…che non si può spiegare in città.
“Non ci andrò.”
Avevo deciso che non volevo saperne niente, io sono ancora arrabbiata nera. E sono passati tanti anni, ma tanti, dal 2001, l’anno del grande slam.
Sono virtussina, coniglia bianco nera_ come dicevano allora, _bava come dicono adesso. E non venitemi a dire che la volgarità sta prendendo sempre più piede, mi basta pensare a quei due soprannomi.
Al derby del canestro da 4 io non c’ero, stavo studiando a UCLA, ma la notizia arrivò in tempo quasi reale. Via telefono fisso.
Mia madre mi comprò la videocassetta della partita perché io la vedessi.
Al derby di A2 non ci sarò, perché è vero che per me esiste solo una squadra e le altre ci sono solo “perché altrimenti la Virtus come fa a giocarsi i campionati?” ma ancora non mi passa il giramento di scatole per tutto quello che ho visto succedere dopo il 2001.
Dai posti nei distinti numerati (la peggior specie di virtussina in circolazione, distinto numerato dall’infanzia) occupati da chiunque, alla votazione in Lega, da avere vinto qualsiasi cosa lo stesso anno agli acquisti di giocatori che boh?
La mia città capitale dello sport per me più bello del mondo che ora disputa il derby in A2. Non riesco proprio ad accettarlo.
Avere una memoria da elefante aiuta negli studi ma di sicuro non lo fa per le passioni sportive, un muso lungo 15 anni non so chi altri possa vantarsi di averlo tenuto.
Sono contenta però, in giro si respira un’aria che mi fa tornare ragazzina, nei bar sento le persone che si sfottono come quando avevo vent’anni e in palio c’erano le prime posizioni in classifica.
La mia previsione.
Credo che riderò per la coreografia della Fossa, hanno avuto 7 anni per pensarla questa volta, in più noi per la prima volta in A2. Non mi deluderanno.
Come sempre, vincerà chi fa meno errori, perché il derby è sempre il derby, anche se ce lo giocassimo in Seconda Divisione.”
Livia Galletti