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In tribuna

Un popolo di calciofili prestato al rugby

Analisi semiseria del pubblico delle partite di rugby

Chi si avvicina al rugby lo fa con alterigia, sapendo che questo sport non ha «niente a che vedere con il calcio». Può essere. Magari in Nuova Zelanda, in Galles, in Australia o in Sudafrica dove la cultura della palla ovale ha permeato la società. In Italia no, siamo e resteremo un popolo di calciofili. Attenzione, non di calciatori! Che quelli nel rugby sarebbero buoni come il pane e magari averne di piedi buoni alla Dominguez…

Il termine calciofilo, letteralmente indica il patito di calcio. Rugbisticamente il calciofilo è quello che si trova per caso a vedere una partita di rugby e la interpreta esattamente come una partita di calcio. Oh My God! E che vuol dire?

Il rugby ha più valori che regole

Il rugby è uno sport di valori. E di regole. E di tecnica. Ma è prima di tutto uno sport di valori. Per questo gli allenatori insegnano a rispettare l’avversario prima ancora che a placcarlo. Per questo gli allenatori educano al coraggio ma non al culto della forza. E gli atleti entrano subito nel meccanismo perché vogliono subito trovare il loro posticino in questo sistema di gioco così intuitivo e al tempo stesso complesso. Più difficile è arrivare al cuore dei genitori che andrebbero educati esattamente come gli atleti ai valori del rugby. Per esempio a quello della condivisione e dell’accoglienza. Vai a spiegare ad un calciofilo che fino a che non è placcato al collo, suo figlio può essere buttato giù come un birillo ed è tutto regolare! Vai a spiegare ad un calciofilo che se il portatore del pallone cade a terra,non deve alzare le mani per dire che è stato buttato giù ingiustamente ma deve mettere la palla a disposizione dei compagni!

La retorica del terzo tempo

Il terzo tempo, per chi ancora non lo sapesse, è quel momento in cui dopo la partita, le squadre si riuniscono per condividere insieme un piatto di pasta o quel che la squadra di casa è in grado di offrire agli avversari: dolci, salsicciata, etc. Si dice che sia impressionante come dopo essersi dati mazzate in campo, i giocatori si ritrovino abbracciati davanti alla lasagna del terzo tempo.

Bene, questa, cari amici, è retorica! Prima era un motivo di vanto per il rugby, oggi… bho!

E non serve andare a raccogliere indiscrezioni in giro sul rugbista VIP di turno che ha disertato il terzo tempo di gran classe. Basta dare uno sguardo al terzo tempo dei raggruppamenti del settore giovanile.

Non è difficile incontrare lo sguardo dei genitori che sono preoccupati più del sapore e della quantità della pasta al sugo (piacerà a mio figlio dopo tutto quello che ha fatto in partita?) che del fatto che i figli non conoscano nemmeno il nome di un avversario. Non è difficile trovare genitori che si rallegrano più del fatto che gli atleti abbiano una nuova divisa che del fatto che gli atleti abbraccino i loro avversari (che riconoscono) prima della partita. Prima di pestarli.

Qui il buon osservatore si chiederebbe: ma allora che si parla a fare di valori se poi a valere sono soltanto le regole non scritte della moda sportiva e del benessere personale? Eh. Perché il famoso spirito del rugby ormai è intrappolato dietro lo specchio deformante che restituisce l’immagine di calciatori milionari vestiti da rugbisti. La triste verità è che con il rugby non si mangia, almeno in Italia e lo spirito di questo sport è quel che davvero arricchisce gli atleti.

Sulla tribuna c’è tutto

La risposta alla domanda di prima è anche nella composizione della tribuna, sulla quale va aperto un capitolo a parte. Trovi in fatti la mamma tifosa che prima di essere tifosa è mamma per cui la senti urlare ad ogni contatto come se il figlio fosse in punto di morte e la vedi esultare un momento dopo come se il figlio fosse risorto dopo tre fasi di gioco. Sul suo volto, nel bene e nel male, si legge «quello è MIO figlio». La mamma tifosa non è pericolosa, ma morde.

Il papà allenatore che prima di essere allenatore è papà per cui di rugby capisce poco e niente. O meglio capisce quello che ha sentito su DMAX e Raisport. Non lo sentirai mai incitare il proprio figlio per nome ma lo sentirai supplicare il ragazzo con espressioni varie tra cui «passa quella c***o di palla!».

Il rugbista mancato è un po’ tecnico, un po’ ex giocatore, un po’ arbitro, un po’ mamma, un po’ papà e un po’ cazzaro. Insomma ha tutti i pregi e i difetti di chi vorrebbe scendere in campo per dare sostegno ma soprattutto per spiegare a tutti come si fa. La sua espressione clou è «dovevi fare così», condanna senza appello!

L’animale da terzo tempo è il tifoso che si distingue dal luogo comune: in genere pensa a divertirsi, se non ha una Peroni tra le mani è perché è arrivato tardi, ma ha già prenotato il panino con la salsiccia. Conosce tutti sugli spalti, o almeno così sembra. Non gliene importa nulla del risultato e sembra che abbia vinto ogni partita. Lui non è calciofilo, forse è soltanto affamato.

Alba D’Alberto

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