Futsal

Sguardo

Avevo un accordo con mio padre, rimanere sempre in fiera tranne la domenica pomeriggio.
Era la mia unica condizione.
Avevo un impegno importante: vedere le donne dell’Icobit passare il turno.
Per la prima volta da quando frequentiamo il PalaRoma riusciamo ad arrivare prima del calcio d’inizio. Ci siamo presi il tempo necessario stavolta. Assistere ad eventi sportivi di questo calibro non è scontato nè usuale. E’ per questo che abbiamo chiamato anche Anthony stavolta, per mostrargli, a lui che viene da lontano, quale livello e quale bellezza sportiva si può trovare da queste parti, nonostante tutto.
L’andata diceva 5 – 0. Il tabellone al ritorno indica 9 – 0.
Che cose meravigliose escono fuori quando ci si diverte?
Grande intensità, belle giocate, affiatamento. Vedere queste donne è una esperienza che raramente delude.
E’ passata solo una settimana da quando mi sono trovata su un campo in sintetico, sotto il sole cocente del Salento, a giocare una partita, la prima di campionato, nella quale intensità, belle giocate e affiatamento l’hanno fatta da padrone.
Per noi è finita però in un altro modo. Va bene così, si vince e si perde, è la competizione che ci anima.
A pensarci bene però, noi siamo uscite dal campo con la vittoria più grande che potessimo chiedere: siamo diventate una squadra.
Guardando voi, mi rendo conto di quanto questo faccia la differenza. Poter guardare negli occhi le tue compagne di squadra e trovare lì fiducia, rispetto, voglia di battersi e la certezza che nessuno abbandonerà l’altra. Nemmeno se dovessimo trovarci nella condizione di non poter scendere in campo. Soprattutto se ci si dovesse trovare in questa condizione.
Domenica ho visto una squadra battersi su un parquet soleggiato, con quei raggi strani che arrivano di traverso dai finestroni ai lati del campo. Le ho viste lottare per ogni palla, prendere colpi senza mai fiaccarsi, anzi. Ho visto una squadra che andava oltre la panchina, fin sopra gli spalti, li dove c’era chi non ha potuto mettere pantaloncini e scarpette e scendere in campo. E’ a loro che ho guardato stavolta, oltre alle caviglie della Amparo capaci di piegarsi ad angoli impossibili, abilità questa che le invidio profondamente.
C’era Sara, che si allungava oltre la balaustra, verso il campo. Sguardo attento, a volte severo.
Non ha perso un centimetro. Aveva la stessa intensità in ogni fibra del suo corpo, esattamente la stessa che le vedi indosso quando gioca.
Con le compagne per intendersi bastava un solo sguardo.
C’era Alessia, con la sua immancabile coda e il suo ginocchio in via di guarigione. Sorriso stampato sulle labbra. Pronta ad offrire un cenno di conforto per tutte e “sono li con voi” che illuminava il suo sguardo, arrivando fino al campo.
C’erano anche altre ragazze che non conosco, mea culpa, sedute dietro la panchina a fare foto, a sostenere le compagne, ad essere squadra, semplicemente.
Il primo tempo aveva già messo in cassaforte il risultato, il fischio finale ha sancito l’accesso ai quarti di finale per l’Icobit Montesilvano, il 10 maggio contro l’Isolotto.
Porto via con me due immagini.
La prima è lo sguardo del mister, Francesca, verso gli spalti, come a controllare che tutti fossero al proprio posto.
Eravamo lì con l’emozione di chi è partecipe, per questo, foto fatte: una decina, troppo presi dalla partita.
La seconda è l’arrivo del cibo a fine partita. Lì ho visto una squadra trasformarsi in famiglia, di quelle che si ritrovano la domenica per il pranzo della festa, attorno allo stesso tavolo.
Sudore e sacrificio lasciano il posto a gioia e condivisione. Se poi su quel campo si è lasciato tutto, c’è ancora più soddisfazione.
Alla prossima, ragazze sperando di potervi raccontare anche di una nostra vittoria.

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