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Marta

marta

Ho questo foglio davanti, c’è una scelta da fare.
Potrei raccontare di supposti torti arbitrarli, di persone povere d’animo, di giocatrici finite che s’ostinano a giocare o di talenti acerbi mai lasciati crescere, di occasioni mancate e di doti sprecate.
Mi farebbe sentire meglio tirar fuori tutto il veleno che s’annida nel cuore?
Forse… cambierebbe qualcosa? Certamente no.
Mi fermo a pensare ancora un po’, guardo il piccolo taccuino di appunti che ho con me, c’è un nome sopra evidenziato in giallo: Marta.

marta

Dal mazzo dei possibili futuri scelgo lei e la montagna di capelli ricci che le circondano il sorriso, una di quelle compagne di scuola che vorrei aver avuto seduta davanti a me per potermi nascondere e scrivere le mie storie senza prestare attenzione ad altro.
Inizia il riscaldamento e la vedo ballare al ritmo della musica del palazzetto e poi improvvisare un passo da majorette lungo l’asse centrale del campo.
I ricordi s’incollano insieme, penso a Vieri e Del Vecchio nei “Re del Ballo” e alla spensieratezza che devi portare in campo perché questo in fondo è un gioco e se non ti diverti perché continui a praticarlo?
Per i soldi forse, che utilizzerai per comprare qualcosa che ti rende felice e non c’è qualcosa di profondamente contorto in tutto questo?
Osservare Marta giocare è guardare una forza della natura impadronirsi del parquet e farlo con una naturalezza disarmante.  Grazie a Ginger ho saputo di Teslem, la sorellina di Marta che viene da una famiglia diversa e vive dietro al massiccio dell’Atlante.

Marta e Teslem

Marta e Teslem

Il rosso al tramonto sul versante algerino è dello stesso colore della sabbia che si trova dall’altra parte. Rossa come la maglia che oggi indossa Marta, rosso come il calore insopportabile del deserto, rosso come il capello di chi mi ha fatto conoscere questa storia.
Rosso come il colore che avvolge Terni che festeggia il suo patrono, San Valentino.
Rosso come il colore delle guance di Federica e Pamela che bevono liquirizia fatta in casa lungo le vie del centro città, versate da una bottiglia custodita in uno zaino. Come a Campo dei Fiori con le birre nello zaino, perché non ti vendono nulla d’alcolico dopo le 22.00 e io che esco giusto a quell’ora come faccio? Con la memoria è così puoi viaggiare a ritroso nel tempo in un attimo, dieci anni nello spazio d’un ricordo.
Scrivo a Silvia, “conosciamo nessuno al Cagliari? Devo avere la maglia autografa di Marta”.
Perché?

marta

Foto Juna Manca

Oggi è un giorno migliore perché ho il ricordo di lei che balla spensierata sul parquet, perché i fiori più belli sono quelli di strada. Oggi il suo sorriso sul campo mi ha ricordato che questo è un gioco e deve essere vissuto con il sorriso. M’ha ricordato le parole di una sua collega giusto un anno fa: “gli arbitri non sono in malafede, ci sono quelli bravi e quelli scarsi, come i giocatori”.
Se lei vince lo fa per sport”, leggo queste parole e per me si materializza il campo all’aperto del CLT a Terni in mezzo ai ricordi di un tempo che fu e di un futuro che si scrive ogni giorno.
Su quel campo c’è la voce di Sara, quella che se provo ad incollarla alla sua immagine fatica a restare appiccicata.  C’è fermo immobile in mezzo al campo, il freddo che ti paralizza quando resti seduta in panchina qui o alla fine del mondo, in un campo spelacchiato della Serie C Umbra.
C’è il viso di Anthea che per amore finisce sugli spalti congelati di uno stadio della sua città a veder giocare un centravanti spilungone in mezzo a mille mamme espertissime di calcio.
Vedo i mille campetti di calcetto illuminati a giorno che punteggiano la notte e dentro, i sogni mai realizzati e quelli che si devono realizzare.
Grazie Marta, grazie ragazze per tutto quello che non sapete di fare.

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