Sport

It was an hell of a football game…

…at least for an half.
Buona la prima.
La prima volta non si scorda mai, in nessun ambito, in qualsiasi campo.
Per questo vi ho chiesto di firmare il gameplan.
Certi momenti vanno fermati nel tempo e riposti dentro al cuore.
Partecipiamo ad uno sport minore, insignificante quasi, eppure siamo una grande famiglia, investiamo in emozioni ed energie emotive così tanto che vi capita di vedere omoni maturi emozionarsi solo per vedervi in campo con quella maglia indosso.
Non ci si rende mai conto di quanto siano importanti certi momenti, i nostri occhi sono un filtro a volte troppo severo e allora lascio che siano i racconti di quello che accadeva intorno a voi a raccontarvi quanto era importante questo giorno.
Il caldo negli spogliatoi, il nero sul viso, le armature troppo strette, il paradenti dimenticato e le mani che tremavano. Gli sguardi bassi e il silenzio, il rumore dei tacchetti su per le scale e la voglia di giocare mentre l’arbitro vi parlava del regolamento.
Federica era sugli spalti, così emozionata che le faceva male lo stomaco, come se fosse lei a scendere in campo. Karen ha perso la voce ed Enrica ha visto nei vostri occhi i suoi, dopo la prima partita. Natascia si è sacrificata sulla sideline e a Giorgia si è rannicchiato il cuore ad ogni colpo subito, ricordando i suoi. Tutte hanno portato in campo le loro emozioni, per metterle al fianco delle vostre, erano lì per voi, come fanno le sorelle con i fratelli, hanno condiviso la stessa fatica, gli stessi dolori e la stessa stretta al cuore un attimo prima del calcio d’inizio.
La partita quella che si vede dalla linea laterale è fatta di istanti, come un respiro affannoso, il cuore ci mette un po a prendere il ritmo poi trova il suo passo e devo mettere tutte le emozioni in fila ad aspettare il fischio finale, perché ora non c’è tempo per loro. Qualcuna scappa via quando mi ritrovo in ginocchio sul terreno di gioco a guardare quei due centimetri tra le dita e la palla che cade in endzone.
Ho subito ricordato che non ero li per fare il tifo per voi. Mi sono ricomposto e il tempo ha ripreso a scorrere, selvaggio.
Quello che accade in campo è già il passato, un po come giocare a scacchi, si pensa alla prossima mossa e a quella dopo ancora.
Il mondo si ristringe a settori del campo, come se all’improvviso non fossi più in condizione di voltare la testa e guardarmi intorno, fissavo parti del campo e ci vedevo sopra enormi numeri, cercavo dei varchi, uno spiraglio nel quale farvi passare.
Dagli spalti c’era quell’attenzione che si rivolge ad una squadra che si sta battendo al massimo, la sentivo picchiare sulla schiena la voglia di esultare per un touchdown, ci siamo andati vicini, dannatamente vicini.
This is football, quello sul campo, perché anche sulla sideline come sul campo ci dobbiamo meritare il ruolo, non è garantito a vita né imposto per autorità divina. Contano i risultati, anche per noi.
Avete giocato a football e se credete che sia facile farlo, chiedete ai compagni più anziani.
Come amava ripetere un vecchio commentatore sportivo: “sul mio personalissimo taccuino ci sono tre touchdown”, non li avete segnati sul campo ma sono altrettanto importanti.
Sono una brutta persona, per questo mentre scrivevo di voi mi è tornato alla mente di aver letto qualche tempo fa, un articolo su Sport Illustrated, la bibbia degli sport USA. Si parlava di analisti televisivi, in particolare di quelli del football americano, sapete qual’era il loro problema maggiore? Capire se un giocatore avesse giocato bene o male. Perché è così difficile? Non conoscendo il gameplan non avevano gli strumenti necessari per formulare un giudizio. Le parole di Ron Jaworski hanno continuato ad accompagnarmi ogni volta che guardo o commento un evento sportivo, di qualsiasi tipo.
Come ho ripetuto tante volte alle ragazze del tackle, ieri su quel campo, non avete perso… è semplicemente finito il tempo.
Lo scrivo io, che odio perdere anche a “pari e dispari”. Vincere non mi ripaga mai, dell’amarezza della sconfitta.
Ieri è il passato, importa solo per le lezioni che abbiamo imparato, il futuro è al 18 Ottobre, a Forlì.
Non dimenticate i vostri avversari sul campo, li ringraziamo perché senza di loro, senza il loro impegno e la loro passione, nulla di tutto questo sarebbe stato possibile. Alla famiglia dei Dolphins Ancona, va il mio personalissimo grazie, per aver tenuto a battesimo insieme a noi dieci nuovi giocatori di football, per aver contribuito ai nostri ricordi e ad uno speciale pomeriggio di sport.

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