Volevo scrivere un pezzo sulla giornata di ieri, avevo già qualche idea e una bozza di massima in testa.
Ieri sera poi prima di andare in onda con Badaun, la trasmissione radiofonica di IflMagRadio, Andrea bofonchia a mezza voce di un infortunio, di un ragazzo in ospedale, operato.
CI siamo guardati negli occhi, stanchi, io e Federica, senza capire cosa accade esattamente, che vuol dire “operato”, poi per decenza e pudore non abbiamo voluto approfondire. Il dolore, quello vero è qualcosa di privato e la riservatezza è un obbligo.
La serata si è allungata dentro la notte e la stanchezza ha lasciato che il pensiero sull’accaduto si stampasse nel cuore.
La mattinata successiva corre uguale a tante altre, la febbre per la pioggia, il dolore all’orecchio che aumenta,
Leggo il pezzo di IFLMag.
Tutto il resto scivola ai margini della mia attenzione, il dolore e la stanchezza, prendo la mia carta e penna digitale e scrivo.
Senza pensare troppo, così come esce dal cuore.
Ciao Tommaso.
Hai chiesto “Com’è finita la partita?”
Avete vinto, ma questo forse già lo sai.
Non ci conosciamo, ma a questo spero di poter rimediare presto, domenica mentre tu giocavi la tua partita io ero in piedi su una sideline uguale alla tua, con meno giocatori ma con lo stesso coraggio, la stessa dedizione e lo stesso entusiasmo.
Volevo raccontare di loro, dei bimbi under 13 che hanno giocato il loro primo bowl, dell’odore delle salsicce alla brace e invece scrivo a te, che sei in un letto d’ospedale con troppi tubi che vanno e vengono dal tuo corpo.
In una sola domanda tutta l’incoscienza della tua età, di quell’idea che nulla ti può fermare e che in fondo se te la giochi bene puoi vivere per sempre.
Se questo fosse un mondo perfetto nessun ragazzo che pratica con entusiasmo una attività che ama dovrebbe finire in ospedale.
Se ti stai chiedendo “perché a me?”, vorrei avere una risposta da poterti regalare ma nemmeno questo è possibile, posso fare una cosa molto meno importante, posso chiedere ai tuoi dieci compagni dei Pescara Crabs di prendere una delle loro maglie da gioco, una di quelle con cui hanno tenuto testa in dieci ai Lazio Marines e firmarla e poi mandarla a te.
Nella speranza che ci sia un po’ di forza da poterti passare tra le maglie di quella tenuta da gioco, che la loro voglia di battersi si trasmetta come per magia anche a te, che si sommi alla tua e che ti possa ricordare che lì fuori, lontano da quel letto d’ospedale c’è un mondo che ti aspetta, che non ti conosce ma ti vuole bene.
Perché?
Sei come noi, hai corso sugli stessi campi, patito gli stessi colpi, gioito di felicità simili alle nostre, non ci conosciamo ma quello che abbiamo condiviso ci rende una fratellanza.
Fratelli, figli di uno sport che amiamo.
CI vediamo sul campo Tommaso, a firmare la tua di maglia questa volta, come fanno i giocatori veri, quelli speciali, quelli che hanno vinto davvero.
Mauro. Federica.
