Il cielo non prometteva nulla di buono, era dal primo mattino che borbottava ed ogni tanto un lampo illuminava tutto il suo malumore in un bagliore.
Alle 17 al campo avevo detto il giorno prima, le ragazze arrivarono alla spicciolata, nessuna troppo felice di allenarsi con il temporale che incombeva.
La settimana seguente avremmo giocato in trasferta una di quelle partite per cui non si poteva allentare la tensione, oggi avevo deciso che ci saremmo allenati anche se il cielo avesse pianto pioggia ininterrotta, io d’altronde la sera prima avevo pianto per 2 ore guardando “ l’attimo fuggente” e Robin Williams non si era di certo mosso a compassione, anzi gridava forte, in piedi sulla cattedra: O capitano mio capitano!
Doveva essere un messaggio chiaro ed invece lo ignorai, O capitano mio capitano.
Le ragazze entrarono in campo velocemente dopo essersi cambiate, una farfalla con lo sbattere delle proprie ali sembrava voler alzare un vento che aprisse le nuvole, mentre tiro fuori i palloni dalla sacca e metto il cronometro al collo con fare deciso dico:
- Un pallone per una, facciamo conduzione della palla con il piede debole, che poi che avrà di debole sto piede, penso tra me e me.
Alzo gli occhi a controllare il meteo ed una goccia precipita decisa sulla mia orbita, scende lieve sulla guancia come fosse una lacrima, mi giro stizzito e vedo una ragazzina con le mani infilate nella rete di recinzione del campo, sembra ipnotizzata dall’ incedere dei palloni in mezzo al campo come se fossero un pendolo, ha i capelli ricci, castani, sembra uno scricciolo ed invece sarà tutto l’opposto di quello che mi era apparsa di prima impressione.
Mi avvicino alla rete ed esclamo: Ciao, ti piace il calcio?
Il tono della sua voce è quella di una ragazzina di 14 anni, un falsetto che mette subito allegria.
Mi risponde:
Buonasera, si mi piace tanto ma non credevo esistesse una squadra femminile, ho giocato qualche volta a scuola ma mia madre tanto non approverebbe mai, dice che è uno sport per uomini e che non posso giocare altrimenti mi vengono i polpacci grandi e le gambe storte.
Tra me e me penso: anzi poteva aggiungere anche che giocando a pallone rischi di diventare calva come me!
Prendo fiato, penso a Robin Williams sulla cattedra, capitano mio capitano, “Cogli l’attimo, cogli la rosa quand’è il momento”. Perché il poeta usa questi versi? […] Avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? Perché vedete, questi ragazzi ora sono concime per i fiori. Ma se ascoltate con attenzione li sentirete bisbigliare il loro monito. Coraggio, accostatevi! Ascoltate! Sentite? “Carpe”, “Carpe diem”, “Cogliete l’attimo, ragazzi”, “Rendete straordinaria la vostra vita”!
Questa ragazzina ha un fermaglio a forma di farfalla nei capelli, come se avesse già un paio d’ali penso, non si possono ignorare i particolari.
Ingaggiai una vera e propria lotta con la famiglia, guardi signora l’ambiente è sano, facciamo un campionato juniores, a sua figlia vengono gli occhi a cuore quando vede rotolare un pallone, le dia la possibilità di essere felice, me ne assumo le responsabilità io se qualcosa non andrà per il verso giusto, fu il padre però ad esclamare dalla sala accanto:
Dai falla provare tanto tra 3 giorni si stufa.
Qualche giorno dopo era al campo con noi, le trovai un ruolo, il suo, quello che ancora è il suo, l’ultima davanti al portiere, a difesa della nostra porta, sembrava piccolina ed in verità lo era ma il suo istinto, quello di capire i tempi come una ballerina di tip tap la rendevano straordinaria.
Sempre in anticipo, sempre davanti all’avversario, sempre la prima ad arrivare al campo e l’ultima ad andarsene.
Mister proviamo i calci di punizione?
E pensai a Robin Williams nei panni del professor Keating:
- Che v’è di nuovo in tutto questo?
- Che tu sei qui, che la vita esiste, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Quale sarà il tuo verso?
Si Eleonora proviamo le punizioni, gli anticipi, l’ 1vs1, proviamo ad essere felici, proviamo a dire che ce l’abbiamo fatta e che quella farfalla che ti regge i capelli continuerà a sbattere le ali portandoti più lontana possibile.
Capitano, mio capitano era una sera di tanto tempo fa, l’alba del giorno in cui con le mani incastrate tra i rombi della rete di recinzione, con la vocina in falsetto incontrai quello che poi sarebbe diventato il capitano della mia squadra.
Dodici anni consecutivi insieme ed ancora non è finita, quando entra in campo dritta sulle spalle, con lo sguardo a mangiarsi il campo, gli avversari e tutte le nuvole che ci minacciano mi guardo indietro e penso a come sarebbe andata se quel giorno non avessi colto l’attimo.
Io, lei ed il professor Keating, la pioggia che scendeva dal cielo, sua madre che non era per nulla convinta, quella farfalla nei capelli crespi ed il suo:
– mister proviamo le punizioni?
Oggi è una donna, una grande donna, sempre di corsa, la voce addolcita da quanto amore mette nell’aiutare tutte le ragazze che arrivano al campo per la prima volta come lei, ginocchia sempre sbucciate, un’operazione al legamento crociato a testimoniare che non si è mai tirata indietro, a volte la faccia stanca di chi per lavoro fa il pendolare e fa in tempo appena a scendere dal treno per poi correre agli allenamenti e mettersi a tirare la fila quando si corre, ad asciugare le lacrime quando si piange ed a mettersi in disparte quando si festeggia perché vuole gustarselo dal di fuori.
Ci sono attimi nella vita in cui il cielo è cupo, la pioggia incombe, le cose ti si mettono di traverso e ti sembra non ci sia un senso ma se guardi bene, cerchi i particolari, ascolti quello che ti succede intorno invece di sentirlo e basta, puoi trovare la speranza e la voglia di andare avanti nonostante tutto, basta avere un paio d’ali.
A me ed alla mia squadra di solito le presta il capitano, quella farfalla a reggere i capelli come un segno distintivo, come il potere di un supereroe, come la ragnatela sul costume dell’ uomo ragno.
O Capitano! Mio Capitano!
Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambito premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l’invitto scafo, la nave arcigna e intrepida.
Lode a tutti i capitani veri, fieri, in piedi sulla prua della barca ad indicare la rotta.
