Ieri sera ti guardavo lanciare, insomma eri impegnata in quella cosa che possiamo quasi chiamare lancio.
Mi sono sorpreso a riflettere sulla rapidità di esecuzione, sulla traiettoria della palla e la sua velocità.
Qualche mese fa, in quel parco in mezzo a bambini e mamme a passeggio non riuscivi a centrare nemmeno il lato del gazebo prefabbricato davanti al quale provavi a lanciare. L’incubo del palo da colpire ti ha accompagnata per un bel po’.
Il risultato vero, quello che mi sta più a cuore non è quello sportivo, troppo effimero e vanesio. Quello umano invece, mi riempie il cuore. Non solo abbiamo superato la diffidenza personale, forse abbiamo addirittura trovato l’amicizia. Quella che mi fa rendere ridicolo sulla linea laterale di un campo sportivo alla fine del mondo, che non mi fa guardare la presa del Tight End in End Zone ma che mi fa cercare te, in mezzo al campo.
Quel balletto, sciocco per molti, insignificante per altri per me è chiuso in un mondo a parte.
Quel mondo nel quale la 199 scelta assoluta del Draft NFL è capace di diventare il migliore, di vincere due anelli ma nonostante il successo, tanti anni dopo versare le lacrime per quel momento della sua carriera nel quale tutti, ma proprio tutti pensavano non fosse capace di giocare.
In quel mondo per me sei la migliore, non per tecnica, non per capacità sportiva ma perché ti riconosco una determinazione assoluta nel dimostrare che puoi essere migliore di quello che gli altri pensano, che puoi essere la migliore.
Hai marigni di crescita? Certo.
Nei dettagli, nella cura maniacale di ogni singolo gesto, nel lasciare che i tuoi muscoli imparino a memoria un gesto che poi ripeteranno al tuo comando, mentre cerchi un ricevitore libero.
Questo è un processo senza fine, come la ruota di un vecchio mulino ad acqua, devi continuare a muoverti e a spostare l’orizzonte dei tuoi limiti qualche centimetro più in là.
Ho dovuto cercare Quadri sulla cartina per capire dov’era e valutare quanta strada hai fatto da “li a qui”, dalla donna che eri a quella che puoi diventare. Fallo ogni tanto anche tu.
Mi importa il risultato?, forse nemmeno troppo. In questo piccolo mondo compresso tra la linea laterale e il centro della linea d’attacco, ci sono pezzi di cuore e maglie sudate, parole ripetute ossessivamente, risate e lacrime. In quello spazio, conta solo quello che raccontano i tuoi occhi.
Ovunque sarò domenica non mi cercare con gli occhi ma con il cuore e mi troverai lì, con le braccia al cielo.
Felice con te e per te.
Ciao “Scarpette Gialle”.
Non mi sono dimenticato di te.
Non ho dimenticato quando getti la palla via come se non ti importasse, come quando la scagli lontano dove non pensavo potesse arrivare il tuo braccio. Sai qual è la differenza tra un atleta di grande talento e un atleta vincente? L’attitudine mentale. La capacità di ascoltare quello che lo spazio che ti separa le orecchie ha da raccontarti con un vocione profondo: “you can do it. God gave you the ability”.
“Puoi farlo. Dio ti ha donato il talento”. Se non ci credi tu per prima, perché dovrebbero farlo gli altri. Se non sta a cuore te, in quale misura dovrebbe essere importante per le tue compagne, perché ti dovrebbero seguire in campo. Credono in te, se tu sei capace di credere in te stessa.
Ti guardo giocare e mi tornano in mente le parole di una canzone: “Metti in circolo il tuo amore come quando ammetti “non lo so”, come quando dici “perché no?”.
Ti osservo mentre defilata ripeti i movimenti dei piedi, mentre cerchi di mandare a memoria una sequenza, di correggere qualcosa. L’atleta che puoi diventare e lì appena fuori la portata della tua mano, dipende solo da te, dalla tua voglia di essere la donna che puoi essere. Le chiacchiere, gli schemi e fandonie le lasciamo a quelli che sanno di football e di vita.
Ti lascio una domanda, buona per te e per le tue compagne, per la partita di domenica, per la vita.
“Perchè no?”
