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Palazzetti vuoti e Cattedrali piene

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Lo sport professionistico è spettacolo.
A cavallo di due secoli, grazie ad una inarrestabile innovazione tecnologica, ci siamo ritrovati con partite di calcio, basket, football americano, rugby, baseball sullo schermo ad ogni ora del giorno e della notte. Comodamente dal divano di casa posso seguire il Clausura argentino e la MLS senza nemmeno cambiare canale. Discipline che non sono nemmeno veri sport come lo spettacolo raccolto intorno alla WWE, diventano macchine da soldi, capaci di attrarre pubblico anche per eventi pay per view. La MMA ha soppiantato in pochi anni il business della boxe, potrei continuare con questi esempi ancora per molto, credo che questo elenco sia sufficiente per stabilire un punto di partenza.
Lo sport è intrattenimento.
Molte forme di intrattenimento posso diventare sport.
Vi sarà capitato di seguire tornei di freccette sulla piattaforma Sky?

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Il canale dedicato ai videogame?

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Ricordate quando solo una manciata di anni fa, molti allenatori per insultare i loro ragazzini ripetevano la frase “ecco vai a giocare alla playstation”?
Ora quei ragazzini probabilmente hanno abbandonato lo sport e tornando a giocare alla “playstation” sono diventati dei professionisti. Si, avete letto bene, PROFESSIONISTI.
I videogames sono diventati esport con giri d’affari milionari.
I palazzetti del futsal però rimangono desolatamente vuoti.
L’elemento che accomuna gli spettacoli sportivi di successo è la centralità dello sportivo, l’atleta come eroe, come pezzo centrale di una narrativa epica. Non importa che sia una storia di successo, tuttavia è fondamentale che sia una storia nella quale il potenziale spettatore possa riconoscersi.
Cosa accade spesso invece nello sport dilettantistico, in quello che si lamenta sempre di avere poca “visibilità”?
Mille figure s’aggirano intorno alle squadre, si muovono nell’ombra e cercano di mantenere il controllo del loro piccolo giocattolo. Non hanno nessun interesse ad ampliare il numero di investitori, di spettatori. Non è nel loro interesse attirare nuove risorse, preferiscono restare nell’immobilismo e sfruttare questa posizione acquisita per vincere qualche “medaglietta” e poi ergersi a profeti di sventura:

“questo sport non ha futuro, nel giro di quattro-cinque anni sparirà tutto”.

Ma non ne sono certo loro i responsabili.
Spendono migliaia di euro per attirare i migliori giocatori e poi passano la maggior parte del tempo a tenerli nascosti. Non permettono una decente trasmissione delle partite, perché ovviamente non hanno soldi da investire nella comunicazione. Uffici stampa sgrammaticati, approssimativi e spesso del tutto inutili.

Immaginate di comprare una Ferrari e poi tenerla chiusa in un garage umido, fatiscente per il quale nemmeno pagate l’affitto e raccontare in giro che in fondo si hai comprato una Ferrari ma non va più veloce della 500 Abarth del tuo vicino.

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“Il calcetto” è una religione laica che ogni sera in Italia vede svolgersi migliaia di “funzioni”. Partite cinque contro cinque su campi spesso all’aperto, con giocatori dall’età più disparate. Un intero esercito di “praticanti” che però si ben vede dal mettere piede in un palazzetto. Vi siete chiesti perché?
Non hanno notizia spesso, nemmeno dell’esistenza di una squadra nella loro città, di professionisti capaci di offrire uno spettacolo straordinario.
Uno sport senza visi riconoscibili è uno sport destinato a restare nell’ombra.
I Ronaldo (quello vero e anche quello portoghese), Cantona, Neymar, Pogba, citando a caso giocatori che sono anche personaggi, solo catalizzatori di passione da parte dei tifosi e volani per alimentare il business degli sponsor. Lebron James, Stephen Curry, Albert Pujols e Miguel Cabrera sono icone sacre di uno sport laico.

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“Ma in Italia non è possibile”. Bugia, accade già con il calcio.
“Si ma il calcio…”
Bugia, qualsiasi cosa vogliate usare per completare la frase.
Tre anni fa, non 100, 3, il numero che viene dopo il due e prima del quattro.
Lucca ospitava un gruppo di giocatori di League of Legend impegnati in un torneo open. Relegati in un angolo di una enorme tensostruttura chiamata “Padiglione Carducci”.
Uno sparuto gruppo di giovani e meno giovani, ragazzi e ragazze impegnate davanti ad una manciata di postazioni da gamer.

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Guarda bene queste immagini ora.
Anno del Signore, 2018.
La Cattedrale di Lucca.
Dodici telecamere. Una postazione dedicata per il commento. Due maxischermi, una marea di gadget gratuiti per gli spettatori, allenatori MICROFONATI (ma di questo parleremo in un prossimo pezzo ndr) e sul palco i migliori giocatori al mondo.

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Qualche anno fa questo mercato non esisteva, la ESL (la lega che organizza l’evento) ora conta otto milioni di giocatori attivi solo in Italia.
8,404,625 membri che hanno giocato 12,709,415 match in 104,577 tornei, al momento della pubblicazione di questo articolo.
Tornate alla frase precedente e rileggetela più lentamente.
Ora provate ad argomentare che non è possibile farlo per il futsal, per il softball, per il baseball, la pallacorda o il tamburello o il football americano in italia, aggiungete pure alla lista lo sport minore che preferite.
Nell’argomentazione vi ricordo che le bugie non contano, i fatti non corroborati da cifre nemmeno.

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Fatti come quelli che raccontano d’un gruppetto di ragazzi che con coraggio, i loro profili social e un “sitarello x” che leggevano solo loro, si sono gettati in un’avventura editoriale. Hanno trasformato una manciata di pagine web in una piattaforma d’informazione da 11mila pageviews giornaliere. Investendo soldi loro ma soprattutto tempo, preziosa e non rifondibile moneta che rende tutto possibile. Hanno ringraziato i loro lettori e anche i loro haters (“ciao pagliacci”) mettendo in pratica esattamente le idee che funzionano in altri sport, raccogliendo intorno al progetto le “penne” funzionali all’idea e sfruttando lo “storytelling sportivo” che tanto funziona dall’altra parte dell’oceano.
Quella della MMA, della WWE o della ESL è la migliore ricetta per trasformare e commercializzare uno sport, probabilmente non è nemmeno l’unica ma è quella che al momento funziona meglio.
Se dobbiamo copiare, facciamolo almeno da quelli bravi.
Come quelli di Players Tribune.

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