Futsal

Testa a testa

La prima fase del campionato, quello composto dalle sole partite di andata.
Conclusione più degna non poteva esserci, si disputa “LA” partita, quella che in questi ultimi anni ha scritto la storia del calcio a cinque femminile italiano: Icobit Montesilvano – SS Lazio.
Quando ho consultato il calendario di questa nuova stagione, l’ho fatto con la speranza nel cuore, proprio come fanno i bimbi, che le partite in casa non si accavallassero con quelle del football americano.
Avrei “rosicato” tantissimo altrimenti.
Siamo riusciti ad esserci, sempre, a volte da soli, a volte in compagnia di qualche amico.
La partita di domenica non potevamo proprio perderla, come non potevamo perdere quella dei piccoli Crabs.
La dea bendata che vigila sul del nostro personalissimo calendario, si è attivata facendo giocare i ragazzi al sabato sera.

Montesilvano-Lazio, scontro al vertice del girone.
Le due squadre a punteggio pieno, il parquet avrebbe decretato la capolista al termine del girone di andata. Potrebbe non avere un significato particolare, in primavera quando si deciderà l’esito del campionato. Da oggi alla finale scudetto quanti chilometri dovranno fare quei palloni.
Una partita alla volta, si comporrà il viaggio, una partita alla volta si crescerà, probabilmente a volte si fallirà ma la partita successiva sarà l’occasione per rialzarsi, in piedi ancora una volta.
Vi siete mai fermati a riflettere su quante partite realmente si giocano mentre si prende a calci quel pallone per quaranta minuti?
I tecnici direbbero “una partita nella partita”, io penso sia davvero riduttivo, semplicistico definirle così.
Se penso a tutte le storie, a tutte le sfide personali, a tutte le emozioni e a tutte le speranze che scendono in campo, mi viene in mente l’immagine di due specchi messi uno di fronte l’altro, nel quale la realtà si riflette all’infinito.
Mi ritrovo così, a ogni calcio o giocata, di queste meravigliose ragazze, guardarle cercando di capire come sta il loro cuore, se le ostacolerà o le aiuterà ad affrontare la partita, se riusciranno ad andare oltre i dolori del loro fisico e della loro anima, se riusciranno a cavalcare la loro emozione e a usarla a loro vantaggio. Ognuna sta combattendo una battaglia, ognuna. Esattamente come me. Esattamente come le avversarie. Quante le storie che corrono su quel parquet. Se provo ad immaginarle, è come se vedessi tanti palloncini attaccati alla schiena di ogni ragazza che corre sul campo, un intreccio di fili e colori, portati a spasso qua e la.
Sono un disastro in disegno, altrimenti butterei giù uno schizzo per farvi meglio comprendere cosa produce la mia mente.
Vi divertireste molto.
La partita termina con il Montesilvano prima del girone.
La mia personalissima termina invece con sorrisi, chiacchiere e sguardi da “don’t worry, be happy” che, dai primi gradoni, scende fin dentro gli spogliatoi.
Alcune scene le conserverò nel mio personale album dei ricordi.
Gli occhi di Diana e le sue mani a disegnare la traiettoria che avrebbe dovuto prendere quel pallone che invece è uscito troppo alto, mentre ripete a se stessa qualcosa a bassa voce o forse stava muovendo solo le labbra.
La fronte di Alessia segnata dalla testata con Ersilia che sarà anche piccola, ma sembra scolpita nel cemento armato, le sue parole in libertà sui gradoni di quel palazzetto, sempre sorridente.
Grazie, davvero.

“Ti posso mandare il pezzo?” Scrivere delle ragazze del futsal è un processo che inizia sempre così.
Domenica ero seduto al mio posto, il mio taccuino in mano e come sempre guardavo la “partita” di Federica e quella delle ragazze sul parquet. Avete mai visto le atlete di un altro sport guardare una competizione di qualsiasi tipo? Tremano i loro occhi, sono sedute sempre sul bordo del seggiolino, come se dovessero scattare, come se volessero essere d’aiuto, anche se non hanno nessuna idea di come si pratica lo sport che stanno guardando.
Meraviglioso, lo spettacolo nello spettacolo.
Ho una richiesta per le ragazze su quel parquet.
Un giorno mi spiegherete spero come si chiamo i ruoli, se esiste “scalare in marcatura”, come ci si difende e come si attacca, in cambio farò in modo che tutti sappiano quanto siate brave, che voi non abbiate un filmato che vi racconti, è un oltraggio.
Raramente guardo l’aspetto tecnico, non ne capisco abbastanza, ma come diceva Osvaldo Soriano, so inventare storie bellissime. Forse non bellissime come le sue insomma, però non fanno cagare.
Ersilia è un giocatore di temperamento, lo vedi in campo, da come s’incolla all’avversaria, dall’intensità del gioco, fino a ieri, però non l’avevo mai vista confrontarsi con fermezza con la sua allenatrice, che deve avere un carattere di quelli che se li prendi di spigolo alla fine ti fai male.
Ricordo uno sguardo e uno scambio di “convenevoli” di un’altra giocatrice minuta, con il suo allenatore, tu ne sai qualcosa Federica?
Abbiamo perso la testata che ha provocato un enorme bernoccolo ad Alessia, come non fai a innamorarti sportivamente di una giocatrice che incurante del bozzo sulla testa, preferisce rilanciare la palla colpendola con la fronte (facendosi malissimo) invece di stopparla di petto e rilanciarla?
Fernanda è Nanà, le vedi fare un dribbling e poi ancora uno e poi una giocata perché passarla semplicemente a qualcuno, quello sono capaci di farlo un po’ tutte.
Diana è quella giocatrice, ho tanta considerazione di te che avevo scritto “giocatore” perché sai certi talenti non hanno sesso, che vorresti sempre poter additare alle nuove leve di qualsiasi sport. Vive così intensamente tutto quello che fa, che sembra sempre corrucciata, come Edgar Davids, con quella intensità selvaggia e con due piedi “educatissimi”.
Sono ancora orfano di Sara, sono quelle vicende sportivi per le quali divento inconsolabile, come quando Fernando Torres andò al Chelsea, per me non è mai successo.
Mancava anche la falcata di “aggiungi mille nomi spagnoli a caso” Amparo.
Ho avuto quindi tempo di guardare con più attenzione gli altri tasselli del vostro mosaico.
Probabilmente sono un po’ meno lucenti, ma se li spolveri almeno un po’ sul parquet, iniziano tutti a splendere.
Siete un collettivo, non credo esista un complimento migliore per una squadra.
Immagino che come in tutti gli spogliatoi, non sempre è tutto colorato di rosa. Le donne vere si confrontano anche duramente e a questo proposito un giorno vi dovete far raccontare da Federica di un dopo partita a Roma.
Lì fuori però siete tutte bellissime, imparare a distinguervi non per il colpo di tacco ma per lo sguardo alla compagna è un viaggio bellissimo.
Ci vediamo sul campo, tra un mese.
Passerà in fretta, spero.

 

 

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