Storie

Fortnite e Aaron Hernandez

La scorsa settimana, per un brevissimo periodo di tempo il videogame “battle royal” Fortnite, se non ne avete sentito parlare probabilmente vivete in una galassia lontana lontana (semi cit.), ha offerto ai suoi giocatori la possibilità di acquistare come skin (abbigliamento cosmetico ndr) le maglie delle trentadue squadre della National Football League.
Possibilità limitata nel tempo ma che tornerà com’era prevedibile, disponibile nella settimana del Superbowl.
Non tutto è andato come previsto, in un gioco dove ci sono armi e maglie di giocatori di football i momenti imbarazzanti non possono certo mancare.
Non è tardato ad arrivare il soggetto che non solo ha scelto la maglia numero 81 dei New England Patriots ma ovviamente si è prodigato per mettersi in posa e scattare qualche screenshot.
Probabilmente questa combinazione di eventi potrebbe non suggerirvi nulla.

Permettetemi di raccontarvi una storia.

Nel 2010 i New England Patriots, la franchigia di Robert Kraft nessuna relazione con il noto marchio di condimento, scelse al quarto giro del draft, Aaron Hernandez, con la 113esima scelta assoluta. Nei due anni successivi insieme a Rob Gronkowski, hanno formato la coppia più dominante di Tight Ends dell’intera lega. L’anno successivo, la sua stagione da record per un giocatore nel suo ruolo contribuisce a trascinare la sua squadra al Superbowl 46.
Dopo una stagione stellare nel 2012, l’organizzazione decide di ricompensare il giocatore con un nuovo contratto. Il 27 Agosto i New England Patriots e Hernandez firmano un contratto che li legherà per cinque anni per un totale di 39.58 milioni di dollari. Ben 15.95 milioni sono garantiti e l’ex all-american riceve anche un bonus alla firma di 12.50 milioni. Si tratta del bonus alla firma più alto di sempre per un tight end nella national football league. I quaranta milioni di dollari di compenso sono il secondo contratto più oneroso di sempre accordato ad un tight end, primato che deve lasciare al suo compagno di squadra Rob Gronkowski’s che registra un contratto da 53 milioni di dollari.
Nell’estate del 2013 tutti i timori che si erano addensati intorno al giocatore dai tempi del college diventano reali. Hernandez viene arrestato per l’omicidio di un giocatore semiprofessionista, Llyod che ha l’unica colpa di frequentare con la sorella di Aaron. Ucciso in una cava poco lontano dalla casa del giocatore, l’accusa riesce a dimostrare il collegamento tra l’arma utilizzata per l’omicidio e il giocatore dei Patriots. Immediatamente rilasciato dall’organizzazione, viene infine condannato nel 2015 all’ergastolo senza possibilità di libertà sulla parola.
Si uccide in prigione nel 2017 dopo essere stato scagionato da una seconda accusa di duplice omicidio e poco prima dell’inizio del processo di appello sul caso Llyod.
Ho visto giocare Aaron Hernandez, quando vestiva la maglia dei Gators, per l’Università della Florida, nel 2008.

In una squadra di talenti assoluti: Percy Harvin, 22esima scelta assoluta al draft, Tim Tebow, 25esima scelta e vincitore del trofeo Heismann, Joe Haden, settima scelta assoluta. Solo per citare quelli che ricordo a memoria. Quella squadra capace di vincere il titolo BCS (il campionato di college) battendo una squadra come gli Oklahoma Sooners dotata probabilmente anche di più talento individuale. Ecco in quella squadra brillava la stella di Aaron Hernandez.
Non doveva essere “così forte”, non aveva l’altezza giusta, il peso giusto. C’era però qualcosa in quel modo di giocare, oscuro probabilmente ma assolutamente puro. Difficile spiegare come sia possibile accomunare due parole così diverse eppure quella combinazione gli permetteva di dominare sul campo e nelle occasioni più importanti come il BCS Bowl.
Un ragazzo che ha usato il suo talento nello sport per tentare di fuggire dai suoi demoni, quelli che però porti dentro prima o poi tornano a farti visita e chiedono il conto.
Dover ricordare l’omicida Hernandez al fianco dell’atleta Hernandez è uno di quei momenti dolorosi per un appassionato di sport come me.
Un caso di humor nero, forse. Se ne incontrano spesso nel mondo dei videogames.

Un piccolo incidente per una partership tra la Epic Games e la NFL?
Certamente l’episodio ha riportato all’attenzione del pubblico un caso che nessuno nell’ambiente vuol ricordare. Resta però il forte legame commerciale che lega il mondo dei videogames a quello degli sport. C’era già stata una iniziativa analoga durante l’ultimo mondiale di calcio, il football per il resto del mondo, passato per ovvi motivi quasi inosservato in Italia. La FIFA e la EPIC Games, la software house titolare titolare dell’IP (Intellettual Property) del gioco, avevano distribuito skin con le maglie delle nazionali che hanno preso parte al mondiale in Russia.
Il confine tra quello che consideriamo sport e quello che è sport continua ad essere più labile, vorrei riuscire a raccontarvi com’è essere appassionato di entrambi i mondi quando questi diventano una entità unica.

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