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Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

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Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Questa ricorrenza è stata istituita dalle Nazioni Unite nel 1999 per ricordare la storia delle tre sorelle Mirabalpotete leggerla qui-. Tantissime sono, ogni anno, le iniziative di sensibilizzazione contro questo impietoso fenomeno.

Quando pensiamo alla violenza sulle donne, pensiamo ad abusi sessuali, maltrattamenti, violenza fisica e femminicidi e tutto questo è, purtroppo, più che vero.
Ma il fenomeno della violenza sulle donne non può essere confinato in queste quattro parole, in queste quattro azioni. La violenza sulle donne nasce da lontano ed è così parte del tessuto delle nostre società che spesso non ce ne accorgiamo, fino a quando, le azioni di cui sopra si concretizzano e allora titoloni al telegiornale.

La violenza sulle donne ha molte facce, si trova in posti in cui non penseremmo mai, viene lecitamente perpetrata giorno dopo giorno. Si perché la violenza sulle donne non è solo fisica. La violenza sulle donne riesce ad indossare vesti subdole e spesso siamo proprio noi donne che accettiamo che sia così perché “è sempre stato così”.
Se da un lato i numeri sono spietati e dimostrano che quasi la metà delle donne subisce abusi da persone di cui si fidano e che “dicono di amarle”, dall’altro la realtà di questo fenomeno è ben più grande e perfettamente taciuta.

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Dati sulla violenza sulle donne in Italia – 2016

Violenza sulle donne è quando si riserva un trattamento economico lavorativo inferiore rispetto alla classe maschile;
violenza sulle donne è quando si pretende che queste generino figli per poi minacciare con il potente strumento del “guarda che poi così non ti assume più nessuno”;
violenza sulle donne è tutte le volte che una donna non indipendente economicamente viene lasciata senza risorse dal proprio compagno;
violenza sulle donne è quando non diciamo quello che pensiamo per paura di ritorsioni;
violenza sulle donne è quando lasciamo che tutto questo, per i nostri bambini, sia normale.
La violenza sulle donne è un fenomeno che colpisce la vita delle persone in tutti gli spetti, in tutti gli ambiti.

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Anche in quello sportivo ad esempio.
Tutti i giorni sentiamo i racconti di atlete di tutti gli sport su come sia difficile riuscire ad essere un’atleta competitiva. Vediamo tutti i giorni come le realtà sportive femminili spesso si trovano nella situazione di non poter svolgere al meglio il loro lavoro perché prive di fondi.
Ma stiamo ancora parlando per grandi concetti. Noi ci occupiamo tantissimo di calcio femminile, calcio a 5 nello specifico.
Quante storie abbiamo sentito in cui una squadra di calcio femminile deve “accontentarsi” delle vecchie divise della squadra maschile?
Quante volte abbiamo sentito sentito dire a ragazze “professioniste” “devo pensare a come lavorare una volta finita la mia carriera da calciatrice” perché la corrisposizione degli stipendi, quando c’è, è spesso inadeguata e comunque non tutelata da nessun accordo economico?

Su questo punto, ad esempio, si è esposto anche Sandro Mencucci, presidente della Fiorentina Women’s, denunciando un quadro preoccupare sulla situazione contributiva previdenziale ed assistenziale delle calciatrici italiane. Per non parlare poi della condizione di “dilettanti” che avvolge lo sport femminile fino ai più alti livelli. Luiza Rizzitelli, ex pallavolista, denuncia questa situazione di discriminazione delle donne nello sport ormai da anni e, per questo, ha fondato Assist-Associazione Nazionale Atlete- chiedendo la parità delle donne nello sport. Qui l’intervista rilasciata per Lettera Donna sulla campagna #azzurresuraiuno, campagna per chiedere alla Rai la trasmissione di Italia – Portogallo nella quale le azzurre si giocano il prossimo mondiale di calcio femminile.

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La donna sportiva, alla fine, è una dilettante. Lo stabilisce la legge n.91 del 23/3/1981 che demanda alle federazioni il riconoscimento del professionismo sportivo.
Questo vuol dire nessuna tutela, né previdenziale né contrattuale. Anzi, spesso  nei contratti che le donne sportive firmano ci sono clausole per le quali, ad esempio, in caso di gravidanza, il contratto è automaticamente rescisso. Questo però, vuol dire anche che in quelle realtà sportive che non discriminano la gravidanza, la maternità non è comunque prevista.
Solo per quanto riguarda le nazionali il Coni ha inserito nei principi fondamentali una voce che tutela la maternità (delibera n.1352 del 28/02/2007).Si potrebbe andare avanti con pagine e pagine di casi, di realtà, di situazioni che gridano tutte una sola cosa: “vogliamo rispetto

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Alysia Montano alla 34esima settimana di gravidanza – 5 volte campionessa nazionale US di atletica leggera, nel champioship disputato a giugno

E allora forse è da questo che dovremmo ripartire. Dovremmo tutti imparare a giocare al gioco del rispetto e dovremmo insegnarlo ai bambini perché è da un lavoro coordinato, interato e capillare che si possono far cambiare le cose. Non abbiamo la pretesa di avere la ricetta per cambiare le cose. Questa è una questione che non si risolve con poche righe o a parole o con questo intervento piuttosto che un altro. Vogliamo solo offrire un punto di partenza per una riflessione personale su cosa, ognuno di noi, può fare per rendere questo mondo un posto migliore.
E allora, oggi e per tutti i giorni, ci invitiamo, tutti, a giocare al gioco del rispetto. Di se stessi e degli altri.

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