Si gioca nella sola metà campo difensiva del Rotterdam, il Benfica preme costantemente, ne fa tre nel primo tempo e se fossero di più nessuno avrebbe nulla da dire. Ragazze esultate dopo il gol, almeno per i fotografi, così quando scegliamo una “foto esultanza” la troviamo facilmente, insomma più gioia meno aria triste. Gran portiere quello olandese sarà anche perché è stata l’argine principale contro la marea biancorossa.

L’ultima partita della giornata, in campo la squadra che rappresenta il campionato italiano. La sblocca Debora e poi da li anche la squadra sembra scrollarsi di dosso un lungo e faticoso avvicinamento a questa manifestazione. Antonella mette a segno l’ultimo, ora realizzo che ha un nome lunghissimo e visto che viene da Città Sant’Angelo siamo fortunati che non si chiama Ersilia o forse no, insomma con un tipico nome da “comare” di paese. Usciamo dal palazzetto alle 2230, la Juventus perde con l’Ajax e esce dalla Champions League, quella vera.
L’hotel ci aspetta con la cucina aperta, siamo stanchissimi tutti, gli atleti, i tecnici, gli addetti ai lavori.
La prima giornata di qualsiasi manifestazione è sempre la più difficile, ovunque e comunque.
Ospitiamo Silvia, il nostro appartamento ha una camera in più e il doppio bagno, lasciamo i computer accesi a scaricare dati, file e per monitorare l’impatto di una manifestazione come questa sul mondo del futsal nostrano, in quella bolla social dove la maggioranza è sempre silenziosa.
Dormiamo il sonno dei giusti, in realtà ridiamo un sacco prima d’addormentarci.
Ciao mamma, guarda come mi diverto.

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