Calcio

Ad ognuno le sue vittorie, ad ognuno le sue sconfitte

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Personalmente quello appena trascorso non è stato un gran weekend in termini di risultati.
È la quinta giornata del campionato di Serie A, al comunale di Figline Valdarno arriva la Roma.
La classifica vede le giallorosse ancora a zero punti, alla ricerca del primo risultato utile della stagione, il Florentia le guarda dall’alto, a 7 punti di lunghezza, ma lasciatemelo dire, chi valuta i valori in campo in base alla classifica, di pallone capisce ben poco, soprattutto dopo sole quattro partite (tre nel caso della Roma), penso.

Alla vigilia noi siamo ben consapevoli del valore dell’avversario, e sappiamo che, nelle prime gare, soltanto il perfetto mix tra un calendario impegnativo e un pizzico di sfortuna, ha relegato la squadra della capitale all’attuale situazione di classifica.

Non giochiamo bene, forse non giochiamo proprio, penso.
Potevamo forse passare in vantaggio con un’occasione mandata sul palo da Hjohlman…colpa degli attaccanti.
Potevamo evitare il gol subito allo scadere della prima frazione…colpa dei difensori.
Potevamo…penso, potevamo, è vero, ma non credo lo avremmo meritato.
Buddhastyle e di nuovo senza punti stavolta.

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Foto Florentia CF

La verità è che perdiamo meritatamente a prescindere dalla cronaca e dagli episodi, meritatamente perché la Roma, pur non brillando, dimostra di essere più squadra di noi, più compatta, più ordinata, più organizzata.
Prova a giocare a calcio, riuscendoci più o meno bene e a tratti.
Proviamo a reagire è vero, tardi, con foga, con orgoglio nel secondo tempo, ma non basta, non può bastare e non basterà, penso.
A questo punto, dovrei dirvi che il Milan vince a Verona sotto un nubifragio e si aggiudica la vetta solitaria della classifica, che il Tavagnacco supera il Bari al novantesimo, che la Fiorentina espugna il campo del Sassuolo o che il Chievo vince in trasferta ai danni dell’Orobica, ma sono sincera, non me ne può fregare di meno dei risultati delle altre partite oggi…

Odio perdere.
Odio perdere e odio quando succede in un modo che ti lascia un sapore di non dato, di intentato, in bocca.
Odio perdere non tanto per l’atto di perdere in se quanto per l’umore e gli strascichi che mi porto dietro nei giorni successivi.
Ho passato anni interi a rovinarmi le domeniche e i weekend per colpa di questioni di calcio andate male, chiamiamole sconfitte, e sabato a Figline al triplice fischio ringrazio Dio nel sapere in tribuna mio nipote.
Menomale, penso, nell’alzare lo sguardo, cercarlo, trovarlo e fargli cenno di venire verso il cancello.
Menomale perché so che lui oggi sarà la cosa bella che mi permetterà di non sprofondare nel mio malumore “pallonaro” post sconfitta.

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Negli anni si cresce, ci si impara a conoscere, e si costruiscono delle scialuppe di salvataggio per le proprie derive.
Diego negli ultimi cinque anni è sicuramente la più efficace: mi viene incontro sempre felice e orgoglioso, lo prendo in braccio e mi viene sempre in mente una frase grazie alla quale una persona tempo fa riusciva a riportarmi immediatamente a riva :

“Cioè stic…è pallone!”

È pallone davvero, penso, è soltanto una partita di pallone.
“E’ solo una partita di calcio” lo dice anche chi, prima della gara, dentro lo spogliatoio, cerca di infondere serenità e di stemperare la tensione in noi giocatrici. Lo dice si, ma sono convinta che anche lui non dormirà sonni tranquilli se le cose poi non andranno bene.

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Foto Florentia CF

Domenica sono in tribuna a Montesilvano, arriva lo Statte, mi auguro stupidamente e inconsciamente di assistere ad una rivincita dopo la delusione patita ai Playoff l’anno scorso, e invece niente, weekend storto, lo Statte sotto di due reti ribalta il risultato e ancora una volta ci festeggia in faccia.

Esultano le giocatrici rossoblu, esultano con cori e abbracci e sbuca anche uno striscione, “come se avessero vinto la Champions” dice qualcuno, è vero, penso, forse è un po’ esagerato per una “semplice” partita ma rifletto sul valore di una vittoria, su quanto può essere soggettivo e su quanto le cose cambino in base al punto di vista dal quale le osservi.

La verità è che per loro, è stato come vincere la Champions evidentemente, e il loro esultare è come sale nella ferita delle sconfitte, perché brucia e ricorda che forse quella non era una partita da perdere.
E te ne stai lì e pensi con un sottile senso di superiorità “guarda se queste devono esultare così per una semplice partita vinta” ma la semplice verità è che stai rosicando.

È il sapore amaro della sconfitta, è la scialuppa che inconsciamente cerca di tenerti a galla nonostante stai andando sotto.
Forse avranno pensato qualcosa del genere anche le giocatrici della Juventus, sabato, al termine della gara contro l’Atalanta finita 1 a 1, nel vedere, ci metto la mano sul fuoco, le avversarie esultare come per una vittoria.
Perché alla fine lo sport è così, ad ognuno le sue vittorie, e ad ognuno le sue sconfitte, penso.

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E se guardi un po’ oltre il tuo naso , ti rendi conto che la vittoria e la sconfitta possono essere concetti estremamente relativi, e soggettivi sopratutto, comunque non identificabili banalmente con il semplice risultato.
Quel pareggio può essere una vittoria e può essere una disfatta.
Questione di punti di vista, penso, ma siamo tutti inesorabilmente ed inevitabilmente a fare su e giù sull’altalena del risultato.

È lunedì, il weekend sportivo si è concluso, ognuno a far fronte ai suoi malumori e alle sue sconfitte, ma dall’alto di un Monastero, nella notte fiorentina, con il panorama di una Firenze illuminata dalle luci della città, riecheggiano da un cellulare le note e le parole di uno stornello in romanesco, l’inno di una squadra di un quartiere popolare.

La mia amica ci tiene a farcelo ascoltare, ci racconta le origini e la storia di quella squadra, la prendiamo in giro mentre cerca il pezzo su youtube, ma io so già che sarà qualcosa che lascerà il segno, come ogni volta che lei decide di condividere qualcosa.

“Quello era calcio, quello era ‘n gioco, fatto pe’ sta insieme ed era il meglio risultato”

Penso a quando ero piccola, e scendevo sotto casa con il pallone, sull’asfalto, la porta era il muro ed il campo un parcheggio, passavo i pomeriggi a giocare con i miei fratelli e gli amici, e su una cosa rifletto in particolare… quando rientravo a casa, la sera, non me lo ricordavo mica se avevo vinto o perso.
Penso a quel tempo. E mi manca un pò, penso.

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Foto iogiocopulito.it

Ora che non sopporto nemmeno di perdere nelle partitine all’allenamento, e su questo tutte le mie compagne di squadra presenti e passate possono testimoniare.“se vinco io non si fa male nessuno” dicevo ad Aline l’anno scorso durante gli allenamenti , scherzando si ma poi nemmeno troppo.
Che cosa è successo nel mezzo? Tra quel tempo e questo? Mi chiedo.
E come si fa a recuperare quello spirito?

“Daje San Lorenzo, damose ‘na mano, che comunque vada la vittoria è ciò che semo… Come un grande sogno, che oggi va difeso, resteremo uniti, e per questo vinceremo”

Con quelle note in sottofondo nella notte si crea qualche secondo di impercettibile magia e sento inspiegabilmente addosso l’orgoglio di quella realtà, oltre i risultati, oltre la prestazione, oltre gli errori, oltre le ambizioni personali, e la invidio.
E vorrei essere io con la chitarra e la voce rotta a cantarla alla mia squadra con quello stesso amore.

Mi sento stupida improvvisamente, per tutte le volte che lo dimentico, quello che serve, quello che è essenziale, come va vissuto questo splendido microcosmo chiamato calcio.
E lo so che è un’utopia per una come me che vorrebbe sempre vincere ma per un attimo è bello fare finta che non sia così, perché nel mondo in cui sa trasportarti la mia amica “Jole” non c’è bisogno di nessuna scialuppa di salvataggio e con lei sembra sempre tutto assurdamente possibile, ogni volta, e allora mi sorprendo a pensare che forse ha proprio ragione quando dice che “il problema del calcio è che si parla solo di calcio”

Chissà che alla fine la soluzione non sia davvero dimenticarsi di tutto e ritrovarsi di nuovo bambine, sotto casa o al “campetto” a rincorrere un pallone, senza ricordarsi, la sera, chi ha vinto e chi ha perso.
Ed eccomi qua, che mentre lo scrivo già penso : “si però se vinco io è meglio!”

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