Nel 2012 l’avrò intervistata decine di volte. Impossibile fare altrimenti, perché Alessia Catrambone segnava sempre. Non nel senso di “tanto”, ma proprio nel senso di “ogni maledetta domenica” di campionato, che poi era il primo di Serie A. Per molti dei nomi già conosciuti nel futsal di un certo livello, la parola d’ordine era stata adattamento. Per molte, ma non per lei, che si era subito cucita addosso il vestito che tuttora le sta meglio: quello di bomber.
“A quanti gol vuoi arrivare?”, le ho chiesto più o meno a metà di quella stagione.
“50 potrebbe andare bene”. Traguardo raggiunto con lode: 51 e un collage-regalo (uno dei più belli ricevuti da quando scrivo) a ricordarci la strada fatta insieme. Lei sul campo, io al computer.
Erano gli anni di una Jordan fatta grande proprio dal pivot di Crotone che una volta ho avuto il piacere di accompagnare nella sua terra per un esame universitario. Ancora non sapevo che l’avrei vista molto più spesso – qualche mese più tardi – a due passi da casa, con la maglia del Montesilvano. La stagione dopo – nella Virtus Roma – sarebbe diventata il “Re Leone”, soprannome che si è portata dietro anche nell’Olimpus e nella Lazio. Anche in A2 – categoria che ha scelto dopo la rottura del crociato – la chiamano così. Dal 2012 ad oggi ci sentiamo meno, ma non con meno affetto e sempre in momenti importanti. L’altro giorno, durante una chiacchierata in chat, esce fuori un numero che faccio fatica ad immaginare: 214 gol segnati nei campionati nazionali. Prenoto un’intervista, ma il tempo di chiamarla ed il numero è già da aggiornare perchè nella goleada all’FB5 ci sono come al solito due graffi dei suoi. 216. Compongo in fretta il numero e rimango in attesa della sua voce, prima che il pallottoliere impazzisca ancora.
“Cosa significa per me questo risultato? Una vita passata ad emozionarmi e ad emozionare le persone che mi vogliono bene e che mi sono sempre state vicino. Da quando ho imparato a giocare a calcio a 5, ho sempre voluto giocare avanti: è quello il mio habitat naturale. Il primo gol in A è arrivato contro il Trinkria, ma quello che ricordo con più affetto è stato con il Montesilvano: semifinale dei play off scudetto, 1-0 con lo Statte“.
L’ha decisa lei. E come quella tante altre volte, perchè ci vuole costanza per essere la più prolifica giocatrice italiana. “Anche se vivo di gol prima davo meno importanza a tutto, adesso hanno un sapore diverso: dopo la rottura del crociato sono stata messa a dura prova come giocatrice e come persona e mi accorgo che ogni gol non è mai scontato, c’è un quadro ma anche una bellissima cornice che è data dal lavoro fatto in settimana. Non puoi mai sapere come andrà la vita: ogni passo avanti, mi dà un motivo in più per essere fiera del mio cammino”.
L’ultimo messaggio prima di entrare in campo è per chi ci ha creduto insieme a lei.
“Scrivo sul gruppo della famiglia e mia sorella gemella, la parte più bella di me, è la prima che mi risponde. Ma accanto ho anche chi non c’è più, non a caso esulto con un bacio verso il cielo: vola dritto verso chi mi indirizzata verso il calcio a 5. A volte mi capita anche di incrociare gli indici, un gesto che per me simboleggia i legami, quelli che restano, quelli che non vanno via all’improvviso: sinceramente avevo smesso di festeggiare in questo modo perchè non ci credevo più, ma ho ripreso all’inizio di questo campionato dopo aver ritrovato un biglietto di una mia ex compagna. L’ho visto come un segno per ricominciare a credere che le cose belle possano esistere ancora, anche dopo i momenti di difficoltà. In A2, poi, riesco ad apprezzare ancora di più i valori che mi hanno spinta a fare di questo sport la mia vita: discrezione, umiltà, dedizione”.
E quella buona dose di orgoglio che le ha permesso di non mollare mai e ancora oggi la porta a ruggire in campo con la Coppa D’Oro Cerveteri.
“L’obiettivo è vincere la Coppa Italia perchè è la competizione più bella da giocare e puntare in alto anche in campionato”, insieme ad alcune delle persone con le quali ha iniziato ai tempi della Jordan (Scerra e Bennardo) e con il sostegno di chi la stima in campo e ancora di più come amica.
“L’unico rimpianto in questi anni è forse quello di aver trascurato il mio lavoro, ma questo sport mi ha dato indietro qualcosa di unico: persone sincere che oggi sono la mia famiglia fuori da Crotone”.