Futsal

DreamFive/Dueville, 4 chiacchiere con Omar Dal Maso

Prima vittoria nel campionato regionale e conseguente primo accesso alla fase nazionale del campionato Juniores. Per il DreamFive/Dueville (distinzione obbligatoria per distinguere il percorso amatoriale da quello compiuto sotto l’egida della FIGC)  va in archivio un anno memorabile, chiuso però con un po’ di amaro in bocca. Ne abbiamo chiesto di più ad Omar Dal Maso, stimato giornalista e anima del club vicentino, che ci ha concesso una lunga chiacchierata sul movimento giovanile, prima di tornare con dovizia di dettagli sul meccanismo della Final Four, formula sulla quale – almeno per per quanto riguarda le neroverdi – sembrerebbe esserci stata poca trasparenza.

In passato ti sei definito come allenatore/animatore, come mai questa definizione?
“Ottima memoria. Si tratta di una provocazione più che altro, sortita dopo una polemica tirata fuori da non ricordo nemmeno chi in Veneto qualche anno fa. Si contestavano i presunti (parole loro) allenatori, non forniti di patentino, in particolare nei settori giovanili. Il risultato? Chi chiacchierava ha disperso squadre, giocatrici under 16, isolandosi e ritrovandosi con poche o pochissime tesserate. Altri invece in silenzio hanno continuato a fare inconsapevolmente da “animatori”, andando nelle scuole gratuitamente, organizzando campiscuola (definizione non casuale) con il futsal come attività perno e costruendo anno dopo anno squadre in più categorie, attirando nel calcio a 5 circa 100 bambine e ragazzine ora adolescenti e quasi adulte che hanno vestito la maglia Dream Five prima e Dueville ora in quattro anni”.
Giusto o sbagliato questa è la nostra storia. Acquisire competenze è importante, aggiornarsi e tenersi sul pezzo altrettanto. Basta che ci siano le condizioni tecniche per farlo, e magari un domani un corso allenatori di c5 apposito per i settori giovanili. Ma in entrata, e parlo di età 8-12/13 anni, mi sono man mano convinto che è più importante saper essere animatori prima che tecnici. Dalle mie parti ho visto gente parlare di 4-0 e portiere di movimento a ragazzini e ragazzine di 10-12 anni. Che, poverini/e, non sapevano ancora stoppare di suola o fare un passaggio a due metri. Chi fa più male al movimento tra tecnici ambiziosi “patentati” che vogliono dimostrare chissà che all’esterno oppure “animatori” che accompagnano la crescita di un – futuro – atleta offrendo loro divertimento senza pressioni eccessive? Serve il giusto mezzo. Far divertire, far capire certi valori, saper interfacciarsi con i più piccoli con il linguaggio giusto. Quanti sono in grado di farlo? Io mi chiedo ogni giorno se sono in grado, e insieme a me le ragazze che ho allenato negli anni e che ora “restituiscono” il tempo a loro regalato in passato, regalandolo a loro volta alle più piccole. Approfitto per ringraziare Irene prima fra tutte, ma anche Serena, Sofia e Natasha e altre che in passato hanno sposato questo “credo” come Anto, Silvia, Debora e Francesca.
In questo, vista la mia “carriera” come animatore parrocchiale precedente, sono stato facilitato ed è proprio così che mi chiedono prima di tutto le famiglie: non di ‘creare’ fenomeni da nazionale o da serie A per forza, ma di contribuire attraverso lo sport a far crescere delle ragazzine coltivando una passione, imparando i valori del gruppo e del sacrificio. Poi se sono brave tanto meglio. E se così non fosse non avremmo tanti “avvoltoi” di altri club intorno che le lusingano ogni estate”.

Che anno è stato per il Dream Five/Dueville?
“Ti rispondo citando il momento più bello e quello più brutto: il top quando una juniores di solito terrorizzata dai palloni alti ha segnato un gol di testa, nella finale di Coppa Veneto a maggio. Io mi sono messo le mani tra i capelli, lei non ci credeva e mi guardava ridendo abbracciata dalle compagne. Per tutti noi valeva come se avesse segnato in rovesciata. Non faccio nomi ovviamente (ciao Melissa). Il più brutto? Le sconfitte aiutano a crescere e non le considero momenti così neri dopotutto. C’è stato un allenamento in cui una nostra atleta, esempio di grinta e passione, da tempo infortunata, mi ha detto che non avrebbe più potuto giocare per l’aggravarsi dell’infortunio, lo scorso gennaio. Lì è stata dura. Proprio ieri è tornata in campo per la prima partitella, ora la aspettiamo più forte di prima.
In generale è stato un anno fin troppo impegnativo, ma a conti fatti posso affermare che le intuizioni della scorsa estate sono state indovinate. Purtroppo, ogni anno è un terno al lotto in sede decisionale. Rispetto alle premesse (o promesse?) iniziali in Veneto abbiamo disputato un campionato Juniores, finalmente, e questo grazie prima di tutto ai vivai che hanno accettato la proposta di trasportare l’attività in ambito Figc dall’ambiente amatoriale, da dove abbiamo ricreato il movimento giovanile in condizioni più elastiche dopo la tabula rasa degli scorsi anni. Ad agosto, sulla parola, dovevamo ritrovarci in sette squadre, non male come ripartenza dopo tre anni di vuoto sostanziale a livello juniores. Di fatto due non si sono viste, il Città di Thiene ha rinunciato dopo l’iscrizione, la Fenice si è ritirata a metà stagione. Peccato perchè la prospettiva di sette team è ben diversa da quello che poi si è realizzato, poi anche il Real Grisignano non si è presentato alla coppa regionale in primavera e quindi abbiamo concluso in tre e, al di là di chi si aggiudica un trofeo, abbiamo vinto in tre (Dueville, Futsal Breganze e Futsal Giorgione) perchè siamo arrivato coerentemente fino in fondo. Troppo poche le partite disputate in ambito giovanile, e troppe volte con le stesse “facce”: basti pensare che il derby Dueville-Breganze si è disputato per sette volte in questa stagione tra campionato, playoff, coppa in girone e poi in finale, tanto che io e Gianni – dirigente della juniores del Breganze – abbiamo concordato di sentirci solo telefonicamente perchè stanchi di vederci…
L’intuizione giusta è stata partecipare parallelamente ad un torneo contro formazioni adulte, con altra denominazione, che ci ha permesso di crescere in agonismo e prepararsi per affrontare lo sport da adulte, già a partire dalla prossima stagione.
Infine, la tribolata partecipazione alle fasi nazionali Juniores, la prima in assoluto e da unico team senza “prima squadra” nel lotto delle migliori, ci ha arricchito. Lo consideravamo una sorta di premio alle ragazze ma le due battaglie con Ternana e Dorica Torrette ci hanno sorpreso, visto che ce la siamo giocata con entrambe, e dato una direzione per il futuro, sia in positivo per alcuni aspetti che in negativo per altri”.

L’assist lo accogliamo di buon grado per parlare del Dueville nel “nazionale”: il triangolare di qualificazione vi ha sbarrato la strada, ma c’è una sorta di “giallo” emerso sui social. Puoi spiegarlo meglio?

“Ho espresso il mio disappunto per come è stata gestita la fase di qualificazione, si poteva e doveva fare di più in termini di comunicazione e trasparenza. In Veneto abbiamo concluso il minicampionato il 18 febbraio 2018, sapevamo di dover attendere le altre regioni. A metà marzo ho inviato una mail per avere indicazioni riguardo le date delle fasi finali, da sempre organizzate in un week end unico tra fine maggio e giugno. Mi risposero che non c’era ancora nulla di deciso e che sarei stato il primo ad essere informato in caso di novità. Un mese dopo, a metà aprile, con la massima serenità ho chiesto nuovamente aggiornamenti. Non ho mai ricevuto alcuna risposta. Non volendo apparire invadente, con serenità ho atteso notizie. Alla fine sono stato l’ultimo.
Da ambienti vicini alla Divisione trapelava che le fasi finali si sarebbero disputate con la formula della Final Eight o Final Six in uno dei primi week end di giugno. Ok, informazioni ufficiose ma in linea con le edizioni passate, logiche e credibili.
Di conseguenza ci organizziamo, “prenotando” le ragazze che, frequentando le scuole superiori, sono impegnate tra gite all’estero ed esperienze in stage in primavera. Inoltre nel nostro piccolo prepariamo un piano di preparazione fisica per farci trovare pronti nel momento cruciale, tra fine maggio e giugno. Poi dal nulla assoluto, giovedì 3 maggio, leggiamo un comunicato in cui si parla di un’ulteriore fase di qualificazione, a partire da appena 10 giorni dopo (Ternana-Dueville in programma e disputata domenica 13 maggio).
Lì per lì, presi dal gestire nel migliore dei modi una trasferta inedita per una società che nel c5 gestisce solo il settore giovanile, ci impegniamo in questo senso, attivandoci subito, rimanendo perplessi per le tempistiche con cui sono state cambiate – e comunicate – le carte in tavola, mutando formula e date rispetto alla consuetudine.
Poi abbiamo giocato le nostre gare, anche se a ranghi ridotti – magari lo stesso è accaduto alle campionesse di Umbria e Marche che abbiamo affrontato – perdendo, sia chiaro sul campo, un diritto che credevamo già acquisito a disputare le finali che, fino al dessert del pranzo del 3 maggio, io, lo staff, ogni giocatrice e ogni famiglia del Dream Five considerava già acquisito, quasi da tre mesi fra l’altro.

Abbiamo perso 4-1 con Ternana dopo che nel primo tempo siamo andati al riposo sull’1-1, e poi 3-2 con la Dorica dopo che a metà gara conducevamo 2-1. Più brave le avversarie, più allenate e con una mentalità più matura. E va bene anche così anche se un pizzico di rammarico rimane. La “beffa”? Venire a conoscenza dai dirigenti incontrati che a loro era noto in anticipo di alcuni giorni sia la nuova formula che le date e a quanto pare le stesse società qualificate avrebbero espresso una preferenza riguardo alla formula da adottare, in anticipo.
Coinvolgere le squadre qualificate nelle decisioni non è uno scandalo, anzi, ma perchè nessuno ha chiamato in Veneto né per chiedere un parere né per informarci? Siamo rimasti molto delusi da questa condotta e sono affiorati alcuni ragionevoli dubbi. Non pretendevamo altro che uguale trattamento e magari trasparenza. Fra l’altro, non sarebbe stato male informarci del sorteggio per gli abbinamenti, una “tragica fatalità” la trasferta più impegnativa toccataci in sorte – 1000 km tra andata e ritorno con una settimana di preavviso –. Di professione faccio il giornalista come sai, ho avuto un po’ di prurito in quei giorni. Secondo me si è persa un’occasione per avvicinare la politica sportiva allo sport giovanile praticato, ricordiamoci che la prima deve essere al servizio della seconda e non viceversa, non esistono sudditi ma tutte le componenti devono dialogare e collaborare”.

Il movimento giovanile al femminile sta comunque continuando a crescere: la Final Four ha offerto una finale di alto livello e del prossimo anno dovrebbe partire Coppa/Campionato Under 19. Impressioni?

“Basti pensare che domenica scorsa ho saltato il pranzo pur di vedere la finale in streaming, e chi mi conosce sa che si tratta di un evento, pari forse alle semifinali raggiunte da Cecchinato al Roland Garros. Scherzi a parte la ripresa della finalissima tra Ternana e Lazio è stata formidabile, con colpi di scena e stravolgimenti che avvicinano a questa disciplina, e infatti voglio far vedere il filmato alle miei atlete. Serve di più visionare video come questo che partite di serie A in cui si possono ammirare stelle internazionali del calcio a 5, perchè queste ragazze juniores sono come loro! Coetanee e connazionali. Ragazze come Angeletti e Grieco devono essere il vero spot…
Riguardo all’altro tema… Sono perplesso. Già il fatto che si parli di campionato/coppa è emblematico. Siamo al 7 di giugno e ancora non si sa nulla di preciso. Sia chiaro che apprezzo la volontà di riformare e dare una svolta, ma deve esserci chiarezza e bisogna fare le cose per tempo. Se compatibile per costi e tempistiche, comunque, per il bene delle ragazze, noi ci saremo per quest’esperienza e speriamo di non essere gli unici nel nord Italia.
Esempio: noi che in estate dovremo fare delle scelte perentorie come possiamo conoscere le condizioni solo con il comunicato del 1 luglio? L’Under 19 deve essere considerata un’alternativa all’iscrizione ad altre competizioni oppure una sorta di “bonus”, un qualcosa di parallelo? In ambito regionale entro metà luglio dovremmo decidere se partecipare alla serie C o a questa piattaforma ancora misteriosa? Troppa incertezza. Le condizioni devono essere note a metà stagione almeno, altrimenti per le poche associazioni che si danno da fare nel giovanile sarà sempre improvvisazione perpetua, che contrasta con i principi della stessa Divisione che ci chiede di programmare, pianificare e fare passi misurati. C’è da riflettere sulle tempistiche e, in ultima analisi, io preferirei confermare per l’ultimo anno il format Juniores nel femminile vista anche l’esiguità di squadre su scala nazionale, anche se ben venga una Coppa interregionale da inserire, come sembra dalle ultime notizie.
Una raccomandazione: attenzione al ventaglio dell’età: far giocare gente di 19-20 anni con 14-15enni è nocivo per la maturazione delle atlete, e non parlo solo di fisicità ma anche sul piano psicologico. Per questo sono contrario alle fuori quota in “eccesso”, sembra che le ’99 non debbano mai uscire dalle squadre giovanili (battuta) e non vorrei che ci ritrovassimo anche stavolta a scimmiottare le dinamiche del maschile, in cui in Under 19 si vedono in campo brasiliani e spagnoli importati a 18 anni. Conosco le regole, ma ha senso permetterlo tenendo conto delle peculiarità e dei numeri e delle risorse in seno al femminile?”

E nel regionale, in Veneto, quale lo stato di salute e le prospettive?

“Ho già risposto all’inizio dell’intervista. Qui i segnali sono pessimi, è difficile essere ottimisti. Il Comitato Veneto sembra ben disposto ma se le società non si muovono non c’è futuro per questo sport. Io sono storicamente sempre stato contrario all’obbligatorietà dei settori giovanili a pena di multe risibili, perchè ritengo che è giusto lavori con i giovani chi è determinato nel farlo e non per costrizione. Però, a forza di perdere ragazze per strada perchè l’ambiente offre scarsi stimoli, non ci sono campionati giovanili, vederle passare al calcio a 11 dove invece si sta lavorando al galoppo ad ogni livello e soprattutto in Veneto, c’è di che cospargersi il capo di cenere e prendere solo il calcio rosa ad esempio. Dieci anni fa, in Veneto, era l’esatto opposto, un travaso di atlete dai campi verdi all’indoor che negli ultimi due anni si è ribaltato. Nel mio primo anno da allenatore (e animatore) con le Juniores eravamo 12 squadre, il problema? Troppe partite ed eravamo la locomotiva d’Italia insieme al Lazio… Basta questo per tracciare l’elettrocardiogramma del movimento giovanile rosa?
Per fortuna c’è chi tiene duro. E, pur se vengo tacciato di essere arrogante – preferisco autodefinirmi “baruffante” -, credo che rendere note problematiche e criticità serva per migliorare e crescere. Mi arrogo – sempre per rimanere nel campo semantico dell’arroganza – questo ruolo, visto che di persone e personaggi che elogiano sistematicamente tutto e tutti e s’inchinano spesso e volentieri, beh, il calcio a 5 ne è già colmo”.

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