Venerdì 15 aprile
Non termina mai l’andirivieni da Montegranaro, la vita divisa in due, il cuore che scatta in avanti e io che vado a riprenderlo. Guardo il borsone ancora desolatamente vuoto, quando sarà pieno, lì custodirò tutto quello che mi serve per partire. La mia vita, in quello spazio.
C’è il sole fuori, una di quelle giornate calde che annunciano l’estate, Pescara è bella così, mi mette di buon’umore.
Decido di andare in palestra, mi sto impegnando molto, se sta meglio il fisico, il gesto atletico è più naturale, quasi facile. Con un po’ di impegno convinco anche la mia mamma a seguirmi, per allenarsi un po’. È necessario però che mi prometta solennemente di non fare nessun tipo di commento, anche se mi vede soffrire e morire lentamente sotto un bilanciere. Impresa ardua.
Fatico, ma è giusto che sia così, il successo arriva se si è disposti a pagare un prezzo, sudare in palestra è la prima moneta necessaria.
Lei si allena seguita dall’istruttore della palestra. Lui un po’ sorpreso si volta verso di me: “siete diverse, ogni volta che chiedo a te se è pesante un esercizio, tu mi dici di no”.
Quando qualcuno si complimenta con me per il modo in cui mi alleno, impazzisco di gioia.
Tornate a casa facciamo il solito “selfie” ricordo, immancabile.
[dropshadowbox align=”none” effect=”lifted-both” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Chiara si ammazza letteralmente palestra, ne è fiera com’è giusto che sia. Impossibile convincerla a rinunciare a una seduta d’allenamento, il suo account Instagram è li a testimoniare il frutto del suo impegno atletico. Negli ultimi anni ha sottoposto il suo corpo ad un intenso regime d’allenamento, è cambiata la ragazza, diventando un atleta davvero potente, può migliorare ancora? Si, decisamente.[/dropshadowbox]
Tempo di terminare i preparativi. Partenza fissata alle 15.30, con Joy, una mia compagna di squadra.
È venuta a Pescara per qualche giorno, faremo il viaggio verso Montegranaro insieme.
Abbiamo un po’ di tempo prima di recarci in stazione e approfittiamo per tornare a casa mia per un rapido spuntino. Le mostro casa e la mia camera. Ha un sussulto, credo sia spavento.
Confesso, nella mia camera è esploso un ordigno nucleare.
Ci sono sempre valige da fare e disfare, borsoni per gli allenamenti, tacchi, vestiti per andare a ballare, insomma la mia vita è sparsa li, tutta in vista.
Binario 5.
Sono talmente stanca che il sonno mi rapisce, perdo una parte del viaggio e la piacevole compagnia di Joy.
La nostra tassista per l’occasione è proprio la mamma di Joy, dobbiamo cambiarci per l’allenamento e passeremo quindi da casa sua. Il loro cane, Caffè, si emoziona facilmente quando ad accarezzarlo sono persone che non conosce, spero che con me non si emozioni troppo.
L’allenamento in difesa inizia male.
Sembro incapace di chiudere il guanto sulle palle più facili.
Mi tuffo sulla mia destra, ho il giusto tempo, volo e la palla “sembra” fermarsi nel guanto, invece maligna rimbalza via.
John mi guarda risoluto e mi lancia una mazza di gomma, “Uccidi le ranocchie”, queste le sue parole. È assolutamente serio. Mi guardo intorno cercando aiuto nelle mie compagne, Sabri s’avvicina e mi spiega con tranquillità che “quando le palle più semplici non entrano nel guantone, dicono che sia perché ci sono delle ranocchie dentro al guanto”. Afferra sicura la mazza di gomma, mi chiede di mettere il guanto in terra, e inizia a colpirlo!
Scoppio a ridere, non riesco a trattenermi.
Al secondo colpo però vorrei piangere, il mio povero guantone trattato in quel modo.
Il rituale scaccia “ranocchie” termina, dovrebbe aver funzionato.
In effetti, non ho avuto più problemi, dai, ciao “ranocchie”!
La cena post allenamento questa volta non diventa per me un cenone natalizio. Mi nutro da atleta vera, petto di pollo e zucchine alla griglia. Che tristezza.
Resto leggera e appena a casa crollo nel letto, devo recuperare un po’ di energie.
Insolito sabato di relax, questa settimana si gioca di domenica, avversarie le Atoms Chieti.
La mia ex squadra.
C’è sempre un po’ di tensione nelle partite con l’ex, cerco di non pensarci.
Preparo la mia colazione e guardo fuori, sole.
Il meteo è un fattore che nel baseball e nel softball non puoi ignorare. La mattinata scorre pigra, inizio a pensare al pranzo.
Devo cucinare il pesce, ora, io non mangio pesce, non so cucinarlo e non sopporto l’odore, vi lascio immaginare quale sofferenza possa essere per me.
C’è il gatto di casa, Mishka, s’avvicina in cerca di cibo, mi salta sulle ginocchia, “credimi Mishka, te lo lascerei mangiare tutto”.
Mando giù i bocconi un po’ sofferente, ma finisco il pranzo.
A merenda, sgombro, il pesce non il verbo, non aggiungo altro.
Tra qualche settimana scoprirò se questa “dieta” funziona.
A cena mi aspetta la carne bianca, sto quasi per tirare un sospiro di sollievo quando sento le mie amiche accordarsi per una cena a base di “burritos”, grazie ragazze per offrirmi nuove tentazioni.
C’è anche Joy ospite a cena, l’altra straniera, di Porto Sant’Elpidio, rimarrà anche a dormire per poter avere qualche ora di sonno in più.
Inevitabili i commenti sui risultati delle partite del sabato, ma mano che arrivano, alcuni ci sorprendono totalmente.
La play prende vita e le mie amiche disputano la loro partita a Fifa, il savegame si chiama “mug”, che sta per mai una gioia, ridiamo insieme.
[dropshadowbox align=”none” effect=”lifted-both” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Giuro ragazze che vi regalo io una copia di MLB, per la playstation, ditemi solo se la 3 o la 4, non posso sentir raccontare di giocatrici di softball che per passare il tempo, si sfidano a Fifa, per quanto rispetti i videogamer, vi fornisco almeno il titolo giusto. Tutto questo è “inaccettabile”. Come il vostro savegame. La prima volta che ho sentito usare quell’espressione c’era dietro il sorriso di Natascia, atleta e giocatrice delle Lobsters Pescara, la squadra di football americano femminile. Quella è anche una storia che andrebbe raccontata, come sia nata una bella amicizia dall’incomprensione e la diffidenza. [/dropshadowbox]
Sabato 17 aprile 2016
Sveglia ore 08.00
Si avete letto bene.
Enrico, il mio allenatore dello scorso anno, al quale probabilmente devo tutti i miei risultati in campo negli ultimi anni, sosteneva che fosse necessari svegliarsi almeno tre ore prima dell’inizio della partita.
I suoi suggerimenti li seguo tutti, li ricordo tutti.
Ricordo anche i suoi aspri rimproveri, fatti anche a muso duro, ma probabilmente sono stati quelli i tasselli che si sono incastrati nella mia mente e mi hanno aiutata a migliorarmi di anno in anno.
Questa è una stagione senza di lui, eppure quando commetto un errore, riesco ad immaginare le sue parole, accade ogni singola volta.
Mi aiuta a ritrovare la concentrazione, a inquadrare la modifica da applicare.
Quando arrivo in cucina ho già la divisa in dosso, colazione con 200 grammi di carne rossa, scelta questa imposta dalla mia nuova alimentazione.
Joy e Anna rimangono basite, credono abbiamo dormito con l’abbigliamento da gara indosso. C’è questa calma insolita, l’estremo controllo di un buongiorno appena accennato, di un gara da qui a poche ore. Guardo il telefono, l’imbocca al lupo di “Sbrolla”, ma a dirla tutta, questa pressione per l’incontro con la mia ex squadra non la sento.
Il tragitto in macchina è riempito dalla musica sparata per caricarci, le note di “Amaneci Contento” rimbalzano impazzite e mi ritrovo pronta a spaccare il mondo, poi un’altra canzone reggaeton e poi ancora un’altra. La passione per questo genere musicale ci accomuna tutte in squadra e il pregame con questo ritmo è tutta un’altra cosa!
Quando arriviamo al campo vediamo che sono appena giunte anche le ragazze dell’Atoms Chieti.
Saluto alcune di loro, gli voglio bene, siamo amiche fuori dal campo. Pensate, gioco ancora con una fascetta che mi ha regalato Emma, fatta a mano, mi piace troppo.
Ecco che arriva il caldo, tipico nelle partite giocate al mattino, via il sottomaglia blu, altrimenti non arrivo alla partita. Torna subito il fastidio della divisa, puntale prima di ogni partita. Provo a sistemarla al meglio, fino a quando trovo un po’ di pace, il look è proprio da “pescarese doc”, con quell’aria un po’ zingara.
[dropshadowbox align=”none” effect=”lifted-both” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Non vorrei interrompere Chiara, ma devo. Il suo tentativo di stare comoda la fa sembrare una bella copia, per l’aspetto ovviamente, di Mark Lenders. Esatto. Maniche arrotolate fino alla spalla, sguardo truce da partita. Se non fosse per il colore bianco delle maglie e l’eyeliner ad allungarle troppo il contorno occhi, vi potrebbe sorgere il dubbio che ad occupare la prima base ci sia il centravanti della Muppet. Tutto questo è meravigliosamente arrogante e ignorante nell’accezione sportiva del termine. [/dropshadowbox]
Mio padre mi ha fatto un regalo.
Ho avuto per un po’ sul mio caschetto degli adesivi, delle stelline.
Lui ha avuto un’idea simpatica.
Ha disegnato un delfino come quello del Pescara Calcio e ne ha fatto un adesivo, spettacolare.
Durante la partita alcuni calciatori del Montegranaro sono passati dal campo ed ho sentito le loro esclamazioni sorprese: “oh ma quella è del pescara?!”, ho riso, ve lo confesso.
Rito. Lettura del lineup.
Gioco in prima e di nuovo terza in battuta, perfetto, sono pronta.
Entriamo in campo per il saluto e l’inno, vado al mio posto.
Luana lancia nella prima partita, senza problemi.
Al mio primo turno di battuta con il “conto pieno” batto tra la terza base e l’interbase, un’ingenuità difensiva e mi prendo una valida.
[dropshadowbox align=”none” effect=”lifted-both” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Non vorrei interrompere Chiara, ma devo. Il suo tentativo di stare comoda la fa sembrare una bella copia, per l’aspetto ovviamente, di Mark Lenders. Esatto. Maniche arrotolate fino alla spalla, sguardo truce da partita. Se non fosse per il colore bianco delle maglie e l’eyeliner ad allungarle troppo il contorno occhi, vi potrebbe sorgere il dubbio che ad occupare la prima base ci sia il centravanti della Muppet. Tutto questo è meravigliosamente arrogante e ignorante nell’accezione sportiva del termine. [/dropshadowbox]
Segue una nuova valida, ancora “full house”, conto pieno. Questa volta trovo la palla con un contatto migliore. Terzo turno in battuta e una nuova valida.
Probabilmente non mi era mai successo, sono in palla e sono molto soddisfatta.
Portiamo a casa la partita senza troppi problemi, non spingiamo al massimo delle nostre possibilità. Posso addentare una mela al termine del primo incontro, almeno questo mi consente la mia dieta, vorrei altra frutta, ma non mi è concessa. In panchina non l’avevamo, nessuno l’ha acquistata, giro ogni angolo degli spalti e del campo cercando qualcuno che ne abbia una, inutilmente. Scorgo con la coda dell’occhio un ragazzo con una mela in mano, lo indico e con tutto il fiato in gola grido “una mela!”, lui mi guarda spaventatissimo. Giustamente, avrà pensato che sono matta. Poco dopo, quello stesso ragazzo, mi apostrofa con un “si rovinano gli spikes così”, vedendomi passeggiare con non curanza con i miei scarpini sulle mattonelle. Chiunque tu sia, grazie per avermi ricordato di camminare sull’erba per non rovinare i tacchetti, ma ti voglio far notare, che mi devi una mela!
La formazione della seconda partita mi vede allineata come interbase in difesa e quarta nell’ordine di battuta. Fantastico.
Ottimo, da vero “cleanup hitter”, per la prima volta quest’anno.
Bello, mi piace.
Forse non come essere la terza nel lineup, ma sono posizioni quelle che mi fanno capire che il mio allenatore si aspetta qualcosa da me.
Non abbiamo lo stesso impatto sui lanci degli avversari.
Vado in battuta e batto un line nel mezzo, buon contatto ma non riesco a far entrare il punto.
Qualche out da interbase, al volo e a terra.
Controllo per sicurezza nel guantone, le ranocchie sembrano morte, non ci sono più, la magia ha funzionato.
Al primo lancio, del mio secondo turno di battuta, la palla mi arriva quasi addosso.
Mi sposto, non mi aspettavo un lancio interno.
Rimango molto vicina al piatto di casa base.
Arriva il secondo lancio, mi sembra bello.
Giro.
La palla si alza, molto.
La vedo andare verso l’esterno centro, inizio a correre.
La palla sembra riapparire come per magia fuori dal campo, John urla di correre a casa base, possibile che sia un fuoricampo? Posso non essermene accorta? Arrivo sul piatto di casa base e le mie compagne mi battono le mani sul caschetto, si usa fare così per complimentarsi.
Il sogno dura poco.
Gli arbitri mi indicano la seconda base.
La palla è si uscita dal campo, ma passando attraverso le maglie della recinzione, il regolamento prevede che quello sia considerato un doppio.
Dannazione a me, quanto mi costava battere un metro in più?
Inutile pensarci.
Riusciamo a vincere, 2 a 1, punteggio troppo stretto.
Nessuna è soddisfatta, ma portiamo a casa una doppia vittoria.
Io ho battuto 5 su 5.
Un attimo, cosa dico, cosa ho scritto?
5 su 5?
È una cosa pazzesca.
Come posso non esserne felicissima?
Non mi è mai successo, mai.
Riparto subito per Pescara, la mia giornata non è ancora finita, devo vestirmi da Thor.
Sono anche una cosplayer, c’è una manifestazione nella mia città, il “Pescara Comix”. Avevo già portato il costume a spasso per Lucca, per il famosissimo Lucca Comics and Games, chissà come sarà indossarlo nella mia città.
[dropshadowbox align=”none” effect=”lifted-both” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Non vorrei interrompere Chiara, ma devo. Il suo tentativo di stare comoda la fa sembrare una bella copia, per l’aspetto ovviamente, di Mark Lenders. Esatto. Maniche arrotolate fino alla spalla, sguardo truce da partita. Se non fosse per il colore bianco delle maglie e l’eyeliner ad allungarle troppo il contorno occhi, vi potrebbe sorgere il dubbio che ad occupare la prima base ci sia il centravanti della Muppet. Tutto questo è meravigliosamente arrogante e ignorante nell’accezione sportiva del termine. [/dropshadowbox]
