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Chiedi chi era Wilma Glodean Rudolph

Come un germoglio sul davanzale la mattina, anzi no, come un’ alba dopo la tempesta, no no, come un tramonto mentre abbracci tua madre che appoggiata sulla tua spalla versa una lacrima di affetto, ecco si questa è la similitudine che più si avvicina al viso delicato, alla voce dolce, al sorriso splendente ed alla bellezza di Wilma e soprattutto all’amore di una madre che lotta, mettendo da parte se stessa e la sua stanchezza perché vuole vederti splendere.

In questo caso la bambina si chiama Wilma Glodean Rudolph, chissà quanto hanno impiegato i suoi genitori a scegliere il suo nome visto che il 23 giugno del 1940, quando Wilma apre gli occhietti è la ventesima di quelli che saranno 22 figli.
Non navigano di certo nell’oro a casa Rudolph, ma i genitori sono due onesti lavoratori che tra mille difficoltà riescono comunque a portare sempre qualcosa a casa da mangiare, con fatica certo ma anche con la fierezza di chi ha spedito in un nuovo mondo 22 anime candide che vedrai prima o poi ringrazieremo Dio per ciò che abbiamo fatto.

rudolph

All’improvviso però le spese a casa Rudolph escono dall’ordinario ed entrano in una spirale di visite, diagnosi e sentenze impietose.
Wilma in rapida successione ed in tenera età viene colpita da morbillo, pertosse, scarlattina ed infine una polmonite doppia che rischia di ucciderla, lei sconfigge tutto fino a crollare all’apparenza, sull’ennesima diagnosi, poliomielite.
Sono i momenti in cui prendi fiato, ti siedi e raccogli la testa tra le mani, la signora Rudolph forse ha fatto proprio cosi, poi ha pianto con le tempie compresse nei palmi delle mani, lo sguardo rivolto al cielo per chiedere il perché!
Credo che di risposte non ne abbia avute, forse il marito le avrà detto che bisognava pensare agli altri 21 figli, lei deve aver scosso la testa e poi come fanno tutte le mamme del mondo, superato lo sconforto avrà trovato una strada da percorrere, con o senza il marito, perché di questo son convinto, nessuna madre si consolerebbe al fatto di avere altri figli da accudire.

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Non c’è un ospedale disposto a curare Wilma, una bambina nera e con la poliomielite è un “problema” che nessuno vuole prendersi ma la madre non ne vuol sapere di lasciare qualcosa di intentato, a 50 miglia da casa sua c’è un equipe di medici, di colore, disposti ad operarla e seguirla per due anni due volte a settimana.
E’ l’ultima speranza ed anche se il medico ha già preannunciato alla mamma che comunque Wilma non sarà più in grado di camminare, questa è l’unica via da poter perseguire.
Qui però, l’intreccio fatto di cose all’apparenza senso un senso, si lega col destino forse già scritto delle persone, perché dai, obiettivamente, chi non ha pensato che 22 figli sono davvero troppi?
In questo difficile esercizio di matematica c’è solo un risultato certo, la salveranno loro, tutti insieme.

Wilma si opera, fa avanti ed indietro 2 volte a settimana negli unici posti accessibili agli afroamericani per un totale di 200 viaggi ed a questo punto riesce a camminare con un tutore che le tiene la gamba sinistra, sembra un miracolo ma non è ancora compiuto, il protocollo riabilitativo prevede delle manipolazioni particolari da eseguire sulla gamba, per carità il tutto senza la speranza di rimettersi in piedi.

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Bene ci sono 21 figli e 42 braccia, tutti imparano le manipolazioni da eseguire, si alternano 4 volte al giorno per 5 lunghi ed interminabili anni, finché un giorno il tutore viene sostituito da una scarpa ortopedica ed un paio di anni dopo si può buttare anche la calzatura.
Wilma a 12 anni può di nuovo fare tutto e non se lo fa ripetere due volte, comincia a giocare a Basket, impressiona tutti per il suo atletismo ed allora, il salto dalla palla che rimbalza all’atletica leggera diventa solo la strada di una predestinata e di un allenatore visionario che ha intravisto le sue qualità da gazzella.
Ora mettetevi comodi – questa era soltanto la premessa, una ragazzina sfortunatissima, a cui nessun medico voleva prestare assistenza trova un equipe di dottori che l’aiuta e che le premettono che comunque non camminerà mai più – vince a Melbourne nel 1956 il bronzo olimpico nella staffetta.
Disse:

“tornata a scuola tutti volevano toccare la medaglia e quando me la ridiedero era piena di ditate, cercai di pulirla e lucidarla ma scoprii che il bronzo non luccicava, allora mi dissi che la prossima doveva essere d’oro”.

Tutto qua?
No non è tutto qua, quattro anni dopo, dopo esser già diventata mamma, è la sera dei miracoli, fai attenzione qualcuno nei vicoli di Roma ha scritto una canzone e la gente corre nelle piazze per andare a vedere.
Wilma a Roma vince 3 ori, in semifinale eguaglia il record del mondo ed in finale invece lo abbatte, purtroppo non verrà riconosciuto come primato mondiale per l’eccessivo vento a favore in pista.
Oro nei 100 mt, 200 mt, 4×100, roba per pochi eletti che poi chi l’avrà eletta sta ragazza che è stata tormentata dalla malattia fin dai primi giorni di vita.
A Roma, strano a dirsi per quel che ha affrontato nella sua vita, Wilma è la donna più veloce del mondo.

Foto MARK KAUFFMAN

Vive anni di trionfi e di riscatto sociale, diventa un’ icona sexy, si racconta che Livio Berruti e Cassius Clay se la litigassero, finché la vita non le presenta di nuovo il conto.
A 54 anni Wilma è di nuovo al punto di partenza, un tumore al cervello che questa volta per quanto lei cerchi di correre forte non le da scampo, rimangono però nella mente molti suoi insegnamenti

“ Il premio non è mai così grande se manca la lotta per ottenerlo” e poi “ tre medaglie d’oro, il senso di realizzazione riempiva il mio corpo. Sapevo che era qualcosa che nessuno poteva portarmi via mai.”

Con la sua eleganza ed agilità, la sua bellezza, il suo sorriso radioso, come un germoglio sul davanzale la mattina, anzi no, come un’ alba dopo la tempesta, no no, come un tramonto mentre abbracci tua madre che appoggiata sulla tua spalla versa una lacrima di affetto, ecco si questa è la similitudine che più si avvicina al viso delicato, alla voce dolce, al sorriso splendente ed alla bellezza di Wilma e soprattutto all’amore di una madre che lotta, mette da parte se stessa e la sua stanchezza perché vuole vederti splendere.

Se credi che non valga la pena lottare, se credi che tutto sia già scritto ed il destino non si possa cambiare, se non hai mai corso davvero forte e lontano dalle cose che mettono paura, se hai pensato almeno una volta nella vita che alla fine in mezzo a tutte le difficoltà del mondo tu ce la farai e se qualche volta hai sottovalutato il valore di avere una famiglia numerosa chiedi chi era Wilma Glodean Rudolph.

E intanto le tue dita
tessevano parole
così senza fatica
e senza far rumore
lo spazio di una riga
e avevi preso il volo.
Così alla fine ti ho seguita
per tutta la punteggiatura
assurdo non averti mai capita
e non riuscirci neanche ora.

Provando a starti dietro
nei continui saliscendi
di montagne russe in bilico
sul solco di malinconie
che non ti conoscevo
costretto a decifrarti e intanto
mi perdevo io
che ero del tutto impreparato
a questo cielo grande
a migliaia di chilometri da me
e in mezzo al cielo un fiore gigante
e ogni petalo è qualcosa che non so di te.
Ma come sei riuscita
ma come hai fatto amore
per tutta questa lunga vita
con tutto quel dolore.

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