Futsal

Un senso a questa storia

Quando finalmente l’auto si ferma e posso abbracciare Nicola Ugolini che ci accoglie nella sua casa sportiva, capisco che abbiamo fatto bene a scegliere di venire a Terni, oggi (che in realtà è già ieri). Il CLT é una realtà sportiva immersa nel verde, in cui si respira tranquillità. Le persone che incontriamo ci stringono forte la mano e ci guardano negli occhi dicendo “benvenuti”, sono felici di farci girovagare per un posto di cui abbiamo solo letto. Questi sono i campi, questa la piscina, queste le foto in bianco e nero dei campioni del passato. Fede osserva i quadri appesi al muro: “ho capito perchè questa città sforna tanti talenti”.

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Il secondo abbraccio è con Eleonora e quella che ci apre con generosità è la casa vera e propria, quella fatta di quotidianità, di ottimo pollo con le patate, carbonara, libri e vino. Ma di sport c’è comunque tanto: una maglia di Totti sulla sinistra, il libro del Pupone (sempre lui) che ci guarda dall’alto pronto a richiamarci con un “Aò”. E poi attestati di ogni genere e tipo. C’è chi racchiude tutta la professionalità del mondo in quei pezzi di carta. Nicola invece non ci bada neanche e ci riunisce sul divano per il primo aperitivo che possiamo condividere con calma. Quando ha iniziato a passare le notti appuntando schemi sui post it – ci racconta – era operaio in una fabbrica, in pratica la carriera di mister è iniziata come “secondo lavoro” direbbe chi giudica l’altrui competenza in base ad una triste scaletta mentale basata sull’ordine cronologico degli eventi. Nicola è quell’allenatore che ha gli occhi lucidi se ti riassume una partita, quel figlio che non vede l’ora di raccontare tutto al padre nel cuore della notte anche se le sue parole devono coprire una distanza che sembra infinita, quell’amico che vedi poco ma sai che c’è.
A fine pranzo, incontriamo una delle tifose che l’anno scorso non riusciva a stare un attimo ferma sugli spalti. Ci dice che oggi non verrà, che la partita la guarderà da casa. Inutile insistere, l’appuntamento è al bar vicino al campo intorno alle 21 e qualche ora prima ci separiamo.

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Entriamo al PalaDiVittorio con l’accredito ottenuto grazie alla Divisione Calcio a 5, è la prima volta che ci capita una cosa simile (è la prima volta che il tesserino da pubblicista mi torna utile!) e per come sono fatta basterebbe questo per trascorrere la domenica in montagna o al mare, che ancora si sta bene. Ma c’è chi ci ha chiesto di esserci e non lo deluderemo.
Mauro e Fede vanno verso le panchine come loro solito, stavolta può entrare solo uno di loro. Disposizioni, un termine che contiene già la radice del termine “dispotico”. Etciù, dev’essere allergia. Sulla parte più alta delle gradinate, dovrei avere una postazione che non c’è: non solo non c’è la postazione, non c’è proprio nessuno. Solo un giornalista ternano che perdo di vista poco dopo. Attacco la spina che rimane tesa per raggiungere il PC, poco dopo passa un signore che involontariamente tira il filo. Si scusa, ma il danno è fatto. Non ce l’ho con lui, ce l’ho con l’organizzazione e me la prendo con il primo ternano che passa (scusa ancora Stefano). Marika Mascia mi chiede se voglio una bottiglietta d’acqua, non fa niente declino ringraziandola. E mentre il palazzetto fatica a riempirsi – com’è diversa l’atmosfera rispetto a gara-1 delle finali scudetto – le formazioni prendono posto davanti alle telecamere di SportItalia.

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In pochi minuti il Montesilvano è sotto: la rabbia di Vanessa è contagiosa. Una doppietta, un assist e una conclusione al volo che finisce fuori di qualche centimetro scaldano la voce del ruggito rossoverde, ma Dayane è lì davanti come un cobra. Un morso nel primo tempo e uno ad avvio ripresa. Il tris lo sfiora di destro dalla distanza, la traiettoria non è quella che avrebbe sperato e impreca con se stessa. Qualcuno dagli spalti la insulta, si fa con tutti quelli più forti. Non ricordo particolari complimenti rivolti ad Ibra, da parte di un avversario. Il numero 30 non dà peso a nulla. Sono i suoi gol – invece – a pesare. Sta per ripartire come ha chiuso, penso: con tante reti e una vittoria in Supercoppa. Stesso discorso vale per  Cortes, che prima della compagna, va via a Roda, prova il sinistro nonostante il palo sia coperto e piega le mani e Dal Pizzol che poco dopo sbaglia anche su Dayane. Errori di gioventù che capitano, il portierino del ’99 avrà tutto il tempo di riscattarsi. Ma per la Ternana oggi finisce qui. Gli ultimi 10′ scorrono via con un’altra traversa a referto da parte di Elpidio e poco altro.

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Al momento della premiazione, il PalaDiVittorio è già quasi tutto vuoto: la Ternana offre il “pasillo” alle nuove campionesse applaudite dai fedelissimi biancazzurri che sono lì per vedere quella coppa alzata ancora una volta – per la quarta volta – da capitan Alessia Guidotti. Fossi stata io mediocre come lei. Le ultime interviste le terminiamo a luci spente, un po’come questa giornata che passa via senza le giocate di Cely e poco di quello che abbiamo vissuto in qualsiasi altra gara: gli abbracci, i sorrisi, gli scambi che non hanno mai colori di maglia. La bellezza del futsal per noi è avere una piccola famiglia in ogni luogo d’Italia. Ogni volta che Mauro e Fede sono tornati da Terni dopo aver visto una partita “X” è stato questo che mi hanno trasmesso: il senso di appartenenza ad una storia che nasce in un pomeriggio qualsiasi e hai la fortuna di coltivare nel tempo. Sarà per la prossima volta. Molte birre più tardi riprendiamo la stessa via imboccata dalla Supercoppa: salutiamo Nicola, Gabriel, Sabrina, sua figlia e un gattino cui abbiamo trovato casa. Ho una foto per ricordarmi una volta in più di voi, sulla didascalia avete scritto: “il migliore fra gli uomini é colui che arrossisce quando lo lodi e rimane in silenzio quando lo diffami”. Aggiungiamo solo grazie, siete stati il senso di questa giornata.

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“I galloni d’un giornalista, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono i lettori, tutto il resto è un tradimento del mestiere”. (Indro Montanelli).

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