Un giorno di primavera, dicono, di fine Aprile.
Nevica.
La mente funziona con meccaniche misteriose, mi tornano alla mente le parole di un noto cronista sportivo a una versione di me, molto giovane, molto più giovane della versione attuale.
“Sei il peggior cronista che abbia mai conosciuto, con il più grande talento per raccontare che abbia mai letto”. Detto da qualcuno che aveva conosciuto e lavorato con Osvaldo Soriano, era un complimento e un invito a cercare altre strade.
Finisci con il seguire l’invito di quelle voci che ti dicono di cercare un lavoro “sicuro” e ti ritrovi a una scrivania di una casa editrice e vorresti morire, ma c’è lo stipendio sicuro, sei a Roma, “di questi tempi…”
Qualcosa si porta via la tua vista, che c’è di più sicuro e scontato al mondo del senso della vista.
Mi dispero e impreco, “perché ancora a me…”
In verità ci vedo meglio ora, perché uso altri sensi.
Federica dice che ora “vedo” con il cuore, tenerlo così esposto però ti rende fragile e alla fine, devi proteggerlo, almeno un po’.
Un anno fa, abbiamo intrapreso una strada, fatto una scelta.
Federica, già proprio lei, ha fatto il primo passo e guardandomi mi ha detto “perché no?”.
Ci siamo buttati in un’avventura, bruciandoci tutto alle spalle, niente vie di uscita, niente rete di protezione.
Potevamo, possiamo, solo andare avanti e così abbiamo fatto.
Avevamo altre attività, possibilità, ma abbiamo scelto di scommettere sulla nostra passione, su quel sogno comune.
Volevamo raccontare le cose che ci fanno battere il cuore.
Per me lo sport è il calcio, con il quale sono cresciuto e che mi ha indotto a visitare mezz’europa e ad imparare poco più che adolescente il nome degli stadi di ogni città, è sempre stata raccolta in un immagine.
C’è le Michel Platini, steso tra le zolle saltate via dello stadio di Tokio.
L’arbitro ha appena annullato forse il suo gol più bello, segnato con l’arroganza sportiva del campione vero, durante la finale della Coppa Intercontinentale.
Ero sveglio, nel salotto di casa, davanti ad un’immagine sfocatissima e piena di disturbi, di “neve” si diceva allora.
Silvia, ignorava l’esistenza di questa scena, di questa immagine, la perdono per questo, ma solo un po’.
Ho imparato a dare importanza al ricordo visivo, potrei averne bisogno, per riempire la notte dei miei occhi.
Ho iniziato, senza volerlo a prestare attenzione ai particolari, come se volessi selezionare i dettagli da portare nel cuore, quelli capaci di rischiarare il buio.
Mi siedo spesso a bordo campo, a guardare partite, dal vivo.
Grazie per i ricordi che non sapete di avermi regalato, grazie per le storie che mi permettete di scrivere, anche se forse, non le leggerete mai.
Grazie a te, che in un momento di classe assoluta, mandi la palla da una parte e salti l’avversario dall’altra. Lei si pianta nel parquet quasi a non credere che tu abbia osato tanto.
Grazie per l’ossessione per i ricci di mare, per “non dire sempre cose da capitano”, per tutto quello che farai e per tutto quello che mi sono perso.
Grazie a te, che sei “lìder”, perché ho avuto il privilegio di vederti giocare, per la tua maglia, per la donna che sei, per la foto con la marmitta della tua auto e per i sorrisi, l’arco sbagliato e le braccia levate al cielo dopo una vittoria.
Grazie all’uomo che ci saluta dal campo guardando in alto e al ragazzino che salta sugli spalti per abbracciarmi, grazie per le storie troppo grandi per uno sport così piccolo.
Avevo ipotizzato una sconfitta domenica, nel cuore però, pensavo: “se vincono, che storia ne uscirà fuori”.
Fanculo! Che storia che avete scritto!
Grazie a te, per ogni “inaccettabile” lacrima che hai condiviso con noi e per aver lasciato che provassimo ad asciugarle. Grazie per ogni risata inaccettabile, per i “pijati ‘sti spicci”, per avermi indicato dopo il più bel gol che ho visto fare in questa stagione, perché siamo incorreggibilmente scorretti ma incapaci di mentire perché siamo così, troppo complicati per inventarci diversi.
Grazie a te, perché sai che “ti voglio bene quasi come lo scudetto del cinque maggio”, per me è un complimento grandissimo.
Grazie a tutti i folli, che hanno voglia di fare questo viaggio con noi, che guardano avanti e non si voltano mai indietro.
Grazie per ogni “perché no?”
Grazie anche a te, che leggi e nulla sai.
Sei come il gol di Vieri al 12esimo e quello di Di Biagio al 24esimo.
Ora alza gli occhi e guarda il tabellone.
Mentre esultavi per quei due gol, noi ne abbiamo fatti quattro.
Doppietta di Poborsky, gol del “Cholo” Simeone e di Inzaghi, Simone.
Sai, “certi vincono e altri invece fanno il tifo”…