Softball

Una stagione di fede assoluta – 2

Giovedì 7 aprile

Sul treno si ha tempo di pensare e scrivere.
Su e giù lungo la costa adriatica, le rotaie corrono strette tra la collina e il mare.
Sedici ore, già le ho contate e sono di nuovo qui, direzione Pescara questa volta.
Ieri sono arrivata in ritardo, per l’allenamento della squadra, vivo con i tempi di Trenitalia oramai e quelli potete starne certi non sono mai sicuri.

Poco male, in stazione ho trovato subito Joy e Fio, a loro era stato affidato il compito di portarmi al campo in un tempo ragionevole. Non impieghiamo molto per coprire il tragitto che separa Porto Sant’Elpidio da quella che per questa stagione è la mia casa sportiva.  Non c’è modo di evitarlo, se una o più giocatrici di softball si ritrovano in uno spazio ristretto, l’argomento principe è “i risultati delle altre squadre”. C’è sempre quella voglia di confrontarsi, di discutere di sorprese, di conferme, di pronostici insomma.
Una prima giornata, quella 2016 che ci vede condividere il primo posto con le Atoms Chieti, due vittorie a testa, ci inseguono da vicino Macerata e Cali Roma con una vittoria per parte e a zero ci sono Caserta e Pro Roma.
La sera è arrivata, particolarmente fresca, al campo, tempo di cambiarsi ed entrare davvero in campo. Incrocio Peppe, “il custode” mi fermo a fare due chiacchiere e subito lui mi ricorda i due errori commessi sabato. “Questa settimana vi farà faticare eh, li ho visti quei tiri a terra durante la seconda partita”.  Grazie, Peppe.
Lo trovate immancabilmente seduto fuori dagli spogliatoi, quelli che condividiamo con la squadra di calcio.
Indosso ha un giubbetto del Montegranaro Calcio, la sua statura non lo fa certo svettare tra la folla ma come ogni buon custode che si rispetti, conosce gli sport che ormai guarda dal suo posto d’osservazione speciale da anni.

Si parte subito riscaldamento e poi battuta in campo.
Non siamo molte, ci sistemiamo sugli esterni per raccogliere le battute delle nostre compagne. C’è quella voglia di partecipare, di sostenerci e incitarci.
All’improvviso poi, per qualche istante, scende un silenzio, quasi irreale.
Spesso nel baseball, come nel softball, hai tempo, di guardarti intorno e notare dettagli che prima avevi colpevolmente ignorato.
Sono in fondo al campo, da qui la visuale è diversa.
L’erba e la terra rossa che si incontrano, le basi, i dogout, il lanciatore e il battitore.
Una nebbia insolitamente fitta è scesa sul campo, un solo faro accesso e la sua luce che rimbalza su quella nuvola che si è venuta a fermare così, in mezzo a noi.
Il silenzio è rotto solo dal suono del contatto della palla sulla mazza, che poesia.
“Come si fa a non essere romantici con il baseball?” , se vi suonano familiare queste parole sono quelle di  Billy Baene, storico General Manager degli Oakland Athletics, ritratto nel capolavoro cinematografico Moneyball.

[dropshadowbox align=”none” effect=”curled” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]“Non ho quasi disturbato fino ad ora, non è facile il compito di voce narrante, ho sempre il timore di essere inopportuno, invadente insomma. Questa volta non posso esimermi, dovete guardarlo quel film, davvero e se riuscite a procurarvelo, dovete mettere le mani sul libro dal quale è tratto. Hanno lo stesso nome, Moneyball, vi assicuro che non ve ne pentirete. Michael Lewis ha un dono, la capacità di raccontare lo sport intrecciando storie di uomini e di vita, che all’apparenza non hanno nessun punto di contatto, poi invece si rivelano legati profondamente. Lewis è anche autore di un altro libro dal quale è stato tratto il film Blindside che è valso a Sandra Bullock il premio Oscar, o come lo chiamava il compianto Robin Williams “l’omino senza genitali”.[/dropshadowbox]

L’allenamento termina così, in quest’atmosfera ovattata in una strana serata d’Aprile.
Anna mi fa compagnia nel tragitto fino a casa. Oggi era suo il posto da interbase, non è affatto soddisfatta: “mi sono arrivate sei battute, penso di averne sbagliate sette”.

Vi avevo detto che questa è la settimana che porta al derby contro Macerata, in trasferta.
Come ogni derby che si rispetti, è sentito e conta vincere, come in qualsiasi altra partita se chiedete a me. Stiamo per sederci e cenare quando la nostra attenzione viene catturata da un video, sulla pagina facebook del Macerata dal titolo: “La partita”, preparato in occasione dell’incontro.
Sembra il trailer di un film d’azione, carico di agonismo, fino a quando leggo “vincerà li “scarpà” o li “pistacoppi”?”
Cerco di aiutarvi a capire e in fondo aiuto anche un po’ me. “Scarpà” intuisco, siano gli abitanti di Montegranaro, vista la loro tradizione nell’ ambito delle calzature, ma “PISTACOPPI”?
Onestamente sto ancora indagando per capire cosa significhi.
Si, che sono gli abitanti di Macerata l’ho capito, se non altro per esclusione.

[dropshadowbox align=”none” effect=”curled” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Il nome “Pistacoppi” deriva da una simpatica espressione dialettale maceratese che significa “piccioni”. Mi sono stati sufficienti pochi istanti e l’aiuto di Google. La mia tatuatrice è di Macerata, conosco la città almeno per il suo centro storico, io tutti questi piccioni non li ho notati, però sono curioso di tornarci presto anche solo per capire.[/dropshadowbox]

Durante la stagione la domenica non è un giorno di festa, è semplicemente il girono che segue le mie due partite.
Sono le 15.25, almeno così sostiene con fermezza il mio orologio, giornata libera dallo sport.
Sole e tanto caldo, quindi un po’ di spiaggia e di mare potrebbero rappresentare un interessante diversivo. No, ovviamente.
Sono al campo da baseball.
Sul campo sono impegnati tanti ragazzi che conosco.
Atri contro Chieti, il derby abruzzese in serie B.
Un weekend così questo, pieno di derby come spesso accade in uno sport con gironi marcroregionali.
Si è già disputata la prima partita. Atri vittorioso, un solo punto. Un walk off single del mitico Sbrolla, come lo chiamano praticamente tutti. Un terza base che oggi in battuta ha messo a segno un 3 su 3, e batteva settimo, le sorprese dei settimi in battuta.

[dropshadowbox align=”none” effect=”curled” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]“Le sorprese dei settimi in battuta… Non sarà mai un giocatore mediocre perché odia così tanto che qualcuno possa non considerarla all’altezza. Ricordate quando ha scritto “va bene così per ora”. La verità è in quella poche parole, che sembrano gettante li, in fondo alla frase, c’è l’essenza dell’animo di Chiara giocatrice. Non è concepibile che il suo nome possa restare troppo a lungo in quella posizione nell’ordine di battuta, è INACCETTABILE.”[/dropshadowbox]

Noi abbiamo giocato ieri, doppia vittoria sul Macerata.
Due incontri, abbiamo lasciato che a parlare fosse il rumore delle mazze quando incontrano la palla. Quindici punti fatti durante la prima partita e undici nella seconda.
Mi fermo a riflettere, ancora un venerdì dove sono state terribile in allenamento, un disastro totale.
Ho scaricato tutta la tensione e la rabbia sportiva accumulata nella solita cena di squadra del venerdì sera; mangiando. Con le compagne abbiamo guardato “Ciao Darwin” in tv, e gli inevitabili commenti sulle categorie impegnate nel programma.
“Carne” contro “Spirito”, arriva la prova di coraggio che consiste nel mangiare degli animali schifosi, tipo  cavallette, larve, vermi. Mostrano ai concorrenti immagini di quando erano vivi, per un attimo la fame ci passa. Per fortuna che ci sono loro a farmi distrarre un po’.
Dicono che porti bene allenarsi male il giorno prima della partita, dicono, per fortuna così è stato.
Abbiamo giocato in trasferta, ma in macchina ci vuole meno di mezz’ora quindi è come giocare in casa, possiamo prenderla con comodo.
Ieri mattina siamo state in Comune per la presentazione dell’ Europeo di Softball maschile che si terrà in Luglio proprio a Montegranaro. In questa occasione è stato organizzato un buffet in una pizzeria lì vicino, decidiamo di pranzare direttamente lì, poi tutte a casa per prepararci.
Prima però, ci sono le solite partite a Fifa alla playstation.

[dropshadowbox align=”none” effect=”curled” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Mi sorprende sempre questo rapporto morboso che gli atleti di qualsiasi livello, almeno quelli che possiamo considerare “forti” e un po’ bomber, hanno con cibo e playstation. Sono eternamente affamati, salvo poi pentirsi un secondo dopo, ossessionati dalla pancia, che ovviamente non hanno e competitivi alla playstation anche quando giocano contro un bradipo sonnolento e amputato. Non importa se non sanno giocare, devono vincere, perché giocano per vincere, anche se vi raccontano la bugia decubertiana che l’importante e partecipare, in realtà sono fermamente radicate nella convinzione che a partecipare possono sempre pensare gli altri.[/dropshadowbox]

Inizio a prepararmi.
La maglia della divisa mi va un po’ grande, così cerco di sistemarla, provo qualsiasi combinazione possibile, ma tutti e dico tutti i miei tentativi, mi conducono ad una sola soluzione. Decido di legarla da un lato con un elastico, per tenerla più attillata.
Vi sembra una soluzione strana? Lo so ma pur di giocare comoda, le invento tutte.
Tempo di sistemare i capelli, fascetta bianca e fiocco bianco sulla coda, perfetto.
Guardo fuori e c’è qualche nuvola nera di troppo, sembra concreta la minaccia di un temporale, il rischio del rinvio della partita è concreto.
Si parte, in direzione Macerata, continuo a guardare il cielo preoccupata.
Inizio il riscaldamento con la paura di continuare sulla striscia negativa di ieri e invece, va tutto bene, controllo la battuta e la difesa. Solo che c’è ancora qualcosa che non mi convince nella divisa, la manica è troppo lunga, la arrotolo, ma ogni due tiri si srotola.
Devo inventarmi qualcosa e l’unica che mi viene in mente è legare la manica con un nastrino bianco, bene, ma ora sembra una tunica. Qualcuno si avvicina e lega il nastrino con un fiocchetto, per renderlo almeno un po’ più femminile, giustamente.

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Con noi, questa settimana aggregata dalla serie B, una ragazza che tutti chiamano “Poccionica”, è qui per aiutarci a sopperire alcune assenze di troppo. Un soprannome quello della nuova compagna di squadra che si spiega facilmente con una sua prorompente qualità fisica, anzi due.
Guardo il line-up e la formazione della prima partita, gioco in prima e…
Oh mamma, batto terza!
Questa è un’ottima notizia!
Il mio entusiasmo si risveglia.
Play ball.

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Mi aspettavo qualche bunt da dover prendere, non ne arriva invece nessuno.
Luana dal monte di lancio, tiene a bada le nostre avversarie per tutta la partita, noi al contrario iniziamo a mettere delle valide già dal primo inning.
Il primo turno in battuta per me non è altrettanto buono, anzi. Non riesco a mettere a segno una valida.
Riesco a riprendermi, chiudo con 2 su 4, un singolo e un doppio.
La pioggia che avevo temuto arrivasse fa capolino già alla fine della prima partita.
Fortunatamente riusciamo a giocare anche la seconda.
Finalmente gioco interbase e ancora terza in battuta, YES.

 

Vado con fiducia verso casa base, mi sistemo e batto un doppio all’esterno centro, fantastico.
In difesa sono concentrata, qualche buono spunto e poi ancora due valide.
Chiudo con 3 su 5.
Portiamo avanti la partita fino al settimo inning nonostante la pioggia incessante, abbiamo mantenuto e consolidato il vantaggio, ora ci interessa arrivare velocemente al quinto inning perché gli arbitri possano omologare la partita in caso di interruzione per pioggia.
Siamo al sesto e John mi dice di entrare a lanciare.

Ecco, è arrivato il momento.

Affronto il primo battitore.
Strike Out.
Sono la prima ad essere sorpresa.

[dropshadowbox align=”none” effect=”curled” width=”auto” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Non è vero, non le credete mai quando la sentirete usare questa espressione, avrà sicuramente lavorato per non sfigurare nemmeno in quel ruolo. Non ci sta ad essere pessima, soprattutto su un campo da softball.[/dropshadowbox]

Chiudo l’inning senza subire punti né valide.
Rido per nascondere l’emozione di qualcosa che supera le mie più rosee aspettative. Rimango sul monte di lancio anche per il settimo inning.
Questa volta riempio le basi, toccano qualche mio lancio.
Prima di ogni lancio penso alla giocata successiva, nell’eventualità che la palla sia battuta nella mia direzione. Mi ripeto: “prendo la palla e tiro a casa”.
Finalmente un out, ma le basi sono ancora piene.
Poi con un out e basi piene, il battitore batte una palla rimbalzate verso di me, la raccolgo.
“Prendo la palla…”, cerco di ascoltare quella vocina dentro di me, ma la sento dire “tiro a Ila che sta ricevendo,” ma è sempre un tiro a casa.
Ilaria tocca il piatto di casa base, si volta rapida verso la prima e scaglia veloce la palla verso la prima.
Out.
Out.
Finisce così, con un doppio gioco a basi piene al settimo inning.
Incredibile.
Era il mio esordio come lanciatrice in A2.
Le ragazze mi fanno i complimenti, abbiamo giocato tutte benissimo e abbiamo battuto con costanza e efficienza.
A fine partita parte il coro dalla nostra panchina “li scarpà lalalalalala li scarpà lalalalalala”, inevitabile. Portiamo a casa un bel risultato, io sinceramente porto anche un errore difensivo, dovuto alla pioggia, possiamo dare la colpa a lei oggi.

I ricordi di questi giorni appena trascorsi arrivano così, in questo pomeriggio caldissimo, su questo campo, che è il mio posto dei sogni.
Brontola un po’ lo stomaco. Non ho pranzato.
Sono fatta così, questo sporti si prende tutta me stessa e mi fa dimenticare di mangiare, sono sazia, credo di avere una dipendenza da baseball.

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